La presenza reale del corpo e sangue di Cristo e non solo nella celebrazione sacramentale
Benedetto XVI nel libro CHE COS'È IL CRISTIANEMO Quasi un testamento spirituale da pagina 128 a pagina 133.
Nelle comunità ecclesiali scaturite dalla Riforma le celebrazioni del sacramento si chiamano "Cena". Nella Chiesa cattolica la celebrazione del sacramento del corpo e sangue di Cristo si chiama "Eucaristia". Non si tratta di una distinzione casuale, puramente linguistica; nella distinzione delle denominazioni si manifesta invece una profonda differenza legata alla comprensione del sacramento stesso. Il noto teologo protestante Edmund Schlink in un discorso molto ascoltato durante il concilio affermò che egli nella celebrazione cattolica dell'Eucaristia non poteva riconoscere l'istituzione del Signore. Con ciò voleva evidentemente dire che la Messa cattolica, così come viene celebrata, non avrebbe alcuna somiglianza con l'Ultima Cena di Gesù. Diverrebbe così manifesto il discostarsi del cattolicesimo dalla istituzione di Gesù. Egli evidentemente era convinto che Lutero, ritornando alla pura struttura della Cena, avesse superato la falsificazione cattolica e visibilmente ristabilito la fedeltà al mandato del Signore "Fate questo …".
Non è necessario qui discutere quel che nel frattempo è un dato acquisito, cioè che da una prospettiva puramente storica anche la Cena di Gesù è stata del tutto diversa da una celebrazione della Cena luterana. Giusto è invece osservare che già la Chiesa primitiva non ha fenomenologicamente ripetuto la Cena, bensì, al posto della Cena di sera, ho coscientemente celebrato al mattino l'incontro con la presenza del Signore, che già nei primissimi tempi non si chiamava più Cena, ma Eucaristia. Solo nell'incontro con il Crocefisso-Risorto nella mattina del primo giorno l'istituzione dell'Eucaristia è completa, perché solo col Crocefisso vivo si possono celebrare i sacri misteri.
Che cosa è avvenuto qui? Perché la Chiesa nascente ha agito in quetso modo?
Ritorniamo ancora per un attimo alla cena e alla istituzione dell'Eucaristia da parte di Gesù nel corso della cena. Quando il Signore disse "Fate questo", egli non intendeva invitare i suoi discepoli alla ripetizione dell'Ultima Cena come tale. Se era una celebrazione di Pesach, è chiaro che, conformemente ai precetti dell'Esodo, Pesach veniva celebrata una volta come sacrificio per tutto il male e npn poteva essere ripetuta più volte durante l'anno. Ma anche indipendentemente da questo, è evidente che non veniva dato il mandato di ripetere l'intera cena di allora, bensì unicamente una nuova offerta di Gesù nella quale, conformemente alle parole istitutive, la tradizione del Sinai si collega con l'annuncio della Nuova Alleanza testimoniato specialmente da Geremia. La Chiesa che si sapeva vincolata alle parole "Fate questo", sapeva dunque allo stessso tempo che non era da ripetere la cena nel suo complessso, ma che bisognava estrapolare ciò che era essenzialmente nuovo e che per questo andava trovata una nuova forma complessiva.
I liturgisti cattolici del XX secolo si sbagliarono quando vollero dedurre la forma di cena dell'Eucaristia nel suo complesso dalla istituzione della Eucaristia nel quadro di una cena di Pesach. Già il racconto più antico della celebrazione dell'Eucaristia di cui disponiamo – quello tramandatoci all'incirca nel 155 da Giustino martire – mostra che si era formata una nuova unità ceh consisteva di due componenti fondamentali: l'incontro con la Parola di Dio in una liturgia della Parola e poi l'"Eucaristia" quale logiké latreia. "Eucaristia" è la traduzione della parola ebraica berakah (ringraziamento come sacrificio per la liberazione dal male) e indica il nucleo centrale della fede e del pregare ebraico al tempo di Gesù. Ne testi sull'Ultima Cena ci è detto diffusamente che Gesù "rese grazie con la preghiera di benedizione", e dunque l'Eucarista, insieme alle offerte del pane e del vino, è da considerarsi il nocciolo della forma della sua Ultima Cena. Sono stati soprattutto J.A.Jungmann e Louis Bouyer a mettere in rilievo il significato della Eucaristia quale elemento costitutivo.
Quando la celebrazione della istituzione di Gesù avvenuta nell'ambito dell'Ultima Cena è chiamata Eucaristia, è validamente espressa con tale termine sia l'ubbidienza alla istituzione di Gesù, sia la nuova forma di sacramento sviluppatasi con l'incontro del Crocefisso-Risorto. Non si tratta di uan riproduzione dell'Ultima Cena di Gesù, ma del nuovo avvenimento dell'incontro con il Crocefisso-Risorto: novità e fedeltà stanno insieme. La differenza fra le determinazioni "Cena" ed "Eucaristia" non è superficiale e casuale, bensì indica una differenza fondamentale nella comprensione del mandato di Gesù.
In un'autorevole opera della letteratura scientifica di lingua tedesca in ambito liturgico sulla Santa Eucaristia, nella descrizione accuratamente elaborata di come sia venuta sviluppando la forma dell'Eucaristia, la croce di Cristo non compare. Quando una volta manifestai a un noto liturgista tedesco la mia sorpresa al riguardo, egli mi spiegò che la crocifissione di Gesù non è stata certo un atto liturgico e che dunque non rientrava nella storia della liturgia. Questa visione formalistica dello sviluppo della celebrazione liturgica, seppure del tutto comprensibile, porta tuttavia a trascurare il suo fondamento essenziale. Quando nell'Ultima Cena il Signore dice: "Questo (pane transustanziato, non più pane pur mantenendo la forma di pane) è il mio corpo" crocefisso-risorto, "questo (vino transustanziato) è il mio sangue", queste due espressioni decisive si comprendono solo in riferimento al dono di sé stesso che avverrà sulla croce. Indubbiamente Gesù, da un lato, sta tar i discepoli, dall'altro spiega queste offerte come corpo e sangue che sono dati a loro. Queste parole di istituzione sono sensate solo quali anticipazione di un avvenimento sacramentale e creano una inscindibile unità tra l'avvenimento nella sala dell'Ultima Cena e la trasformazione della sua uccisione in croce in dono di sé come Crocifisso-Risorto. Solo se in quell'istante di transustanziazione della sostanza del pane Gesù anticipa in modo assolutamente reale la sua croce e la sua risurrezione, quelle due espressioni hanno un senso. Le parole pronunciate nella sala dell'Ultima Cena non possono dunque essere separate dall'avvenimento che è il motivo reale per cui vengono pronunciate, e senza di esso sarebbero insensate. Esse ci mostrano che Gesù ha preso su di sé il suo supplizio non semplicemente come una inevitabile disgrazia, bensì accettando in anticipo la sua uccisione; e quello che da parte degli esecutori era un atto criminale egli lo ha trasformato da parte sua in un atto di amore che come tale poi ha vinto la morte divenendo Risurrezione, Crocifisso-Risorto. Così in ogni celebrazione dell'Eucaristia è presente questo processo di trasformazione della morte in amore e con ciò quella nuova modalità di sacrificio (la Croce sempre presente in ogni celebrazione eucaristica) nella quale sono presenti tutte le correnti dell'Antica Alleanza e in qualche modo la segreta attesa di tutte le religioni.
Quando il Signore dice ai suoi discepoli "Fate questo …", è annunciata quella totalità che la Lettera agli Ebrei presenta come contenuto dell'avvenimento eucaristico a partire dal culto del tempio. In altre parole: Eucaristia non è solo distribuzione di offerte, né solo "pasto", ma abbraccia l'intera realtà della redenzione, è il vero "culto". In realtà, sta proprio qui l'autentica, profonda differenza tra la concezione del mandato di Gesù sviluppatasi con la Riforma e la fede cattolica nell'Eucaristia. Nelle interpretazioni dei riformati l''Eucaristia è unicamente pasto, nel senso radicale per cui viene distribuita e data da mangiare solo l'offerta santa, mentre per la fede cattolica nell'Eucaristia sempre è presente l'intero processo del dono di Gesù nella morte e Risurrezione, processo senza il quale queste offerte non potrebbero esistere. Corpo e sangue non sono cose che si possono distribuire, sono invece la persona di Gesù Cristo, del Crocefisso-Risorto che si offre per molti cioè quelli che nel libero arbitrio si aprono. Per questo per tutti i cattolici la partecipazione a una Santa Messa ha sempre senso anche quando essi – quali che siano le ragioni – non possono o non vogliono "mangiare" la santa offerta. La partecipazione alla Santa Messa pur senza ricevere la Comunione ha un senso assolutamente ragionevole da una prospettiva cattolica, mentre da quella protestante è priva di significato. A partire da qui si capisce l'insistenza dei protestanti per l'intercomunione. Se prendono parte alla "Cena" senza mangiare, la loro presenza è senza senso. Per un cattolico la partecipazione alla Comunione non è ugualmente cogente. Anche senza mangiare egli prende parte all'avvenimento, che è presente nel sacramento del Crocefisso-Risorto del dono di Gesù.
Da tutto questo, infine, scaturisce un'ulteriore questione fondamentale: che cos'è in realtà l'offerta della cena o, rispettivamente, della celebrazione della Messa? Da parte cattolica si dovrebbe riconoscere con maggiore chiarezza e gratitudine il fatto che Lutero, con la passione sua propria, mantenne ferma la presenza reale del corpo e del sangue di Cristo, al contrario di Zwingli e Calvino. A seguito dei colloqui sulla cena con gli altri riformatori, egli avrebbe detto che preferiva accettare tutti gli orrori del papato piuttosto che mettersi insieme ai contestatori della presenza reale. Per questo la "Concordia di Leuenberg" del 1973.con la quale tutte le comunità scaturite dalla Riforma si unirono in comunità di cena, rappresentò per i luterani un passo di portata decisiva. Si resta, peraltro, sorpresi nel vedere come questo passo sia apparso praticamente come ovvio, mentre con ciò si abbandonava la tradizione luterana in un punto essenziale.
Si ha l'impressione che in ampi settori della Chiese riformate si creda che quello che è stato possibile per i luterani possa non essere più impossibile anche per i cattolici.
Anche se la fedeltà di Lutero alla presenza reale va certo riconosciuta, è tuttavia importante analizzare attentamente la sua idea di presenza reale, che come tale sta comunque in fondamentale contrasto con la concezione cattolica. Mentre la Chiesa cattolica insieme alle Chiese ortodosse insegna la transustanziazione (metousiosi) di pane e vino nel Crocefisso-Risorto, Lutero rifiuta questa formula metafisica affermando al posto di essa la consustanziazione. In altre parole: mentre per i cattolici avviene una trasformazione delle offerte, a seguito della quale esse non sono più pane e vino ma per fede consustanziate nel corpo e sangue di Gesù Cristo Crocifisso- Risorto, per Lutero non c'è alcuna trasformazione sostanziale. Egli insiste sull'impressione indiscutibilmente reale per cui continuano a esserci e sono da noi gustati pane e vino. Ma insieme consunstanziate al pane e vino ("in, con e sotto" le offerte) diviene presente il Signore, la sua carne e il suo sangue. Le offerte come tali non vengono trasformate, ma a esse si aggiunge nel rito la presenza del Signore. Questo però significa anche che la presenza è solo temporanea, vale a dire limitata alla celebrazione e a una parte di essa. Dopo la celebrazione viene anche meno quel che si era aggiunto solo dopo la ricezione, e per quel che resta delle offerte è di nuovo profano, tanto quanto prima, così che il pane e il vino non devono, per esempio, essere custoditi come sante specie nel tabernacolo, ma sono utilizzabili di nuovo nella vita normale, come prima.
All'idea per cui la celebrazione della cena non porta con sé alcuna trasformazione – ma che il corpo e il sangue di Cristo come cose qualsiasi vengono aggiunte al pane e al vino – corrisponde una concezione dell'essenza dell'esistenza cristiana che certamente costituisce la differenza più profonda tra l'interpretazione protestante dell'essere cristiano e la tradizione cattolica. Essa è espressa nella formula simul iustus et peccator: divenire cristiano non cambia l'uomo, ma gli aggiunge solo qualcos'altro.
Nel termine transustanziazione tutto l'accento poggia sul "trans": nell'Eucaristia avviene trasformazione, una trasformazione che arriva fino alle profondità dell'essere, così come il divenire cristiano esige per l'uomo un cambiamento fondamentale del suo essere, conversio appunto. A partire da qui, è inevitabile che sia fondamentalmente diversa anche la concezione della Comunione sacramentale: per la tradizione luterana con il pane si mangia anche il "corpo di Cristo", mentre per la visione cattolica si assume e si accoglie Cristo nel suo dono sacrificale lasciandosi così trascinare all'interno di esso.
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