Giovedì della Settimana Santa, Messa del Crisma (Lc 4,16-21)
"Santo" – con questa parola si descrive innanzitutto la natura di Dio stesso, il suo modo di essere tutto particolare, divino, che a Lui solo è proprio. Egli solo è il vero e autentico Santo nel senso originario. Ogni altra santità deriva da Lui, è partecipazione al suo modo di essere.
Egli è la Luce purissima, la Verità r il Bene senza macchia. Consacrare qualcosa o qualcuno significa quindi dare la cosa o la persona in proprietà a Dio, toglierla dall'ambito di ciò che è nostro e immetterla nell'atmosfera sua, così che non appartenga più alle cose nostre, ma sia totalmente di Dio. Consacrazione è dunque un togliere dal mondo e un consegnare al Dio vivente. La cosa o la persona non appartiene più a noi, e neppure più a se stessa, ma viene immersa in Dio.
Un tale privarsi di una cosa per consegnarla a Dio, lo chiamiamo poi anche sacrificio: questo non sarà più proprietà mia, ma proprietà di Lui.
Nell'Antico testamento, la consegna di una persona a Dio, cioè la sua "santificazione" si identifica con l'Ordinazione sacerdotale, e in questo modo si definisce anche in che cosa consista il sacerdozio, i sacerdoti che oggi convengono in Cattedrale con il Vescovo: è un passaggio di proprietà, un essere tolto dal mondo e donato a Dio.
Con ciò si evidenziano oar le due direzioni che fanno parte del processo della santificazione/consacrazione. È un uscire dai contesti della vita del mondo – un "essere messi da parte" per Dio, per la presenza e l'agire sacramentale del Crocefisso Risorto nel Suo Corpo che è la Chiesa.
Ma proprio per questo non è una segregazione. Essere consegnati a Dio, alla presenza sacramentale, ecclesiale significa piuttosto essere posti a rappresentare gli altri.
Il sacerdote viene sottratto alle connessioni del mondo e donato a Dio, a Cristo e proprio così, a partire da Dio, da Cristo, deve essere disponibile pergli altri, per tutti anche attraverso il vissuto verginale.
Quando Gesù dice: "Io mi consacro", Egli si fa insieme sacerdote e vittima, Pertanto Bultmann ha ragione traducendo l'affermazione: "Io mi consacro" con "Io mi sacrifico".
Comprendiamo ora che cosa avviene, quando Gesù dice:" Io mi consacro per loro"? È questo l'atto sacerdotale in cui Gesù – l'Uomo Gesù, che è una cosa sola col Figlio di Dio – si consegna al Padre con amore per noi.
È l'espressione del fatto che Egli è insieme sacerdote e vittima. Mi consacro – per amore mi sacrifico: questa parola abissale, sponsale, che ci lascia gettare uno sguardo nell'intimo nel cuore di Gesù Cristo e di ogni sacerdote, dovrebbe sempre di nuovo essere oggetto della nostra riflessione e fondamento della gioia di ogni vocazione sacerdotale. In essa è racchiuso tutto il mistero della nostra redenzione. E vi è contenuta anche l'origine del sacerdozio della Chiesa nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo.
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