XXIX Domenica
XXIX Domenica (Mc 10,35-45) "Il Figlio dell'uomo è venuto per dare la propria vita in riscatto per molti"
Gesù si presenta, si rivela come servo, offrendosi quale modello da imitare e da seguire. Dallo Sfondo del terzo annuncio della passione, morte e risurrezione del Figlio dell'uomo, si stacca con stridente contrasto la scena dei due figli di Zebedeo, Giacomo e Giovanni, che inseguono ancora sogni di gloria terrena accanto a Gesù. Essi gli chiesero: "Concedici di sedere, nella tua gloria di Messia, uno alla tua destra e uno alla tua sinistra" (Mc 10,37). Folgorante è la replica di Gesù e inatteso ai due il suo interrogativo: "Voi non sapete quello che chiedete. Potete bere il calice che io bevo?" (v. 38). L'allusione è chiarissima: il calice è quello dell'amore attraverso la passione, che Gesù liberamente accetta per attuare la volontà di Amore del Padre. Il servizio a Dioamore e ai fratelli peccatori, il dono di sé: questa è la logica di amore, di felicità che la fede autentica di vivere come Gesù e che imprime e sviluppa anche nel nostro vissuto quotidiano e che non è invece lo stile mondano, antropologico del potere e della gloria. Giacomo e Giovanni con la loro richiestamostrano di non comprendere la logica di amore della vita che Gesù testimonia per tutti gli uomini e per tutte le donne, quella logica, quel ragionamento di amore per essere già felici anche in questa vita che Gesù testimonia, interiormente nel suo spirito e nelle sue azioni. E la logica, il ragionamento errato non abita solo nei due figli di Zebedeo di allora perché, secondo l'evangelista, contagia interiormente anche "gli altri dieci" apostoli che "cominciarono a indignarsi con Giacomo e Giovanni" (v.41). Si indignano, perché non è facile entrare nella logica, nel ragionamento di amore di Cristo cioè del Vangelo e lasciare quella umanistica spontanea del potereanziché dell'amore tra uomo e donna nella famiglia, nella parrocchia, oggi nella chiesa soprattutto post-conciliare, nella società, tra le nazioni nel mondo tra guerre, sull'orlo della distruzione nucleare. Questo episodio da modo a Gesù di rivolgersi a tutti i discepoli e a tutti noi di non partire dell'uomo ma da Lui e "chiamarli a sé", quasi per stringerli a sé nell'amore e nella pace, a formare un corpo unico e indivisibile con Lui cioè la Chiesa in famiglia, in parrocchia, nella nazione, nel mondo e indicare qual è l strada per giungere al vero amore, quello di Dio: "Voi sapete che coloro i quali sono considerati solo umanamente i governanti delle nazioni dominano su di esse e i loro capi le opprimono (oggi con la minaccia nucleare). Tra voi però non è così; ma chi vuole diventare grande tra voi sarà vostro servitore, e chi vuol essere il primo tra voi sarà schiavo (per amore) di tutti" (Mc 10,42-44). Dominio e servizio a cominciare in famiglia tra uomo e donna, egoismo e altruismo, possesso e dono, interesse e gratuità: queste logiche antropocentriche anziché cristocentriche profondamente contrastanti sono presenti oggi soprattutto nella mentalità atea e secolarizzata. Non c'è alcun dubbio sulla strada cattolica scelta da Gesù. Egli, crocefisso e sacramentalmente, ecclesialmente presente risorto, non si limita a indicarla con la parola ai discepoli di allora e di oggi, ma la vive nella sua stessa carne. Spiega infatti: "Anche il Figlio dell'uomo non è venuto a farsi servire, ma per servire e dare la propria vita in riscatto di molti" (v.45) perché con il libero arbitrio, necessario per amare, non tutti l'accettano. Secondo la tradizione biblica, cattolica, il Figlio dell'uomo è colui che riceva il potere e il dominio da Dio (Dn 7,13s). Gesù interpreta la sua continua missione ecclesiale sulla terra sovrapponendo alla figura del Figlio dell'uomo cioè Dio e uomo con noi, quella del servo sofferente, descritto da Isaia (Is 53,1-12). Egli riceve liberamente, il potere e la gloria solo in quanto "servo", ma è servo in quanto accoglie su di sé il destino di dolore e di peccato di tutta l'umanità, amando anche i peccatori. Il suo servizio di amore si attua nella fedeltà totale e nella responsabilità piena verso tutti gli uomini, anche atei e secolarizzati. Per questo la libera accettazioneanche pubblica della sua morte violenta e della sua presenza sacramentale da risorto diventa l'unica via di liberazione per molti, diventa l'inizio e il fondamento della redenzione di ciascun uomo e dell'intero genere umano.
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