E' un tempo difficile, questo, per essere presbiteri anche in casa di riposo. Ebbene, è un tempo veramente datto per essere grandi presbiteri prima di morire

Essere fedele e fecondo sino a quel giorno in cui si chiuderà il libro di questa vita e si aprire quello dell'altra vita soprattutto con tutti quelli di una particolare affettività

 

"Blaise Pascal ha scritto: "Gesù sarà in agonia fino alla fine del mondo; non bisogna dormire durante questo tempo" (Pensieri, 553): e da anziani, megliovecchi è facile dormire non solo fisicamente. Ecco, noi siamo temporalmente al centro di una storia in cui Cristo continua ad agonizzare. Ma questo anche qui non deve scoraggiarci, non deve portarci a dire: "Allora non c'è niente da fare". Ricordiamo l'aneddoto tratto dalla vita del Curato d'Ars. Gli dissero: "Lei arriva tardi; qui ad Ars ormai non c'è più nulla da fare". E lui rispose con fede: "Allora c'è tutto da fare!" Non vale la pena sprecare gli ultimi anni di vita in questioni negative usando il tempo che ci resta usandolo bene in Cristo, nella consapevolezza della sua continua presenza, scrutando le Scritture e la Tradizione, in silenzio adorante davanti al tabernacolo e toccandolo nei confratelli. C'è tanto da fare, e allora… diamoci da fare anche in casa di attesa della meta! Cristo è in agonia, questo è vero. E spesso siamo anche noi sacerdoti a tradirlo, a crocifiggerlo di nuovo. Ma la conseguenza che ne trae Pascal per noi vecchi: "Allora dormiamo tranquilli con tante medicine", bensì: "Non bisogna spiritualmente dormire durante questo tempo, tutt'altro!". È un pensiero, questo, fondato sul Vangelo: "Gesù rimproverò i discepoli nel Getzemani, perché mentre Egli agonizzava, loro dormivano.

Possiamo noi "non dormire", possiamo noi davvero essere zelanti nellapreghiera e nella carità quando spesso è la Chiesa stessa che cerca di ostacolare il nostro zelo? O almeno, la Chiesa sembra oggi volere sacerdoti zelanti per un certo tipo di opere e di attività, ma pare che non vogliano che lo siamo per altre, per quelle più divine e soprannaturali? Ma questa non è la Chiesa vera.

Se un buon sacerdote vuole promuovere meglio la sacralità, la bellezza, la dignità e santità del culto divino con iniziative lecite e opportune e non certo ad arbitrio, è possibile che venga ostacolato. D'altra parte c'è chi difende la sana dottrina, ma ricorrendo a uno stile e a un linguaggio fuori luogo, esagerato, irriguardoso o persino offensivo. C'è un richiamo a farlo in modo giusto, cioè come dice San Pietro con dolcezza e rispetto (1 Pt 3,15). O, come San Paolo dice ai Galati: "Fratelli, se uno viene sorpreso in qualche colpa, voi, che avete lo Spirito, correggetelo con spirito di dolcezza" (Gal 6,1). Però in comunità di sacerdoti è vero che ci sono anche casi in cui il sacerdote non fa nulla di male, anzi fa qualcosa di buono o persino di doveroso e, nonostante ciò, viene ostacolato e punito.

Finché la Chiesa non mi vieta di fare le cose vere, buone e giuste, anche se i miei confratelli non le fanno, io sono nel diritto e anche nel dovere di farle.Mettiamo che oggi non pochi sacerdoti celebrino male la liturgia, l'omelia. Finché la Chiesa ni permette, con le sue norme, di celebrare bene, più che rimproverare cerco di attrarre. Mettiamo che un certo numero di sacerdotiinsegnino dottrine erronee. Finché la Chiesa ha un Catechismo che contiene la sana dottrina per tutti, io posso e debbo attenermi a quella regola della fede e della morale. Anche di fronte a coloro che bruciano il Catechismo della Chiesa Cattolica, non potranno mai bruciare la mia libertà, la mia coscienza e la mia fede cattolica.

Questo zelo può avere, come effetto da noi indesiderato seppur prevedibile, la sofferenza. La Chiesa stessa, d'altro canto, prima di canonizzare i suoi santi, li ha sempre fatti soffrire, li ha messi alla prova, per vedere pedagogicamente se facessero sul serio, se fossero davvero sorretti dallo Spirito di Dio. Sì, la Chiesa prova la santità non solo con il processo canonico postumo, ma già durante la vita. La Chiesa prova nel crogiolo, col fuoco della carità, la rettitudine della nostra intenzione, per vedere se è sincera. La Chiesa fa questo facendoci soffrire. E noi, per quanto spesso ingiusta, dobbiamo essere disposti a tollerare questa sofferenza che ci viene non dai nemici esterni, ma dai confratelli nellafede. Dobbiamo accettare che i giudizi, le malignità, le interpretazioni negative del nostro operato, le cattiverie giungano da alcuni che dovrebbero sopportarci e incoraggiarci. Ma nel silenzio, nella riflessione riusciamo a vedere altri confratelli che invece ci aiutano e ci sostengono apertamente e senza paura, ma per amore di Gesù e della sua Chiesa cioè nella Verità

Dinnanzi, dunque, ai tempi difficilissimi in cui viviamo, anche noi sacerdoti in casa di riposo non dobbiamo perdere la fiducia per la salvezza delle anime. Èquesta, infatti, la stessa ragione d'essere del nostro ministero. In qualunque luogo ci troviamo, qualunque cosa facciamo, diciamo è in vista di questo ricordando la parole che Dio disse attraverso il profeta Isaia "irrobustite le mani fiacche, rende salde le ginocchia vacillanti. Dite agli smarriti di cuore: 'Coraggio, non temete! Ecco il vostro Dio, giunge la vendetta, la ricompensa divina. Egli viene a salvarvi'" (Is 35,3-4).

Da anziani, meglio da vecchi alla vigilia della meta, possiamo riscoprire ogni giorno, nell'incontro con la presenza di Cristo scrutato nelle Scritture e nellaTradizione e toccato nei fratelli, questo primo amore che mi, ci spinse a offrire la vita per la causa del suo Regno. C'è un forte taglio mariano nella mia vita, l'azione di San Michele come esorcista per vincere le insidie infernali. Ma soprattutto la gioia di aver additato a tutti coloro che ho incontrato che l'unica salvezza è nell'Agnello immolato e risorto, in Gesù Cristo che si offrì sull'altare della croce duemila anni fa e che ogni giorno ripresenta, riattualizza il suo sacrificio in forma incruenta e sacramentale sui nostri altari nelle mie, nelle nostre mani sacerdotali. E penso al giorno, ormai prossimo, in cui il libro di questa vita si chiuderà e si aprirà quello dell'altra vita, nella quale tutti noi (soprattutto in chi mi è stato affettivamente tanto vicino) pensiamo di poter essere accolti purificati in purgatorio e con le preghiere di suffragio, sentendoci rivolgere le parole, cui in questo ci penso spesso: "Bene, servo buono e fedele […], sei stato fedele nel poco, ti darò potere su molto; prendi pure parte alla gioia del tuo padrone" (Mt 25,21).

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