XXI Domenica

XXI Domenica A (Mt 16,13-20) "Tu sei Pietro, e a te darò le chiavi del regno dei cieli" quando agisci visibilmente da vero corpo del Vicario di Cristo ed esponi l'insegnamento perenne della Chiesa

 

Sul brano del Vangelo di oggi si fonda la dottrina del "Primato dell'Apostolo Pietro" sui Dodici. Pietro è stato scelto da Gesù come capo visibile della Chiesa, come suo fondamento, e tale primato viene trasmesso a tutti i suoi successori, che sono i Papi, fino ad arrivare all'attuale Pontefice Papa Francesco. Gesù usa delle parole molto chiare per esprimere questa verità.

Prima di tutto Egli dice: «Tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia Chiesa» (Mt 16,18). Subito dopo aggiunge: «e le potenze degli inferi non prevarranno su di essa» (ivi). Soltanto dove c'è questo saldo fondamento, questa solida roccia di Pietro, le forze del male non potranno trionfare. Dove non c'è Pietro la verità si mescolerà con l'errore e la menzogna, e la purezza del dogma lascerà il posto al veleno dell'eresia. Dove non c'è Pietro la stessa cristianità è messa a repentaglio, e la storia insegna che dove non si è riconosciuto il Papa come fondamento della Chiesa, il Cristianesimo ha ceduto il passo ad altre religioni o, come ai giorni d'oggi, ad un neo-paganesimo. Questo pericolo non lo corrono solo quelli che non riconoscono il Papa, ma anche tutti quelli che, praticamente, rifiutano il suo Magistero.

Alla domanda di Gesù, «ma voi chi dite che io sia?» (Mt 16,15), Pietro rispose a nome di tutti: «Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente» (Mt 16,16). Nel dare questa risposta, Pietro fu illuminato dall'Alto, secondo le parole dette da Cristo stesso: «Beato sei tu, Simone, figlio di Giona, perché né carne né sangue te lo hanno rivelato, ma il Padre mio che è nei cieli» (Mt 16,17). Oggi come allora, è sempre Pietro, ovvero il Papa, ad essere illuminato sulle verità di fede e ad istruirci. Ascoltando lui, non possiamo sbagliare e rimaniamo nella verità insegnata da Gesù Cristo.

Tra le tante opinioni dei vari interlocutori, solo la parola di Pietro risultò secondo la verità. Così, ai giorni d'oggi, tra le tante voci discordi che tendono a prevalere sulle altre, il cristiano deve ascoltare con tutta sicurezza l'insegnamento del Papa: solo lui non può errare però quando insegna in materia di fede e di morale.

Inoltre, Gesù dice a Pietro: «A te darò le chiavi del regno dei cieli» (Mt 16,19). Possedere le chiavi di una casa, soprattutto un tempo, significava avere autorità su quella casa. Gesù dà a Pietro le chiavi del Regno dei cieli; ciò significa conferire a Pietro un potere e una autorità particolari, superiori a quelli dati agli altri Apostoli.

Infine, Gesù dice: «tutto ciò che legherai sulla terra sarà legato nei cieli, e tutto ciò che scioglierai sulla terra sarà sciolto nei cieli» (ivi). Queste parole, nel linguaggio dei rabbini, significavano proibire o permettere, dichiarare lecito o illecito, e quindi si riferiscono al compito del Papa di insegnare in materia di morale, ovvero di istruire i cristiani su come devono comportarsi e su cosa devono evitare.

Qualcuno potrebbe obiettare che tali prerogative appartenevano solamente a Pietro e non ai suoi successori. Tale obiezione si risolve molto facilmente: se la Chiesa, secondo le parole di Gesù: «io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo» (Mt 28,20), non verrà mai meno, è chiaro che le potenze degli inferi non prevarranno mai, e sino alla fine dei tempi la Chiesa con a capo il Papa sarà difesa contro tutti gli attacchi del maligno, e le prerogative di Pietro saranno estese a tutti i suoi successori. La Chiesa è quella casa fondata sulla roccia di cui parla il Vangelo. Anche se infuria la tempesta della persecuzione, se questa casa è fondata sulla salda roccia di Pietro non potrà vacillare.

Il Vangelo di oggi è un invito a ripensare all'insostituibile e provvidenziale funzione del Magistero ecclesiastico, il quale trasmette fedelmente gli insegnamenti di Gesù Cristo, il suo pensiero e la sua volontà. Onorando il Magistero della Chiesa, di tutti i Papi, onoriamo Cristo Maestro. Solo grazie a tale insegnamento noi possiamo arrivare alla certezza della verità rivelata e all'unità della medesima fede. Tutto quello che noi conosciamo di Gesù e degli altri misteri di fede noi lo conosciamo grazie all'insegnamento della Chiesa. Uno non potrebbe nemmeno appellarsi all'autorità suprema della Sacra Scrittura, dal momento che, in fin dei conti, noi sappiamo quelli che sono i libri ispirati che compongono la Bibbia solo grazie alla Chiesa e al suo costante insegnamento. Tra tanti libri scritti che narravano la vita di Gesù e gli atti degli Apostoli, la Chiesa ne ha scelto solo alcuni indicandoli a tutti come ispirati da Dio. Inoltre, nel comprendere questi libri ispirati che compongono la Sacra Scrittura, noi ci rifacciamo all'interpretazione accolta dalla Chiesa. Se ci manca questa "chiave di lettura" non riusciremo a intenderne il senso voluto da Dio.

Da tutto ciò deriva il dovere di rimanere uniti al Papa, successore di Pietro, nella fede, nell'amore, nell'obbedienza, per costruire insieme il Regno di Dio sulla terra. Occorre distinguere quello che è opinione del Papa e quello che è magistero: negli otto anni di pontificato Benedetto ha pubblicato tre volumi su Gesù Cristo come sua opinione non magistero. Come osserva il cardinale Burke occorre distinguere, come Gesù e la Chiesa ha sempre fatto fin da Pietro quando rifiuta la profezia della croce, le parole dell'uomo che è Papa dalle parole del papa come Vicario di Cristo. Papa Francesco ha scelto di parlare spesso nel suo primo corpo, quello dell'uomo che è papa. Infatti, anche in documenti che, in passato, hanno rappresentato un insegnamento più solenne, egli afferma chiaramente che non sta offrendo un insegnamento magisteriale, ma il proprio pensiero. Ma chi è abituato a un modo diverso di parlare del papa vuole che ogni  affermazione faccia in qualche modo parte del magistero. Questo è contrario alla ragione e a ciò che la Chiesa ha sempre insegnato. Fare una distinzione tra i due tipi di discorso del Romano Pontefice non è in alcun modo irrispettoso dell'ufficio petrino ma conforme al Vaticano I. Tantomeno costituisce inimicizia nei confronti di papa Francesco. Anzi, al contrario, dimostra il massimo rispetto per l'ufficio petrino del Vangelo di oggi e per l'uomo a cui nostro Signore lo ha affidato. Senza questa distinzione, si perderebbe facilmente il rispetto per il papato. Chiediamo alla Madre della Chiesa questa consapevolezza così importante e la benedizione di Dio Padre, di Dio Figlio e dello Spirito Santo.

 

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