Ue,l'astensionismo attrae, ma stavolta è bene votare
Come in tutte le lezioni, il cittadino può astenersi. Ma è meglio andare a votare, con solidi criteri, per cambiare questa Unione Europea e difendere i principi non negoziabili
Stefano Fontana in "La Nuova Bussola" – 28 maggio 2024
Alle prossime elezioni europee dell'8 e 9 giugno, come in ogni tornata elettorale, il cittadino potrà astenersi dal voto. Come valutare questo tipo di scelta in questo momento particolare e davanti ad un appuntamento che molti considerano invece importante o addirittura portatore di una possibile significativa svolta in Europa? Proviamo a fare qualche considerazione in merito.
Prima di tutto bisogna riconoscere che in alcuni casi non votare non solo può essere lecito ma anche doveroso, a patto che non sia per andare al mare. Votare è anche un dovere morale e quando il voto non dovesse trovare un contesto buono per esercitarsi e in ogni caso andasse a corroborare il male, sarebbe doveroso non votare. La partecipazione tramite il voto non è un assoluto che valga sempre e in ogni occasione, ma riceve la sua legittimazione dai contenuti di vita pubblica che con il proprio voto si sostengono e si promuovono. La democrazia, insegnava Giovanni Paolo II, non è mai automatica ma sta o cade con i valori che incarna. Assolutizzare la partecipazione al voto significa stabilire una democrazia solo procedurale.
Nel caso specifico delle elezioni europee uno dei principali argomenti a sostegno dell'astensione è che l'Unione Europea è ormai un "sistema" non più correggibile, guidato da una logica ideologica innaturale e perversa, messo e mantenuto in piedi proprio per questo. Qualsiasi sia la maggioranza parlamentare che uscirà dalle elezioni nulla cambierà perché la strada è già tracciata da poteri più o meno occulti che operano prima e sotto le formalità democratiche. C'è un Deep State europeo, uno Stato profondo che non si presenta alle elezioni, considerate come una pratica di imbonimento riservata agli illusi, ma comunque detta le regole del futuro, comunque andrà lo spoglio delle schede elettorali. Si badi che questa posizione non si limita a sostenere l'inutilità delle elezioni a causa della farraginosità del sistema istituzione europeo che ci chiama a votare per un parlamento che non ha iniziativa legislativa. Né si appella ad un generico sospetto di incoerenza per la politica e i politici. Una sua variante consiste nel pensare che se l'astensione dovesse assumere col tempo proporzioni molto rilevanti, rappresenterebbe un forte segnale di delegittimazione politica per questa Unione Europea.
Un altro motivo dell'astensione è che tutti i partiti principali con possibilità concrete di entrare in parlamento siano contrari a dei principi che l'elettore considera moralmente imprescindibili. Ciò può capitare per esempio per l'elettore cattolico che non intende votare nessun partito che sia in qualsiasi modo a favore dell'aborto o di altre pratiche di non rispetto della vita umana.
Vanno fatte queste considerazioni per non dare l'impressione di essere contrari a priori all'astensione che, quando ci si trovasse di fronte ad un "sistema del male" tale che in qualunque modo ci si muovesse si finirebbe per collaborare, potrebbe avere un senso. L'epoca dei non expedit può non essere finita.
Nel caso delle prossime elezioni di giugno, alla luce della prudenza morale e politica, riteniamo però che sia bene recarsi al voto, naturalmente con alcuni criteri-guida. Teniamo presente che i "sistemi del male", che Giovanni Paolo II chiamava "strutture di peccato", sono la sedimentazione nel tempo dei peccati personali e sociali. Non sono strutture sopra-umane, anche essi alla fine dipendono dagli uomini. La constatazione di alcuni elementi strutturali negativi dell'Unione Europea non deve sfociare nel considerarla un monolite indipendente dalle vicende storiche, dall'agire degli uomini e dalla provvidenza di Dio. Del resto, la storia ci insegna che strutture politiche ritenute onnipotenti sono cadute anch'esse, sia per implosione dato che erano marce all'interno, sia per l'azione anche di pochi uomini. Da un giudizio fortemente negativo sul "sistema" Unione Europea può alimentarsi, invece che l'astensione, una partecipazione al voto che almeno freni il processo in corso e permetta una fase di respiro e di riflessione ma anche e soprattutto un tempo a disposizione per ricominciare dal basso. Ciò sarebbe già un bene, perché il suo contrario vorrebbe dire la prosecuzione del male denunciato. Chi si astiene dal voto per non fare il male deve stare attento che il male lo può fare lo stesso: astenendosi può confermare al proprio posto chi lo compie. Anche le omissioni possono contribuire al male.
L'astensione alle elezioni è in aumento ovunque, ma questo non impensierisce il potere, a parte le dichiarazioni di convenienza. Esso, infatti, ne risulta avvantaggiato, meno fatica e spese in campagna elettorale e meno condizionamenti per il proprio operato. L'aumento dell'astensione è ciò che il potere desidera. Inoltre, l'astensione fatta per una scelta politica, e non per andare al mare, non lancia un messaggio chiaro, può essere interpretata in modi diversi in base agli interessi di chi interpreta. Chi pensa che alti tassi di astensionismo delegittimerebbero questa Unione Europea si illude.
È bene quindi andare a votare, con tre criteri-guida. Il primo è che il voto sia chiaramente contro questa Unione Europea e quindi che possa aprire ad un cambiamento significativo, compreso un tornare indietro su molti punti importanti. Il secondo è che il partito che si vota non ammetta nel suo programma minacce per la vita e la famiglia. Qui la faccenda si fa dura, ma una possibile via di uscita sono le preferenze ai singoli candidati. A questo riguardo rimando all'elenco predisposto opportunamente da Pro Vita & Famiglia. Il terzo è di valutare bene il voto a partiti che sicuramente non raggiungeranno il quorum, perché i voti sparpagliati finiscono per favorire qualcuno che non si vorrebbe favorire, confermandolo alla plancia di comando.
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