'ECCO TUA MADRE', sono parole rivolte anche a noi nella memoria della Madre dolorosa di venerdì 22 marzo
Benedetto XVI da "per Amore" pp. 59-64
Gv 19,25-27
La Madre ci guida ai misteri pasquali. La parte della Madre di questi misteri è la compassione: questo è anche il nostro posto. Se la passione del Signore è la sorgente della nostra salvezza, la compassione è il modo essenziale di bere a questa fonte. D'altro canto la passione del Signore è la compassione di Dio con noi; la compassione diventa così la porta che ci apre il cuore di Dio.
La memoria della Madre di Dio non è una forma di sentimentalismo alieno dallo spirito della grande liturgia della Settimana Santa. Se l'insensibilità dell'uomo verso l'amore divino, "l'incapacità di addolorarsi" è il focolaio psicologico del peccato, il mistero della Madre dolorosa fa parte del mistero pasquale e della liturgia pasquale. "Stavano presso la croce di Gesù sua madre, la sorella di sua madre, Maria di Cleofa e Maria di Magdala" (Gv 19,25). Non si può stare presso la croce, presso i misteri della nostra salvezza, senza stare anche presso Maria. Lì Maria è divenuta Madre della fede della Chiesa. La Chiesa è nata quando Gesù vide "la madre e accanto a lei il discepolo che egli amava" (Gv 19,26 pieni di fede nella morte e risurrezione diversamente da tutti gli altri apostoli).
La Prelatura della Santa Croce e Opus Dei invita i suoi membri a stare accanto a Maria presso la croce perché il Signore ci veda, perché diventiamo anche noi discepolo amato da Gesù, perché sia detta anche a noi questa parola: "Ecco tua madre!" (Gv 19,27a). Non per caso l'Evangelista scrive: "Dopo questo, Gesù, sapendo che ormai tutto era compiuto …" (Gv 1928). Tutto è compiuto dal momento nel quale il discepolo prese Maria "con sé" (Gv 19,27b). Questo brano del Vangelo non solo ci prepara al Venerdì Santo; esso ci spiega il cuore del nostro essere cristiani ed è certo particolarmente caro alla Prelatura: è al centro della missione di essa, indicando il punto dove si compie l'opera di Dio.
Vediamo ancor più da presso che cosa ci dicono le parole "il discepoli che egli amava …" (Gv 19,26). Questo testo è come un segnavia: Maria ci guida verso la Croce. La presenza eucaristica del Signore scaturisce dalla Croce. La presenza eucaristica del Signore scaturisce dalla Croce. Non è possibile avvicinarsi a Gesù evitando la Croce.
Mi impressiona questa parola scritta dall'Evangelista, che "stavano presso la croce di Gesù…" delle donne. I discepoli fuggono, corrono via, mentre le donne stanno. Stanno nonostante le beffe dei nemici; stanno nonostante le minacce dei soldati; stanno nonostante il dolore, il buio, nonostante tutte le domande presenti nel loro cuore. Stare è espressione di coraggio, di fermezza, di fedeltà all'amore anche nell'ora in cui tutte le luci si spengono. Stare presso la croce nella fede della risurrezione: questa è la prima indicazione che ci viene data da Maria in questo testo.
Nelle nozze di Cana (Gv 2,1-11) Maria, con la sua intrepida fiducia, pazienza e umiltà, con la sua compassione e la sua intercessione, aveva ottenuto dal Figlio che anticipasse la sua ora. L'ora non era ancora venuta, ma nel dono sovrabbondante del vino Gesù anticipava il dono della sua ora, il dono del sangue che è vino della vita, il dono del sangue nel quale egli dona se stesso, il suo amore infinito. Nell'Eucaristia il Signore, accettando le preghiere della Chiesa, ripete ogni volta questo miracolo. L'ora del Regno non è ancora venuta, ma Egli ci dà – anticipando l'ora – il suo sangue, se stesso, egli che è il Regno di Dio in persona, l'autobasileia, come dice Origene.
Ma ritorniamo a noi. A Cana la Madonna aveva ottenuto con la sua preghiera l'anticipazione dell'ora di Gesù. Adesso, in quest'ora, sotto la croce, ottiene, con la sua presenza silenziosa trafitta dalla spada (Lc 2,35) della compassione, il compimento di ogni cosa, la nuova alleanza, la nuova storia di amore. Qui vediamo la forza della preghiera, vediamo la forza del silenzio, della compassione silenziosa. "Gesù allora, vedendo la madre […], disse …". La parola di Gesù, il suo testamento, è risposta allo sguardo della madre.
Che cos dice il Signore? Qual è il contenuto del suo testamento? Gesù identifica il discepolo con sé stesso. Il discepolo diventa il figlio, diventa ciò che Gesù è. Questa identificazione meravigliosa è il frutto dell'amore crocefisso. Ma questa identificazione si realizza nell'affidamento del discepolo a Maria. La comunione con la Madre è la strada per l'unione con Gesù, la strada del sacro commercio. Nell'affidamento del discepolo dall'alto della croce nasce la Chiesa, che nasce sempre così.
Questo affidamento ha due aspetti. Da un lato il discepolo di Gesù diventa anche discepolo della Madre. Alla scuola della Madre impara l'essere figlio. Dalla Madre impara le parole custodite e meditate nel cuore materno (Lc 2, 19.21). Dalla Madre impara non solo le parole, ma anche il significato del silenzio di Gesù. Del silenzio di trent'anni a Nazareth, del silenzio della sua origine eterna nel seno del Padre. Dalla Madre, che è Chiesa fatta persona, impara l'essere- Chiesa. La scuola della Madre è indispensabile per diventare figlio, per conoscere il Padre. Dall'altro lato Maria è affidata al discepolo: "La prese con sé", dice l'Evangelista. Sant'Agostino nota a questo punto che il discepolo, avendo lasciato tutto (Mt 19,27), non poteva prendere la Madre in una sua proprietà materiale, in una "casa sua" – come traduce la Bibbia di Gerusalemme. Ormai il "suo" è lui stesso. La prende realmente "con sé", nel suo essere, nel suo pensare e vivere, o, come dice il Santo Padre nella sua enciclica Redemptoris Mater (45): "la introduce in tutto lo spazio della propria vita interiore".
Sotto la croce Maria diventa di nuovo madre, nel dolore della compassione comincia una nuova maternità, diventa vera la parola: "Allarga lo spazio della tua tenda […] poiché ti allargherai a destra e a sinistra e la tua discendenza entrerà in possesso delle nazioni" (Is 54,2 s.). La maternità di Maria dura così sino alla fine del mondo: Maria non è un modello astratto della madre Chiesa, così come la Chiesa stessa non è qualcosa di astratto. La Chiesa è persona in Maria e vuole diventare persona anche in noi, affidati dal Signore all'amore materno di Maria. Riguardo al discepolo, il Signore dice a Pietro dopo la risurrezione: "Se voglio che egli rimanga finché io venga, a te che importa?" (Gv 21,23). Secondo la volontà del Signore il discepolo rimane e rimane con lui la Madre.
Nella Croce sono adempiute le parole pronunciate da Dio all'inizio della storia umana, sono adempiute le parole della benedizione (Gen 1,28) e viene superata la maledizione (Gen 3,14-19). Gesù, che nasce da donna, schiaccia la testa del Serpente che le insidia il calcagno (Gen 3,15). La vittoria apparente del Serpente, la morte del Redentore è la sua vera e definitiva sconfitta: la testa del Serpente, l'arroganza del voler essere come Dio è schiacciata dall'umiltà e dall'amore del Figlio. La maledizione scompare, viene sostituita dalla nuova parola: "Benedetta tu fra le donne, benedetto il frutto del tuo grembo!" (Lc 1,42). Il luogo definitivo della benedizione è la Croce (con Maria e Giovanni che stavano presso pieni di fede nella morte e risurrezione). La liturgia della Quaresima è l'invito fatto a noi tutti dalla Chiesa a stare presso la croce insieme a Maria e Giovanni, la Chiesa, pieni fede nella morte e risurrezione. Ascoltiamo anche noi: "Donna, ecco tuo figlio!". Accogliamo queste parole: così saremo figli della benedizione e il serpente non ci recherà danno (Mc 16,18). Amen
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