Dal Sinodo non ci attendiamo che cambi la Chiesa ma di cambiare noi, riscoprendo la vera fede cattolica per annunciarla a tutti
Serafino M. Lanzetta in SUPER HANC PETRAM da pagina 272 a pagina 273
La fede, che è il bene massimo, sembrava che non dovesse essere garantita. Solo lentamente e con la stessa richiesta di Ratzinger e della CDF a Giovanni Paolo II si riuscì a rafforzare le pene per i chierici che incorrano nei "Delicta maiora contra fidem", così che apparisse chiaro che, nel caso di un abuso in materia sessuale, non c'è solo la sfera biologica coinvolta (come insegna in gran parte la nuova morala), ma tutta la persona e in primis una mancanza di fede, che è il bene più grande sia per il chierico che per tutti gli altri fedeli. Quando si offusca la presenza di Dio anche nella Chiesa, si può arrivare non solo a crimini più scellerati, ma soprattutto a giustificarli e coprirli in un clima di convivenza con il male.
La soluzione prospettata dalle riflessioni di Benedetto XVI sulle cause degli abusi sessuali nella Chiesa è la riscoperta della presenza di Dio, della fede in Lui. Solo così la Chiesa può ritornare ad essere sé stessa, rimanendo tuttavia una rete con pesci buoni e cattivi. Non si tratta di cambiare la Chiesa ma di cambiare noi, riscoprendo la vera fede. Si tratta di fare un esame di coscienza teologico e di vedere se le nuove teorie morali ancorate a un falso e ambiguo presupposto dogmatico rappresentino una speranza perché la fede si consolidi o non siano invece la sua ecatombe, con conseguenze immorali sempre più drastiche. Giorno dopo giorno le notizie si ricorrono circa la complicità di alti prelati in questa faccenda degli abusi sessuali del clero. La "conciliarità" ovvero la giustapposizione del Concilio Vaticano II alla Chiesa nel suo momento sincronico e diacronico non funziona. Pone uno scorretto presupposto aletico cioè veritativo, che porta a un vicolo cieco. Prima la Chiesa con la sua Tradizione apostolica, con una tradizione teologico-morale ben consolidata, (costitutiva della Rivelazione con la Bibbia), poi il Concilio Vaticano II.
Si potrebbe mai postulare una separazione tra legge (naturale e positiva) e Bibbia? Il Signore Gesù Cristo, che ha portato la "legge nuova", ha ripudiato quella vetero-testamentaria tra cui il Decalogo? Gesù non ha abolito la legge, ma l'ha perfezionata, facendola diventare dono d'obbedienza interiore. Egli ci ha dato come suo compimento un comandamento nuovo: "Amatevi gli uni gli altri. Come io ho amato voi, così amatevi gli uni gli altri" (Gv 13,34). L'amore è la pienezza della legge, non il suo rinnegamento o inveramento. Per amare bisogna seguire l'esempio di Cristo. È necessario cioè avere una "misura", che è l'amore di Cristo; una misura che è la verità e questa verità è la legge dell'amore.
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