Venerdì fra l'Ottava di Pasqua

 

    Dopo una notte, nella quale avevano gettato le reti senza successo, i discepoli vedono sulla riva il Signore Risorto. Egli comanda loro di tornare a pescare ancora una volta ed ecco che la rete diviene così piena che essi non riescono a tirarla su; 153 grossi pesci: "E sebbene fossero così tanti, la rete non si strappò" (Gv 21,11). Questo racconto, al termine del cammino terreno di Gesù con i suoi discepoli, corrisponde ad un racconto dell'inizio: anche allora i discepoli non avevano pescato nulla durante la notte; anche allora Gesù aveva invitato Simone ad andare al largo ancora una volta. E Simone, che non era ancora chiamato Pietro, diede la mirabile risposta: Maestro, sulla tua parola getterò le reti! Ed ecco il conferimento della missione: "Non temere! D'ora in poi sarai pescatore di uomini" (Lc 5,1-11). 

   Anche oggi viene detto alla Chiesa e ai successori degli apostoli di prendere il largo nel mare della storia e di gettare le reti, per conquistare gli uomini al Vangelo – a Dio, a Cristo, alla vera vita. I Padri hanno dedicato un commento molto particolare a questo singolare compito. Essi dicono così: per il pesce, creato per l'acqua, è mortale essere tirato fuori dal mare. Esso viene sottratto al suo elemento vitale per servire di nutrimento all'uomo. Ma nella missione del pescatore di uomini avviene il contrario. Noi uomini viviamo alienati, nelle acque salate della sofferenza e della morte; in un mare di oscurità senza luce. La rete del Vangelo ci tira fuori dalle acque della morte e ci porta nello splendore della luce di Dio, nella vera vita. È proprio così – nella missione di pescatore di uomini, al seguito di Cristo occorre portare gli uomini fuori dal mare salato di tutte le alienazioni verso la terra della vita, verso la luce di Dio. È proprio così: noi esistiamo per mostrare Dio agli uomini. E solo laddove si vede Dio, comincia veramente la vita. Solo quando incontriamo in Cristo il Dio vivente, noi conosciamo che cosa è la vita.

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