Discorso di Pio XII su Santa Francesca Saveria Cabrini
Discorso di Pio XII – Martedì, 9 luglio 1946
Un'eroina dei tempi moderni
Una mirabile epopea di lotte e di vittorie spirituali può ben dirsi, dilette figlie Missionarie del S. Cuore di Gesù, la carriera terrena della vostra Madre Francesca Saverio Cabrini, immagine della donna forte, conquistatrice, con passi arditi ed eroici, del mondo attraverso il corso della sua vita mortale, ed ora esaltata al fastigio della gloria dei Santi quaggiù, ove al nostro occhio non è dato né d'immaginare, né di comprendere lo splendore dei beati nel soggiorno del cielo. Noi la vediamo, questa eroina dei tempi moderni, apparire in mezzo a noi, sorgere come una stella da un umile paese lombardo, elevarsi nella sua luce e varcare gli oceani, spargendo per ogni dove il calore dei suoi raggi, e suscitando intorno a sé la meraviglia dei popoli. Quando Iddio folgora sul mondo i lampi delle gesta dei santi, sceglie qualcuna delle anime riccamente dotate dalla natura, santamente ardenti, non timide dell'altezza della missione a cui le destina; o meglio, — perché questo sarebbe un parlare alla maniera umana, — Egli stesso, nell'arcano consiglio della sua Provvidenza, elargendo loro a profusione i doni della natura e della grazia, le prepara, le forma, le avvia, le illumina, le conforta e le sostiene per farle ministre e collaboratrici dei suoi vasti disegni. Mirate il meraviglioso ardore di natura e di grazia posto da Dio in colui, che doveva essere l'Apostolo e il Dottore delle genti, e che tanto lavorò e si affaticò nella diffusione del Vangelo. Guardate l'altro Apostolo, il Saverio, che la vostra Madre elesse per patrono, assumendone e facendone suo il nome, perché le sembrava di vedere e trovare in lui l'ideale modello della sua vita. Ma concentrate poi il vostro sguardo in lei stessa: quale altezza e forza d'animo! quale elevatezza e comprensione di pensieri! quale insaziabile sete di conquiste ! Quale ricchezza ed estesa generosità di amore verso ogni bisogno dell'umanità! Che facciamo Noi, affermando questo concorso e questa cooperazione dei valori umani e delle aspirazioni della creatura con l'azione e l'opera onnipotente del Creatore? Contraddiciamo forse alla grande disposizione della mente divina, che suole eleggere le cose deboli del mondo per confondere le forti (cfr. 1 Cor. 1, 27)? No; perché le cose deboli e inferme del mondo si mutano e si corroborano sotto la mano di Dio, che talora le occulta, finalmente lavorandole, migliorandole e rinvigorendole. Così avviene che i doni, da Lui nascosti nei suoi eletti, il Signore sembra talvolta renderli infecondi, e quasi rovinati e perduti; quel fuoco, prima acceso nel loro cuore, pare che voglia estinguerlo, privandolo di ogni alimento. Ma non scorgete voi che Colui, il quale ha donato al grano di frumento la sua fecondità, lo seppellisce prima sotterra, ve lo lascia quasi morire, perché poi sorga e riviva in fruttuose spighe dorate? Anche un bel blocco di marmo, ma greggio, scelto per la sua finezza e per la bellezza della sua venatura, l'artista, dopo averlo tagliato, scolpito, apparentemente mutilato, lo pone sulla sommità del tempio a nobile suo ornamento.
Non dissimile è la storia di Francesca Saverio Cabrini.
Trasformazioni spirituali
2. - Forte e soave è il lavorio del Signore nel formare i suoi santi e renderne le anime più conformi che mai alla immagine del Figlio suo (cfr. Rom. 8, 29), incarnatosi per la nostra salute, che non disdegnò i patimenti e i disagi umani fin dalla sua fanciullezza; passando dalla grotta di Betlemme all'Egitto, dall'Egitto al nascondimento nella bottega di Nazareth, pur sempre pensando alle cose del Padre suo celeste, nelle quali conveniva che egli fosse (cfr. Luc. 2, 49). Tale vita nascosta di Cristo non era rinunzia o ritardo dell'opera sua di Maestro di verità e di santità per tutto il genere umano: nell'umiltà e nell'esempio di lavoro dei suoi primi anni era un Maestro silenzioso, non meno grande e divino. A Lui teneva fisso lo sguardo la giovane Francesca Cabrini; e nei primordi delle sue aspirazioni devote, meno generosa e meno umile, avrebbe gridato alto la sua delusione, ma non dubitò di sottomettersi di pieno cuore, con tutto lo slancio della vivace sua natura, a tal segno che, mentre tutto ciò, che era di lei, a mano a mano pareva andasse crollando, tutto ciò, che in lei era di Dio, si purificava, si svolgeva, cresceva e rinvigorendosi predominava.
Nel suo carattere spontaneo e affettuoso, poco è il dire che la morte prematura dei suoi genitori le apriva l'animo a maggior tenerezza in mezzo ai suoi cari ; fa d'uopo però ch'ella nel suo spirito e nella sua natura sia foggiata e plasmata dal cuore senza dubbio amante, ma insieme dalle mani forti e rudi della sua sorella Rosa. L'occhio suo spazia fuori del casolare paterno, sul mondo: ella sogna una vita religiosa dai fervori mistici e un apostolato dai larghi orizzonti; ma alla fanciulla troppo gracile rimane chiusa la Congregazione, che avrebbe meglio corrisposto alle sue aspirazioni, perché tutta dedicata al Cuore appassionatamente amato di Gesù. Conviene invece che entri in un Istituto dallo spirito stretto, dal cuore freddo, senza ordinamento, senza unione, senza carità: nel suo adattarvisi, appare mirabilmente dotata per governare, eroicamente disposta ad obbedire, tanto che l'obbedienza la mette alla testa di quella strana comunità, superiora tiranneggiata e trattata da intrusa. In tale condizione di vita procederà tutta la sua formazione religiosa; ma da questo inverosimile noviziato, sotto la mano di quel Dio che trasforma, perfeziona, assimila a sé e con la sua grazia sublima le anime secondo il suo benigno consiglio, voi vedrete uscire la « piccola donna » dal carattere fortemente temprato. Quale trasformazione spirituale! Ella, che non sapeva se non ubbidire, pregare e tacere, ascoltando quel che dicevano le sue compagne dal cantuccio in cui se ne stava a lavorare; che non osava levar gli occhi da terra per timore di venir meno alla modestia; comprese un giorno che gli occhi era in dovere di tenerli bene aperti per il buon andamento dell'Istituto; e d'allora in poi nulla ebbe più il potere d'intimorirla o di scuoterne i propositi.
Di fatto quale cosa o chi mai potrà farla indietreggiare di un passo nella via da lei intrapresa? Ardire e coraggio, previdenza e vigilanza, avvedutezza e costanza la rendono tetragona in ogni cimento. Contro di lei non valgono a fermarla nel suo avanzamento né le autorità più venerande, ai rifiuti delle quali ella oppone imperturbabilmente la missione o il beneplacito ricevuto dalla S. Sede; né i poteri civili, che si arrendono dinanzi a lei; né gli uomini di legge, ai quali ella tien testa, e di cui sventa i cavilli con la precisione dei suoi contratti e la fermezza delle sue rivendicazioni, né i maestri dell'arte e dei mestieri, architetti, ingegneri, imprenditori e operai, ai quali ella comanda e talvolta le accade di sostituirsi. Le difficoltà economiche non l'arrestano né le scemano l'ardimento. La diffidenza in lei stessa diventa nel suo cuore immensa confidenza in Dio, appoggiata alla quale senz'altri mezzi compra, mobilia, allestisce in ospedali, in collegi, in case di opere, alberghi, palazzi, castelli. Nell'espansione del suo ardore per il bene altrui non dubitò ella forse, con un misero fondo di cassa, di intraprendere coraggiosamente l'istituzione di una scuola popolare per centinaia e centinaia di bambini?
Nemmeno gl'instabili elementi della natura Francesca paventerà : ella, che al ricordo di un incidente occorsole nella sua fanciullezza, tremava. incontrando un rigagnolo d'acqua; ella, che, legata per tradizioni di famiglia al suo paese lombardo, non avrebbe sofferto senza uno sforzo doloroso di perdere di vista la cima del campanile del nativo S. Angelo. Ma la grazia e la vocazione divina vince in lei ogni timore e ogni separazione : eccola che imperterrita attraversa diciannove volte l'oceano, costeggia due volte le sponde del Pacifico, tre volte quelle dell'Atlantico nell'infuriare di terribili tempeste, e non timida degli sconvolgimenti convulsi di un mare, sulle cui onde galleggiano gli avanzi di velieri naufragati, canta le grandezze di Dio nelle opere sue. Voi la vedete percorrere e solcare in tutti i sensi i due emisferi del globo; varcare la Cordigliera delle Ande, e là, in una salita, al cui pericolo tremavano le stesse guide, voi la scorgete provare nella sua natura il primo deliquio, ma non svenire che pochi istanti dopo fatto il salto.
Potente fu in lei il lavorio della grazia, che la fece più che donna, e nei provvidenziali avvenimenti dell'operosissima sua vita volle come richiamare e rinnovare il ricordo dell'Apostolo Paolo, dei suoi naufragi, dei suoi innumerevoli viaggi, coi pericoli dei flutti, pericoli degli assassini, pericoli dei gentili, pericoli nelle città, pericoli nei deserti, pericoli nel mare, con le fatiche e le pene, la fame e la sete, il freddo e il caldo, senza parlare delle quotidiane cure per le sue numerose famiglie e comunità (cfr. 2 Cor. 2, 23-28).
Apostolato prodigioso
3. – Nel succedersi di tante multiformi vicende e imprese della sua vita, Francesca sentì la forza delle trasformazioni, che del suo carattere e del suo temperamento andava facendo lo scalpello di Dio nel sodo marmo della sua persona, per metterne in luce tutti i pregi di virtù e di ricchezze spirituali; trasformazioni che penetravano nell'intimo di lei e delle sue aspirazioni per mutare anche il suo ideale, martellato e variato secondo il disegno divino col cesello delle contraddizioni. Eppure il suo ideale era bello e generoso: essere la missionaria del Cuore di Gesù fra le popolazioni della Cina! Ma davanti agli ostacoli esso non svanirà; si compirà, diventerà più bello e più fulgido, più ampio e potente, senza paragone, di quel ch'era stato concepito dall'inizio. La Provvidenza, che dove accenna il cammino, non sempre avvia, sembra compiacersi di dissipare anche i devoti sogni e le accese brame che il cielo ispira, a quel modo che il sole, procedendo al suo meriggio, discioglie e disperde le rosate nuvole della sua aurora. Francesca aveva sognato tutto l'estremo Oriente. Ma Dio rovesciò i disegni di lei, e tutto l'Occidente, l'estremo Occidente soprattutto, dall'uno all'altro polo, divenne il vastissimo continente del suo apostolato. Nei suoi ardenti sogni ella aveva veduto i pagani della civiltà più antica, adoratori degli idoli, il suo campo di azione sarà invece nel seno della civiltà moderna dell'Europa e ultramoderna delle Americhe, fra i cristiani e particolarmente fra i cristiani indifferenti, adoratori dei beni e dei godimenti materiali. Ivi la gran donna missionaria farà prima presagire, poi conoscere, adorare, amare e servire il Cuore di Gesù, della cui devozione diventa la propagatrice più e meglio di quanto avesse mai pensato, mirando ad essere in ogni luogo la dispensatrice dei suoi benefici, quasi vivo riflesso della bontà di Lui. Il consiglio divino, che la guida, fa di ordini e contrordini, di occasioni, apparentemente fortuite, favorevoli o sfavorevoli, di concorsi che si offrono in aiuto, di ostilità che si oppongono, di miserie che si incontrano, altrettanti interventi provvidenziali, che, mentre ad ogni istante sconcertano e sconvolgono le sue vedute e i suoi disegni, vi sostituiscono opere incomparabilmente più belle e migliori nella loro innumerevole varietà.
Non sembra forse sconcertare ogni nostra aspettazione il contemplare sul principio il suo zelo impaziente confinato fra le quattro mura di una piccola scuola comunale di villaggio? Ma non temete: dalle minime cose cominciano quelle che si fanno della massima grandezza. In quell'umile scuola alla religiosa maestra rifulgeva il lampo dell'educazione della gioventù, che le apriva e illuminava una immensa visione futura e un orizzonte che la conquistava, in cui vedeva sorgere la scuola, l'orfanotrofio, il laboratorio di Codogno, e in Codogno la culla del grande Istituto già disegnato nei consigli divini. Poi la scuola normale per formare e istruire giovani insegnanti, che moltiplicheranno in tal guisa la sua propria azione e quella delle sue figlie. Codogno fu pertanto a Francesca Cabrini e alla sua Congregazione religiosa l'Oriente sognato, che dalla carità di Cristo, ignara di confini e tutto abbracciante, fu cambiato in pensiero a pro dell'Occidente. Mirate l'ardito e operoso volo di tale pensiero, che da Codogno attraversa l'Europa, varca l'Atlantico e va a gente che di là al pari del sole l'aspetta. È un Oriente che spande luce, è un pensiero che si diffonde, è un fiume che straripando riversa le sue acque per ogni via e ogni regione della convivenza sociale. È uno straripamento meraviglioso per ogni forma di scuola e per tutti i gradi d'insegnamento, a Milano, a Roma, con fondazioni che si succedono più o meno dappertutto in Italia. Ma dall'Italia all'America, dopo il suo arrivo, Francesca aspira a ben più larghe e numerose imprese davanti alle colonie degli emigrati italiani, nelle quali le par di vedere altrettante « piccole Italie », dove l'opera dell'educazione non è più bastevole ai bisogni e alle strettezze. Tutti si rivolgono a lei, in cui ammirano il genio cristiano di bontà e di beneficenza: alle chiamate di ogni sorta occorre rispondere con ogni sorta di opere. Ecco allora alle scuole povere, ai collegi di educazione superiore, aggiungersi gli oratori festivi, gli orfanotrofi, poi gli ospedali e le cliniche, quindi l'apostolato delle prigioni, l'apostolato nell'Alasca, e, durante l'altra guerra mondiale, la cura dei soldati e dei feriti, dei quali elle raccoglie le bambine. Quanti viaggi, che per lei diventano missioni, dove il suo zelo semina ed edifica, si espande e arriva con tenerezza alle grandi Dame di Parigi e di Madrid, alle orfanelle povere dell'aristocrazia spagnuola, alle piccole emigrate italiane di Londra, e, come un sorriso dei suoi primi sogni, ai « mosquitos » delle riserve indiane dell'America centrale!
Il suo pensiero giganteggiava nel fare il bene, ma non meno in lei si ampliava, dilatando il suo cuore, la sete delle anime, che una volta fece scrivere alla nostra Santa: « Io sento che il mondo intero è troppo piccolo per soddisfare i miei desideri ». Nel leggere queste parole, Ci son tornate alla mente, per ragioni di contrasto, quelle che Shakespeare mette in bocca a Porzia (The Merchant of Venice, i , 2) : « My little body is a-weary of this great world ». Il mio piccolo corpo è stanco di questo gran mondo! In Francesca si manifesta l'ardore di zelo e di santità, che vuole abbracciare il mondo intero, troppo ristretto per le sue brame; in Porzia è raffigurata la sterile tristezza di molti cuori femminili, che pur in mezzo alla sovrabbondanza delle ricchezze terrene, sentono il tedio del mondo né sanno sollevarsi a maggiori altezze.
Fervori mistici
4. – Oh profani, che non possedete le nozioni delle cose di Dio, non meravigliatevi di vedere questa donna di azione multiforme congiungere alla sua vita esteriore, tanto mossa e operosa, una vita interiore e contemplativa di una rara intensità e fervore. Qui sta veramente il segreto del suo prodigioso apostolato. Infiammata al contatto permanente del Cuore di Gesù, autore della grazia, e del Cuore di Maria, madre di grazia, porta nel suo cuore quel fuoco ardente che non dice mai: « basta » (cfr. Prov. 30, 16), e che fin dalla prima giovinezza la conquistò alla pietà, alla devozione, al servizio di Cristo, cui si dedicò con ammirabile generosità. Divenuta religiosa, il suo intelletto si allargò e distese a nuovi pensieri, e sorpassando tutto ciò che la circondava, concepì nella preghiera quella grande idea, che doveva farla madre di un nuovo consorzio di figlie amanti del Cuore di Gesù. All'orazione aggiungendo lo studio di costituzioni religiose e di insigni opere ascetiche, scrisse la propria regola, nominandola delle Missionarie del S. Cuore di Gesù, titolo che seppe difendere e mantenere con sapiente fermezza. Perché in questo titolo vibrava quello zelo per la salute delle anime, che accendendole il cuore, lo spronava alla preghiera e ad offrire anche ogni sofferenza e patimento e azione in ogni parte del mondo per adunare adoratori fedeli del divin Cuore.
Fra le sue virtù eroiche eroicissima era in lei la carità di Cristo. Il suo cuore, scevro di ogni attaccamento a sé stessa e alle cose del mondo, trovava ogni sua ricchezza e pace e felicità in Cristo, che stava e dimorava nell'anima sua, mentre l'anima sua pur rimaneva nel Cuore di Gesù. Quale intima e sovrumana unione la stringeva al suo Diletto, che adorava sugli altari, esaltandosi come in estatica contemplazione davanti a Lui! A chi la vide parve un serafino del cielo, e che sublimata in Dio non si curasse più di nulla degli affari di questa terra. Di tale amore eucaristico mirò ad accendere le sue figlie, infondendo loro una confidenza illimitata nella potenza del Cuore di Gesù, per trasformarle in anime simili alla sua, e farle obbedienti, tranquille, pronte e preste ad ogni ufficio e fatica, che richiedesse la perfezione dell'opera e della vita religiosa. Nella sua vigilanza di superiora saggia e conoscitrice dei molti rami dell'insegnamento e dei diversi caratteri della gioventù femminile, guidava le direttrici delle scuole, dei collegi e di ogni casa da lei istituita con mano franca, con avvertimenti illuminati, con quella dolcezza e serenità di modi, che fa gradita anche ogni punta di osservazione in apparenza severa.
Mitezza e umiltà di cuore Francesca aveva profondamente apprese dal divin Maestro in quella grande lezione: « Imparate da me che sono mite e umile di cuore e troverete riposo alle anime nostre » (Matth. 11, 29). Perciò sul suo stendardo volle scritto : « Imitazione di Cristo ; abnegazione dell'amor proprio; custodia del cuore; i tre sacri vincoli dell'obbedienza, della povertà, della castità ». Così il Cuore di Gesù fu dato da lei alla sua Congregazione come divino modello di perfezione, che deve essere conseguita con le vittorie dell'amor proprio e con la guardia del proprio cuore; e in tale vigilanza sugli affetti e sul trattare anche con le sue figlie, e non solo con le persone esterne, la virtuosa madre sparse per tutta la sua vita in tutte le circostanze, in tutti i luoghi di qua e di là dell'Atlantico, mirabili esempi di virtù, di moderazione e di vigile affabilità. Con quale materna sapienza ammonisse e crescesse non solo fin dal noviziato le sue figlie, ma anche le fanciulle e le studenti delle molteplici e varie sue scuole e collegi, parlano molte sue .lettere e vari suoi scritti, dove la gran donna manifesta in modo vivo il suo animo, la sua prudenza, le sue aspirazioni dì opere e di virtù, i suoi alti propositi nel progresso più ardente di santità religiosa e di azione educativa e benefica, sostenuta come si sentiva da tutta la fiducia del Nostro grande Predecessore Leone XIII, del quale l'esser figlia le dava ogni forza e ardimento e l'assicurazione di avere lo spirito di Dio, come aveva udito da Lui.
Fra le Sante dell'età nostra Francesca Saverio Cabrini grandeggiò non solo per instancabile operosità e beneficenza verso tutti i poveri e gli infelici, ma ancora per tutte quelle virtù che fanno di una Superiora religiosa l'esemplare della sua Congregazione e delle regole da lei dettate per le sue figlie. Maestra come suddita nell'insegnare e nel praticare l'obbedienza, riserbando a sé, quand'era Superiora e comandava alle altre, umilissimi uffici e servigi, amò sommamente la povertà, quella povertà di spirito, a cui Dio suole dare per giunta i beni di questa terra, necessari alla vita per i suoi bisogni di opere e di bene.
La fede, operante per mezzo dell'amore (Gal. 5, 6), nella speranza dell'eterno premio in una vita oltremondana, sempre animò, guidò e sostenne lo spirito di lei nella grandiosa sua attività di Missionaria del Cuore di Gesù, finché questo medesimo Cuore non le concesse di riposare eternamente nelle fiamme del suo divino amore.
Invito celeste
5. – Moriva in America nelle pianure dell'Illinois, presso Chicago, il 22 dicembre 1917, quasi alla vigilia del S. Natale, di quella morte tranquilla e pacifica, senza spasimi di agonia, con cui un repentino invito celeste talvolta nei santi tramuta la terra di esilio nella beatitudine del premio. Francesca non troncava morendo la vita menata quaggiù : quell'unione di spirituale amore incontaminato, che fin dalla giovinezza l'aveva stretta come sposa al Cuore di Gesù, ella la continuò oltre la tomba ai piedi del Re dei secoli, nella gloria della Vergine Immacolata, in mezzo ai Santi, dove si asside celeste patrona della sua e vostra Congregazione, o. dilette figlie, e impetratrice di grazie per voi e per quanti la invocano dall'oriente all'occidente. Figlie di una tal Madre, levate lo sguardo al cielo, contemplatela negli splendori che la circondano, splendori di tutte quelle perfezioni e di quei carismi divini, che voi in lei vivente quaggiù avete ammirati.
Quale più prezioso consiglio potrebbe darvi il Nostro labbro e il Nostro affetto? Guardatela: studiate la via ch'ella ha percorsa per guidare voi quaggiù e avviarvi a seguirla lassù; è la via dello spirito di Dio; Noi la supplichiamo d'impetrarvi questo stesso spirito, d'insegnarvi ad attingerlo in sempre maggior copia alla medesima fonte, il Cuore di Gesù. In quella fonte divina voi ritroverete la vostra Madre e con la vostra Madre il vigore e il coraggio di battere il medesimo sentiero, sul quale ella vi ha lasciato le sante e gloriose sue orme.
Intanto, nella fiducia che questo spirito vi farà proseguire e accrescere l'opera da lei affidatavi in retaggio, impartiamo a voi, dilette figlie, a quante, persone e cose, sono sotto la vostra direzione, ai vostri benefattori e a tutti quelli che vi porgono aiuto e sostegno in tutto il bene che compite nel mondo, con particolare affetto la Nostra paterna Apostolica Benedizione.
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