Benedetto XVI, nel centenario della nascita di Giovanni Paolo II, descrive la sua santità come un padre che ci mostra la misericordia e la bontà di Dio nelal verità
Benedetto XVI nel testamento spirituale "Che cos'è il cristianesimo" ci presenta la santità di Giovanni Paolo II come un padre che ci mostra la misericordia e la bontà di Dio. Benedetto vi aggiunge "nella verità, cioè in Cristo" – da pag. 170 a pag.175
Già da operaio iniziò a studiare teologia su vecchi libri di testo, di modo che poté essere ordinato sacerdote il 1novembre 1946. Tuttavia, imparò la teologia non solo dai libri, ma anche traendo utili insegnamenti dal contesto specifico (Tradizione costitutiva come la Bibbia) in cui lui e il suo paese si trovavano. Questo sarebbe stato un tratto peculiare che avrebbe contraddistinto tutta la sua vita e attività. Impara dai libri (soprattutto dalla Bibbia), ma vive anche di questioni attuali che lo tormentano. Così, per lui giovane vescovo -da 1958 vescovo ausiliare e dal 1964 arcivescovo di Cracovia – il Concilio Vaticano II fu la scuola di tutta la sua vita e del suo lavoro. Le importanti questioni che emersero, soprattutto quelle relative al cosiddetto Schema XIII nel rapporto salvezza e progresso -la successiva Costituzione Gaudium et spes -, furono le sue domande personali. Le risposte elaborate al Concilio mostrarono l'indirizzo che avrebbe dato al suo lavoro prima da vescovo e poi da papa.
Quando il 16 ottobre 1978 il cardinale Wojtyla fu eletto successore di Pietro, la Chiesa si trovava in una situazione drammatica. Le deliberazioni del Concilio furono presentate in pubblico come una disputa sulla fede stessa, che sembrava così priva del suo carattere di certezza infallibile e inviolabile. Per esempio, un parroco bavarese descrisse la situazione con le seguenti parole: "Alla fine siamo caduti in una fede sbagliata". Questa sensazione che nulla più fosse certo, che tutto potesse essere messo in discussione, fu ulteriormente alimentata dal modo in cui fu condotta la riforma liturgica. Alla fine sembrava che anche nella liturgia si potesse tutto. Paolo VI condusse il Concilio con vigore e decisione fino alla sua conclusione, dopo la quale affrontò problemi sempre più difficili, che alla fine misero in discussione la Chiesa stessa. I sociologi dell'epoca paragonavano la situazione della Chiesa a quella dell'Unione Sovietica sotto Gorbaciov, dove nella ricerca delle riforme necessarie l'intera potente immagine dello Stato sovietico alla fine crollò.
Così, dinanzi al nuovo papa si presentò di fatto un compito assai arduo da affrontare con le sole capacità umane. Fin dall'inizio, però, si rivelò in Giovanni Paolo II la capacità di suscitare una rinnovata ammirazione per Cristo e per la sua Chiesa. In principio furono le parole pronunciate per l'inizio del suo pontificato, il suo grido: "Non abbiate paura! Aprite, anzi, spalancate le porte a Cristo!". Questo tono caratterizzò tutto il suo pontificato rendendolo un rinnovatore e liberatore della Chiesa. Questo perché il nuovo papa proveniva da un paese dove il Concilio era stato accolto in modo positivo. Il fattore decisivo non fu quello di dubitare di tutto, ma di rinnovare tutto con gioia.
In 14 encicliche presentò in modo nuovo la fede della Chiesa e il suo insegnamento umano. Inevitabilmente, quindi, suscitò opposizione nelle Chiese d'Occidente piene di dubbi.
Oggi mi sembra importante indicare il centro giusto dal quale leggere il messaggio contenuto nei diversi testi, il quale si pose all'attenzione di noi tutti nell'ora della sua morte. Papa Giovanni Paolo II è morto nelle prime ore della Festa della Divina Misericordia istituita da lui stesso. Vorrei inizialmente aggiungere qui una piccola nota personale, che ci mostra qualcosa di importante per comprendere l'essenza e la condotta di questo papa. Fin dall'inizio, Giovanni Paolo II rimase colpito dal messaggio della suora di Cracovia Faustina Kowalska, che aveva presentato la misericordia di Dio come il centro essenziale di tutta la fede cristiana, e aveva voluto istituire la festa della Divina Misericordia. Dopo le consultazioni, il papa previde per essa la Domenica in albis. Tuttavia, prima di prendere una decisione definitiva, chiese il parere della Congregazione per la Dottrina della Fede per valutare l'opportunità di tale scelta. Demmo una risposta negativa ritenendo che una data così importante, antica e piena di significato come la Domenica in albis non dovesse essere appesantita da nuove idee. Per il santo padre, accettare il nostro "no" non fu certo facile. Ma lo fece con tutta umiltà e accettò nostro secondo "no". Infine, formulò una proposta che, pur lasciando alla Domenica in albis il suo significato storico, gli permise di introdurre la misericordia di Dio nella sua accezione originaria. Ci sono stati spesso casi in cui rimasi impressionato dall'umiltà di questo grande papa, il quale rinunciava alle sue idee favorite quando non c'era il consenso degli organi ufficiali, che – secondo l'ordine classico, doveva essere richiesto.
Quando Giovanni Paolo II esalò l'ultimo respiro in questo mondo, si era già dopo i primi Vesperi della festa della Divina Misericordia. Ciò illuminò l'ora delal sua morte: la luce della misericordia di Dio rifulse sulla sua morte come un messaggio di conforto. Nel suo ultimo libro Memoria e identità, apparso quasi alla vigilia della sua morte, il papa presentò ancora una volta brevemente il messaggio della misericordia divina. In esso egli fece notare che suor Faustina morì prima degli orrori della seconda guerra mondiale, ma aveva già diffuso a risposta del Signore a questi orrori. " Il male non riporta la vittoria definitiva! Il mistero pasquale conferma che il bene, in definitiva, è vittorioso; che la vita sconfigge la morte e sull'odio trionfa l'amore".
Tutta la vita del papa fu incentrata su questo proposito di accettare soggettivamente come suo centro oggettivo della fede cristiana – l'insegnamento della salvezza -e di consentire agli altri di accettarlo. Grazie a Cristo risorto, la misericordia di Dio è per tutti. Anche se questo centro dell'esistenza cristiana ci è dato sola dalla fede, esso ha anche un significato filosofico, perché -dal momento che la misericordia divina non è un dato di fatto – dobbiamo anche fare i conti con un mondo in cui il contrappeso finale tar il bene e il male non è riconoscibile. In definitiva, al di là di questo significato storico oggettivo, tutti devono indispensabilmente sapere che la misericordia di Dio alla fine si rivelerà più forte della nostra debolezza. Qui dobbiamo trovare l'unità interiore del messaggio di Giovanni Paolo II e le intenzioni fondamentale di papa Francesco: contrariamente a quanto talvolta, si dice, Giovanni Paolo II non fu un rigorista della morale. Dimostrando l'importanza essenziale della misericordia divina, egli ci dà l'opportunità di accettare le esigenze morali poste all'uomo, benché non potremo mai soddisfarle pienamente. I nostri sforzi morali vengono intrapresi sotto la luce della misericordia di Dio, che si rivela essere una forza che guarisce la nostra debolezza.
Durante il trapasso di Giovanni Paolo II, Piazza San Pietro era pieno di persone, soprattutto di giovani, che volevano incontrare il loro papa per l'ultima volta. Non dimenticherò mai il momento in cui l'arcivescovo Leonardo Sandri annunciò la scomparsa del papa. Soprattutto non scorderò il momento in cui la grande campana di San Pietro rivelò questa notizia. Il giorno del funerale del Santo Padre si potevano vedere moltissimi striscioni con la scritta "Santo subito…". Fu un grido che, da tutte le parti, sorse dall'incontro con Giovanni Paolo II. E non solo in Piazza San Pietro, ma in vari circoli di intellettuali si era discusso sulla possibilità di concedere a Giovanni Paolo II l'appellativo di "Magno".
La parola "santo" indica la sfera divina, e la parola "magno" indica la dimensione umana, Secondo i principi della Chiesa, la santità viene valutata sulla base di due criteri: le virtù eroiche il miracolo. Questi due criteri sono strettamente collegati tra di loro. Il concetto di "virtù eroiche" non significa un successo olimpico, ma il fatto che quello che è dentro e attraverso una persona è visibile e non ha una fonte nell'uomo stesso, ma è ciò che rivela l'azione di Dio dentro e attraverso di lui. Non si tratta di competizione morale, ma di rinunciare allapropria grandezza. Si tratta di rendere visibile attraverso di sé l'azione e la potenza di Dio anche in bambini e in persone limitate.
Lo stesso vale per il criterio del miracolo. Anche qui non si tratta di qualcosa di sensazionale, ma del fatto che la bontà guaritrice di Dio diventa visibile inun modo che supera le capacità umane. Un santo è un uomo aperto, penetrato da Dio. Un santo è una persona aperta a Dio, permeata da Dio. Un santo è uno che non concentra l'attenzione su se stesso, ma ci fa vedere e riconoscere Dio. Lo scopo dei processi di beatificazione e canonizzazione è proprio quello di esaminarlo per quanto è possibile secondo le norme della legge. Per quanto riguarda Giovanni Paolo II, entrambi i processi sono stati eseguiti rigorosamente secondo le regole vigenti. Così ora e gli si presenta davanti a noi come un padre che ci mostra in sé e verso gli altri la misericordia e la bontà di Dio.
È più difficile definire correttamente il termine di "magno". Durante i quasi due mila anni di storia del papato, l'appellativo "magno" è stato adottato solo con riferimento a due papi: a Leone I (440-461) e Gregorio I (590-604). La parola "magno" ha un'impronta politica presso entrambi, ma nel senso che, attraverso i successi politici, si rivela qualcosa del mistero di Dio stesso: Leone Magno, in una conversazione con il capo degli unni Attila, lo convinse a risparmiare Roma, la città degli apostoli Pietro e Paolo. Senza armi, senza potere militare o politico, riuscì a persuadere il terribile tiranno a risparmiare Roma grazie alla propria convinzione della fede. Nella lotta dello spirito contro il potere, lo spirito si dimostrò più forte.
Gregorio I non ottenne un successo altrettanto spettacolare, ma riuscì comunque a salvare più volte Roma dai longobardi – anche lui, contrapponendo lo spirito al potere, riportò la vittoria dello spirito.
Quando confrontiamo la storia di entrambi con quella di Giovanni Paolo II, la somiglianza è innegabile. Anche Giovanni Paolo II non aveva né forza militare né potere politico. Nel febbraio 1945, quando si parlava della futura forma dell'Europa e della Germania, qualcuno fece notare che bisogna tener conto anche dell'opinione del papa. Stalin chiese allora: "Quante divisioni ha il papa?". Naturalmente non ne aveva. Ma il potere della fede si rivelò una forza che, alla fine del 1989, sconvolse il sistema di potere sovietico e permise un nuovo inizio. Non c'è dubbio che la fede del papa sia stata un elemento importante per infrangere questo potere. E anche qui possiamo certamente vedere la grandezza che si manifestò nel caso di Leone I e Gregorio I.
La questione se in questo caso l'appellativo "Magno" sarà accettato o meno deve essere lasciata aperta. È vero che in Giovanni Paolo II la potenza e la bontà di Dio sono diventate visibili a tutti noi. In un momento in cui la Chiesa soffre di nuovo per l'assalto del male, egli è per noi un segno di speranza e di conforto.
Caro san Giovanni Paolo II, prega per noi!
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