San Stanislao e Wojtyla, un legame speciale

Karol Wojtyla aveva una particolare venerazione per san Stanislao, vescovo e martire dell'XI secolo, patrono della Polonia. Una venerazione che avrebbe espresso più volte anche da papa.

Antonio Tanollo in "La Nuova Bussola" – 11 aprile 2024

San Giovanni Paolo II e la sua Polonia: un binomio inscindibile. Così come quello tra il pontefice e il santo patrono del suo Paese d'origine: san Stanislao (1030-1079), del quale oggi – per la Chiesa universale – ricorre la memoria liturgica. In Polonia viene festeggiato l'8 maggio.

 

Il legame tra i due santi comincia da lontano, da ancor prima che il cardinal Wojtyła divenisse papa Giovanni Paolo II. Le radici di questo legame indissolubile si ramificano nell'anima del pontefice polacco già da quando era studente di seminario fino ad arrivare a una data molto significativa: l'8 maggio 1979, quando papa Giovanni Paolo II pubblicava la lettera apostolica Rutilans Agmen, indirizzata al cardinale Stefano Wyszynski, all'epoca arcivescovo metropolita di Gniezno e Varsavia, e al cardinale Francesco Macharski, arcivescovo metropolita di Cracovia, nonché «agli altri Vescovi e a tutta la Chiesa di Polonia: nel compimento del nono secolo dalla morte di san Stanislao, vescovo e martire». Una lettera che era stata pubblicata poco prima dello storico viaggio di Giovanni Paolo II in Polonia (2 giugno – 10 giugno 1979).

 

«Chi mai avrebbe potuto immaginare che, proprio all'approssimarsi delle feste programmate per questo giubileo di san Stanislao, noi stessi avremmo lasciato la sede episcopale di Cracovia, già retta da quel santo, e per i voti dei cardinali a conclave saremmo passati alla sede di Roma? Chi mai avrebbe potuto supporre che noi avremmo festeggiato quei grandi giorni non come padre nella propria casa, ma in qualità di ospite tornato nelle terre dei padri in qualità di primo papa polacco e come primo pontefice in visita a quelle regioni?», così scriveva Giovanni Paolo II, il quale precisava – nello stesso documento pontificio – che seppur il periodo di ministero pastorale del santo arcivescovo, suo predecessore a Cracovia, fosse stato breve (dal 1072 al 1079) «il suo frutto ancora perdura, giacché in lui si verificarono davvero le parole di Cristo agli Apostoli: "Vi ho costituiti perché andiate a portar frutto e perché il vostro frutto perduri" (Gv 15, 16)».

 

E ancora più avanti, Giovanni Paolo II ricordava quanto fosse antica la venerazione di questo grande santo: «Il culto prestato a san Stanislao per nove secoli ha messo profonde radici in Polonia. Non poco contribuì ad accrescere tale venerazione la canonizzazione con cui l'8 settembre 1253 il nostro predecessore, papa Innocenzo IV, in Assisi presso il sepolcro di san Francesco, decretò a questo meraviglioso personaggio gli onori dei Santi. Davvero poggia su radici profonde questo culto! Esse pervadono tutta la storia della Chiesa in Polonia, compaiono nella vita stessa della Nazione, sono unite al suo destino».

 

Un destino, quello del santo vescovo polacco vissuto nell'XI secolo, che si intreccia profondamente con quello di Karol Wojtyła; un nome, san Stanislao, che ricorre nella biografia del pontefice, più volte. A lui, Wojtyła guarderà con profonda ammirazione durante tutto il suo pontificato, vedendo in Stanislao l'estremo difensore della fede e della libertà della Polonia, del cristianesimo.

 

Per il pontefice polacco, san Stanislao è «uomo della sua epoca: il suo ministero pastorale si svolge sotto il pontificato di san Gregorio VII, in un periodo cioè nel quale la Chiesa rivendica di fronte ai potenti della terra la propria libertà e la propria originaria missione spirituale», come ricordava nel suo discorso del 9 giugno 1979 rivolto ai «diversi vescovi convenuti da diversi paesi e dalle varie diocesi della Polonia».

 

Ma non voleva dire solamente passato, san Stanislao, per papa Wojtyła. È anche faro per il presente. Un presente che deve far fruttificare l'eredità che san Stanislao ha lasciato alla Polonia e al cristianesimo: «Questa tradizione di san Stanislao si dimostri non soltanto uno splendido ricordo del passato, ma pure una forza animante e rinnovante sempre di nuovo i cuori degli uomini, tutta la Chiesa e il popolo» (Messaggio di Giovanni Paolo II in occasione della festività di san Stanislao, 10 maggio 1981).

 

E, proprio a san Stanislao, Giovanni Paolo II dedicò anche dei versi. L'opera poetica di Wojtyła si dimostra così, ancora una volta, una "cartina tornasole" della sua anima. Tra le poesie del pontefice, infatti, troviamo un componimento dal titolo Stanislao: è una lode al vescovo patrono della Polonia, una lode alla Chiesa polacca. I primi versi già riescono a offrirci il contenuto dell'intero poema: «Voglio descrivere la Chiesa – / la mia Chiesa che nasce insieme a me, / ma non muore con me – e io non muoio con lei/ che sempre mi sovrasta – / Chiesa: il fondo e la vetta del mio essere./ Chiesa: radice tesa nel passato/ e nel futuro,/ Sacramento della mia vita in Dio/ che è Padre». San Stanislao rappresenta per il poeta e uomo Wojtyła la Chiesa, la sua Chiesa: è il senso di appartenenza alla Chiesa di Polonia che vive forte nei versi del pontefice.

 

È inoltre narrata la sfida tra il santo martire polacco e il re Boleslao II: con versi martellanti, il poeta esalta san Stanislao come difensore della Polonia e della libertà. «E il re forse pensava: da te non nascerà/ ancora la Chiesa – / non nascerà il popolo con la parola che genera il corpo e il sangue;/ nascerà dalla spada, dalla mia spada che a mezzo/ taglierà le tue parole». Il re si sbagliava perché le parole nate dalla Parola non muoiono mai. E sia san Stanislao che san Giovanni Paolo II lo sapevano bene.

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