Cio che commuove Dio, dice Peguy, e vedere la speranza degli uomini
Antonio Socci in "libero" - 17 dicembre 2022
Il dio mercato la Chiesa e l'anticristo
Le devastazioni della "guerra dei cent'anni" sono immense come la desolazione della Giovanna d'Arco di Charles Péguy. Le sue parole (nel "Mistero della carità di Giovanna d'Arco") traboccano della disperazione di tutte le guerre e di tutte le distruzioni: "tutti i nostri sforzi sono vani. La guerra è la più forte a fare la sofferenza".
La ragazza – che ancora è solo una pastorella sconosciuta – sembra annichilita dalla sproporzione: "Non occorre che un acciarino per bruciare una fattoria. Occorrono, sono occorsi degli anni per costruirla… Ci vogliono mesi e mesi, c'è voluto lavoro e ancora lavoro per far crescere una messe. E non ci vuole che un acciarino per dar fuoco a una messe. Ci vogliono anni e anni per far crescere un uomo, c'è voluto pane e ancora pane per nutrirlo, e lavoro e lavori di ogni genere. E basta un colpo per uccidere un uomo…".
Poi – amaramente – constata: "Noi saremo sempre i meno forti. Andremo sempre meno veloci… Noi siamo il partito di quelli che costruiscono. Loro sono il partito di quelli che demoliscono. Noi siamo il partito dell'aratro. Loro sono il partito della sciabola. Noi saremo sempre battuti. Loro avranno sempre la meglio su di noi".
Sono le desolate parole che Péguy fa dire alla ragazza. Eppure proprio lei, di lì a poco, sarà chiamata da Dio: lascerà la campagna, salirà su un cavallo e – senza uccidere – risolleverà il suo popolo guidandolo alla liberazione. Una strepitosa storia di santità (conclusa dal rogo su cui verrà arsa la giovane martire).
Ogni epoca ha quei "due partiti": il partito di chi lavora, costruisce, ama, crea, che deve sopportare un altro partito, quello di chi distrugge, demolisce, usa la violenza, odia e devasta. È il bipartitismo di sempre.
Ma da dove nasce il popolo dell'aratro? I "Misteri" che Péguy ha dedicato a Giovanna d'Arco – uno dei più travolgenti capolavori letterari del Novecento –mostrano meravigliosamente qual è la forza degli inermi, quella che porta i "senza potere" alla vittoria: la Speranza.
La Speranza è la vera protagonista della vita di tutti gli esseri umaniche affrontano ogni giorno la fatica del vivere, che lavorano, costruiscono, mettono al mondo dei figli, che affrontano il dolore e in particolare il dolore più immane (che Péguy ha provato): la sofferenza dei figli, il dolore degli innocenti.
La Speranza ha un'origine divina, tanto è vero che è una delle tre virtù teologali, le virtù che sono suscitate dalla grazia di Dio.
Ed è la piccola Speranza – dicono i poemi di Péguy – la bambina che prende per mano e si porta dietro, con la luce negli occhi, le due sorelle maggiori: la Carità, che è il grande ospedale che cura le ferite dell'umanità, e la Fede, la grande quercia piantata come una cattedrale sul suolo di Francia.
Per capire e gustare gli stupendi "Misteri" di Péguy si può leggere un piccolo e prezioso libro appena uscito di Paolo Prosperi, "Mistero dei misteri. La speranza secondo Péguy" (Morcelliana-Scholé).
Prosperi inizia con questa perla di Péguy: è Dio stesso che si commuove di noi, della speranza degli uomini, si stupisce della bellezza e della forza che la sua grazia suscita nell'animo dei suoi poveri figli. Questo miracolo quotidiano gli tocca il cuore.
Il Censis, sempre alla ricerca di parole-slogan, ha fotografato lo stato d'animo degli italiani di oggi con la parola "malinconia". C'è anch'essa. Ma ciò che stupisce e commuove Dio stesso è la speranza di tanti che ogni giorno costruiscono e amano. Il silenzioso popolo dell'aratro.
Antonio Socci
Da "Libero", 17 dicembre 2022
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