VI° Domenica

 

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Non crediate che io sia venuto ad abolire la Legge o i Profeti; non sono venuto ad abolire, ma a dare pieno compimento. In verità io vi dico: finché non siano passati il cielo e la terra, non passerà un solo iota o un solo trattino della Legge, senza che tutto sia avvenuto. Chi dunque trasgredirà uno solo di questi minimi precetti e insegnerà agli altri a fare altrettanto, sarà considerato minimo nel regno dei cieli. Chi invece li osserverà e li insegnerà, sarà considerato grande nel regno dei cieli».

La Legge, come i Profeti che ad essa si richiamano, in Israele aveva il compito di indicare la via del bene, della felicità, della vita (Dt 30,16). Gesù, da parte sua, non può non confermarne la validità; egli semplicemente la porta a compimento: fa in modo cioè che venga rispettata e vissuta. Come? Incidendo nei cuori quel che era stato scritto sulle tavole di pietra (Ger 31,33; Ez 36,26). La legge di per sé è una norma esteriore, dettata da una ragione impersonale; le si può obbedire spinti dal desiderio di incarnare l'ideale di uomo da essa rappresentato: nella misura in cui ci si riuscisse, si sarebbe perfetti, irreprensibili, forti, puri. Paradossalmente, un esito simile però sarebbe l'opposto della finalità della Legge di Dio: l'amore. Ecco che la Legge che avrebbe dovuto condurre alla vita, produce frutti di morte: durezza di cuore, senso di superiorità, giudizio e condanna, o, nella misura in cui non la si osservi, sensi di colpa e disistima. Per questo, infine, il Dio che aveva pronunciato i Dieci Comandamenti, si fece carne: non impone più nessuna legge, ma la prende su di sé; non comanda più di amare, ma ama, lavando i piedi dei suoi discepoli e offrendosi loro come pane da mangiare. Il discepolo non deve più essere all'altezza di quanto prescritto dalla Legge: può riconoscersi peccatore, debole, ultimo e scoprirsi ugualmente amato e perdonato (1 Tm 1,15-16). Al fariseo irreprensibile subentra il peccatore graziato (Rm 5,20): al cuore duro nella sua forza si sostituisce il cuore misericordioso perché ricoperto di misericordia. Non basta non uccidere, bisogna non adirarsi (Mt 5,21s). Non basta non commettere adulterio, bisogna non desiderare la donna degli altri (Mt 5,27s). Non basta lavarsi le mani prima dei pasti, bisogna "purificare" l'interiore dell'uomo (Mc 7,1-23). Non basta dire "Signore, Signore", ma bisogna "fare la volontà del Padre che è nei cieli" (Mt 7,21). Non basta il sacrificio, non serve a niente l'atto di culto e l'osservanza dei precetti minori se non si pongono al primo posto nella propria vita morale la giustizia, la misericordia e la fede (Mt 9,13; 12,7; 23,23). La legge viene imposta all'uomo dall'esterno. Se Gesù si limitasse soltanto a spiritualizzare  la legge, il suo sarebbe un perfezionamento incompleto. Egli punta alla volontà, al cuore. Il "nuovo" apportato da Cristo è altrove: se Gesù esige un di più, la motivazione è in "ama io vi dico" Chi impone è la presenza del Risorto, il quale ne ha dato per primo l'esempio. L'amore ai nemici, la sopportazione della sofferenza e della persecuzione sono resi possibili al cristiano perché è sollecitato e realmente aiutato dall'esemplare che ha davanti. Il cristiano non obbedisce soltanto a una legge, ma si mette in compagnia di Cristo che lo precede e che diventa per lui modello-legge-istanza suprema-forza interiore per il dono dello Spirito ( Mt 3,11), premio-amore beatificante.

 

Il cristianesimo certo non è una morale, non è un codice di norme da osservare. Il vangelo rappresenta piuttosto la liberazione dalla Legge: «Ama e fa' ciò che vuoi», come per tutti sentenziò Agostino (Commento alla Prima Lettera di Giovanni 7,8). Eppure grazie all'amore, quella Legge, impossibile da osservare, finisce con l'essere osservata fin nei minimi dettagli. Il vangelo infatti non abolisce la Legge, ma la compie; è osservanza non di chi è perfetto e virtuoso, ma di chi ama, Dio sopra ogni cosa e il prossimo suo come sé stesso (Lc 10,27), perché amato (Lc 10,33-34): osservanza compiuta nella dolcezza di un cuore mite (Mt 11,29-30) e che non giudica nessuno (Gv 3,17; Fil 2,3), in un'affettività guarita dalle proprie ferite. Il cielo e la terra stessi sono espressione di questa legge perfetta: tutto il creato infatti è dono di Dio e si mantiene in essere in quanto esso stesso a sua volta si dona. Quel che la natura è inconsapevolmente, l'uomo è chiamato ad essere volontariamente: divenendo così realmente simile a Dio.

Forse non è un caso che la prima grande predicazione di Gesù si chiami "Discorso della montagna"! Mosè salì sul monte Sinai per ricevere la legge di Dio e portarla al popolo eletto. Gesù è il Figlio stesso di Dio che è disceso dal Cielo, risorto rimane sacramentalmente presente per portarci al Cielo, all'altezza di Dio, sulla via dell'Amore. Lui stesso è questa via: non dobbiamo far altro che seguire, assimilarci a Lui, per mettere in patica la volontà di Dio ed entrare nel suo Regno, nella vita eterna. Le apparizioni della Madonna sono pure un grande aiuto. 

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