Don Enzo Boninsegna, una geniale esperienza pastorale fondata sulla Tradizione e sulla Scrittura

Durante la Settimana Santa ho avuto il dono della lettura di 400 pagine della geniale esperienza pastorale di Don Enzo Boninsegna, pastorale fondatasulle costitutive fonti della Rivelazione, Tradizione e Scrittura: è la parola di Dio giunta in continuità ecclesiale a noi per mezzo di Gesù, degli Apostoli e dei loro successori. Io don Gino Oliosi vorrei contribuire ad una lettura non pregiudiziale su don Enzo Boninsegna. Per gli ultimi tempi di vita l'ho scelto come Confessore. Del suo volume "ERO "CURATO" …ora son "da curare" pubblico la sua "PRESENTAZIONE"  

Don Enzo Boninsegna, per ordinazioni Via San Giovanni Pupatoro,16 – 37134 Verona Tel. 045 8201679 – Cell. 3389908824

PRESENTAZIONE

   Ricordo che qualche secolo fa … "secolo" fa, da giovane prete, ho letto un bellissimo libro di Georges Bernanos"DIARIO DI UN CURATO DI CAMPAGNA". È ispirandomi a questo libro e manipolandone in qualche modo il titolo che ho rafforzato su il sottotitolo per questa raccolta di episodi.

  Non … "Diario"perché un diario ha il profumo dell'immediatezza, di pensieri, di sentimenti e di stati d'animo ancora vivi quando si scrive, ma "Ricordi", perché di questo si tratta, di ricordi anche molto lontani, ripensati con un velo di nostalgia per un tempo che ormai non è più.

  "Ricordi" non … "di un curato di campagna" "di un ex-curato di città", perché dei 50' anni di sacerdozio solo i primi cinque li ho vissuti come curato di una parrocchia di campagna, quindici come curato in una parrocchia di città e tutti gli altri trenta non più come curato, né di campagna né di città. Ma come confessore nell'attuale parrocchia in cui mi trovo in periferia della città.

  E quel … "non santo" del sottotitolo da dove salta fuori? Salta fuori dal ricordo di San Giovanni Maria Vianney, un gigante del sacerdozio in confronto del quale ci si sente (io almeno così mi sento) e so di essere non solo non-santo, ma come un microbo, un niente, un povero scarabocchio.

  Ero ancora in seminario quando ho cominciato la lettura del libro "IL SANTO CURATO D'ARS" DI Francesco Trochu che mi era stato regalato nel giorno della mia vestizione da un collega di mio papà. Un libro fantastico che tira ancora oggi a più di cinquant'anni di distanza, tanto che, quando posso, lo regalo a qualche prete novello perché ne tragga un prezioso stimolo a vivere santamente il suo sacerdozio.

  "Curato" è l'abbreviazione di una parola italiana derivata dal francese "curateur", che significa "curatore" di anime, cioè parroco. Per cui sarebbe più appropriato chiamare San Giovanni Maria Vianney non il "Santo Curato d'Ars", ma il "Santo Parroco di Ars".

   In molte zone d'Italia, invece, e in particolare nel Veneto, con la parola "curato" si intende il vice-parroco.

   Ebbene, io, a differenza di San Giovanni Maria Vianney, non sono mai stato parroco, sono stato solo curato, cioè vice-parroco, per vent'anni.

   E ora, da trent'anni sto portando avanti la mia carriera in "retromarcia" e sono al terzo mosto della graduatoria: non parroco, non più curato, ma ex-curato, o meglio"da curare", come mi definisco io serenamente (questo sì!) e scherzosamente (ma non troppo!), visto che un prete mi ha qualificato così, non certo scherzosamente (!), davanti al vescovo e ai sessanta preti del Consiglio Presbiterale. Dirò più avanti perché mi è stato regalato questo "titolo onorifico".

   Grazie a Dio non mi ha mai sfiorato l'ambizione di salire in alto, ma anche perché ho chiarissima coscienza di non avere le capacità richieste per certi posti più elevati di quello in cui mi trovo. Nel Salmo 130 si leggono parole che danno una grande pace all'anima:

       Signore, non si inorgoglisce il mio cuore e non si leva con superbia il mio sguardo: non vado in cerca di cose grandi, superiori alle mie forzeIo sono tranquillo e sereno come bimbo svezzato in braccio a sua madre, come bimbo svezzato è l'anima mia (Sal 130, 1-2).

    E davvero, qui in basso, nella piccola e nascosta nicchia in cui il Signore mi ha collocato, io ci sto benissimo. E son ben felice che la mia carriera finisca a queste "altezze". Con don Mazzolari posso dire anch'io: "La mia carriera finisce con la Messa", non cerco altro.!

  Anche perché già mi spaventano, e non poco, potrei quasi dire: mi terrorizzano le responsabilità che gravano sulle mie spalle di semplice prete. Figuriamoci le responsabilità che gravano sulle spalle di chi sta più in alto!

   Ma ritorniamo a San Giovanni Maria Vianney. Ricordo che in seminario, nell'intervallo delle lezioni, correvo in camera mia per leggere qualche pagina del "IL SANTO CURATO D'ARS", tanto mi incuriosiva la figura ni quel santo prete.

  A questo proposito non posso tenermi in gola la tristezza per una amara constatazione. All'inizio dell'anno sacerdotale (2009-2010) il Papa BenedettoXVI aveva annunciato che alla fine di quell'anno San Giovanni Maria Vianney, patrono dei parroci, sarebbe stato proclamato patrono di tutti i sacerdoti quindi anche di povero prete come me, che non è mai stato parroco, che è stato solo curato e che ora è … "da curare".

   L'anno sacerdotale è terminato, ma purtroppo l'annuncio del papa è finito in una bolla di sapone. Forse perché Benedetto XVI ha cambiato opinione? No, non penso proprio.

  La spiegazione è quasi certamente un'altra: più di qualcuno avrà fatto pressione per costringere il Papa a non attuare il suo proposito perché convinto che il Santo Curato d'Ars sia una figura di prete ormai superata, non più proponibile ai preti di oggi, molti dei quali preferiscono guardare più ai preti "sociali" che ai preti "spirituali".

  Questo Santo Parroco era tutto preghiera penitenza, tutto Confessioni Santa Messa e nella predicazione parlava anche del peccato e del diavolo, del purgatorio e dell'inferno …tutti temi che nella vita spirituale del prete "versione anni 2000" e nella nuova "pastorale postconciliare" non trovano più spazio o quasi. Non parlava solo del paradiso, garantendolo a tutti, come ormai si sente fare oggi, sempre più spesso, da non pochi preti, soprattutto ai funerali.

   Pazienza…! Da anni siamo abituati a digerire cose anche peggiori. Basti pensare a quel don Gallo di Genova che ha sprolonquiato in modo orrendo fino alla fine della vita e che nessuno dei suoi vescovi ha trovato il coraggio di trasformare da Gallo in"cappone".

   In ogni caso provvedo io da solo, io, "non-santo" e … "da curare" ad eleggermi come patrono personale il Santo Curato d'Ars dal quale tutti noi preti, io per primo, abbiamo tutto da imparare.

   Ma a chi può interessare la mia vita? A nessuno" E allora perché parlarne? L'ho usata semplicemente come a un attaccapanni su cui appendere i vari problemi emersi, nella società civile e nella Chiesa, in questi ultimi cinquant'anni, per mostrare con i fatti che non si tratta di problemi inventati, ma purtroppo veri e profondamente sofferti.

   Perché le varie problematiche sbocciate nel proprio tempo non possono non influire su ogni persona che vive in quell'epoca e ogni cristiano che vive in quegli anni, nella misura delle proprie possibilità, dove cercare di 'plasmare il proprio tempo secondo lo Spirito di Cristo. Un'operazione difficile e rischiosa. Questa capi ta da pochi e combattuta da molti, perché i padroni del pensiero dominante, che soni i nemici più rabbiosi di Cristo, non perdonano chi li contrasta.

  È quello che ho esperimentato in questo mezzo secolo: ho collezionato in tutto questo tempo molti nemici soprattutto tra il clero, tutti infetti da pregiudizio e seminatori di calunnie, e pochi amici, amici veri però, che mi sono stati di sostegno nelle mie molte battaglie.

   E di questi amici, a cui sono riconoscente, ringrazio soprattutto il Signore che me li ha donati come prezioso sostegno nei difficili momenti che ho attraversato.

  E posso garantire che in tutte le mie battaglie non ho mai cercato me stesso, ma solo la verità e il bene della Chiesa e delle anime che valgono più della mia persona.

   Che cosa mi riprometto con questo scritto? Se il Signore me la manda buona, da queste pagine posso attendermi due risultati …modesti finché si vuole, ma da non disprezzare.

****

   Prima di tutto forse dei giovani preti possono trarre questi "ricordi…" qualche spunto utile per la loro vita personale e per la loro azione pastorale fondata ecclesialmente sui due elementi costitutivi della Rivelazione cioè Tradizione Scrittura.

   È un po' quel che è successo anche per me e che mi succede ancora quando guardo alla vita di qualche prete più anziano. È saggezza imparare dall'esperienza altrui.

   In secondo luogo, e soprattutto, vorrei che queste pagine aiutassero molti fedeli a conoscere più a fondo quello che passa nel cuore dei loro preti.

   Anche se (praticamente tutti) vengono visti per le strade delle loro parrocchie, anche se (piuttosto pochi) vengono ascoltati durante la Messa, nelle catechesi e in confessionale, anche se (purtroppo sempre meno ) vengono intravvisti qualche volta nel silenzio delle loro Chiese in preghiera, anche se (quasi tutti) vengono cercati sui momenti di dolore … io sono convinto che pochi conoscono a fondo la figura del sacerdote e la vita, i sacrifici e le varie turbolenze  che possono agitarsi nella vita dei loro preti.  

   Per qualcuno il prete è un burocrate della religione e pertanto un uomo destinato a perdere senso nella misuraa in cui va sempre più perdendo senso al religione.

  Per altri è un uomo un po' imbranato e fuori del tempo: a suo agio nelle cose del sacro, ma piuttosto maldestro nelle cose ordinarie e normali di tutti i giorni.

      Per altri ancora è, più o meno, un assistente sociale che fa per il Signore o per filantropia quello che fanno per il stipendio.

   Infine, per buona parte delle persone, in misura sempre più rilevante, il prete appare come una figura insignificante di cui si potrebbe benissimo fare a meno.

             Ma chi è il prete?

            Che cosa c'è nel suo cuore?

           Soffre anche lui per qualche pena segreta?

           Ha anche lui delle paure?

          E le sue stanchezze? E le sue speranze? E i suoi sogni?

         E le sue delusioni? E le sue amicizie?

        E i suoi fallimenti e le incomprensioni che subisce?

  È importante che la gente, i nostri fratelli e figli, ci conoscano più a fondo. Forse allora ci vorranno più bene ed è utile anche a noi sentirci un po' capiti e amati. Senz'altro ci regala un po' più di forza e di serenità.

Io penso che se qualche prete che ha lasciato il ministero sacerdotale avesse incontrato sul suo cammino un po' più di attenzione, di comprensione, di amore e di riconoscenza, anche dai suoi superiori, forse avrebbe trovato al forza di continuare la sua missione serenamente, con grande beneficio suo e della Chiesa. E invece 

****

  Ho pagato e sto ancora pagando un prezzo non da poco per aver provato a servire il Signore, la Chiesa e le anime senza calare le braghe. Non ho mai cercato me stesso, ma sola la verità e i doni di Dioche stanno più in alto di me, verità e doni che ho il dovere di difendere a tutti i costi.

   E garantisco che in tutta la mia vita non ho mai provato rancore verso nessuno. Amarezza sì e tanta, ma non più di questo; anzi, ho pregato e prego anocra per certi "amati confratelli".

   E la carriera? Per grazia di Dio non ho mai commeso neanche il peccato di desiderarla. Era ed … roba che non fa per me. 

Don Enzo Boninsegna

Ex - curato

ora … "da curare"

Verona, 6 luglio 2029

Memoria liturgica di

Santa Maria Goretti

Martire della purezza.

50° anniversario della mia

Ordinazione sacerdotale.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

   

 

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