La Bussola per la nuova evangelizzazione
Monsignor Luigi Negri, "La Nuova Bussola" – 29 novembre 2022
Ripubblichiamo il primo editoriale de La Nuova Bussola Quotidiana il 29 Novembre 2012, scritto da monsignor Luigi Negri (1941-2021), allora vescovo di San Marino-Montefeltro. Monsignor Negri è stato un grande amico e padre per noi della Bussola e ha segnato in modo indelebile il nostro cammino di crescita. Per questo abbiamo anche raccolto i suoi interventi sulla Bussola nel libro "Indomabili - Perché certi che Cristo è con noi", uno strumento indispensabile per comprendere cosa è accaduto negli ultimi dieci anni e lo spirito con cui la Bussola è presente nel mondo dell'informazione.
Se la nuova evangelizzazione, a cui ci ha richiamato in maniera indimenticabile il beato Giovanni Paolo II fin dalle prime righe della Redemptor Hominis, costituisce la preoccupazione fondamentale della Chiesa nella situazione attuale del mondo e della società, bisogna anzitutto ricordare che la nuova evangelizzazione è un flusso di vita che dalla Chiesa si diffonde agli uomini che vivono in questo determinato periodo della storia, e a seconda che incontri aperture o chiusure provoca la comunicazione della fede o il rifiuto di essa.
La nuova evangelizzazione quindi è una chiamata che il Papa fa in prima persona a tutte le comunità ecclesiali perché ritrovino in maniera più profonda la coscienza della propria identità, della novità intellettuale e morale rappresentata dalla vita di Cristo in noi e dalla responsabilità di comunicare inesorabilmente questa novità fino agli estremi confini del mondo.
E questa comunicazione di vita, questa vita del popolo cristiano non è riducibile a nessuna misura o nessun condizionamento di carattere etnico, storico, culturale, perché nasce e rinasce incessantemente per opera dello Spirito Santo che – come ci ha ricordato il papa Benedetto XVI nei suoi interventi al Sinodo – è l'unico, vero, grande protagonista della Storia della Salvezza, alla cui opera gli uomini sono chiamati a collaborare con la totalità della loro intelligenza e della loro capacità affettiva.
Si apre quindi uno scenario di un'umile ma certa fiducia nel fatto che la Chiesa sta vivendo, sta ritrovando vita in situazioni anche così diverse, nel contesto mondiale di oggi. E le vive come un avvenimento di vita buona, una compagnia buona, una compagnia capace di accogliere l'uomo in tutte le sue dimensioni e in tutti i suoi bisogni. E del resto questa – come ho ricordato al Sinodo – è stata la grande resistenza ai totalitarismi della fine del XIX e di tutto il XX secolo. La Chiesa ha fatto la resistenza ponendosi come popolo ed esprimendo poi, da questa sua natura di popolo, linee dottrinali e socio-politiche. Ma la resistenza non è stata la resistenza di un'ideologia religiosa a ideologie di tipo ateistico. Quindi che si rinnovi l'esperienza nella Chiesa della fede ecclesiale, della fede in Cristo che - come ci ha ricordato Benedetto XVI – è la fede che si vive in un popolo.
Questa fede ecclesiale deve prendere oggi consapevolezza della sua irriducibile novità culturale, deve rivivere la grande e tradizionale certezza della fede che ha preso forme in maniera indimenticabile nel magistero di Giovanni Paolo II: se la fede non diventa cultura non è realmente accolta, pienamente vissuta, umanamente ripensata.
Occorre che investiamo liberamente, gratuitamente, rispettosamente la vita di ogni uomo del grande annuncio che Cristo è la via, la verità e la vita, la rivelazione definitiva di Dio e la rivelazione definitiva dell'uomo. E questa è la possibilità di penetrare dentro il tessuto della problematicità umana con criteri di lettura e di manipolazione che sono assolutamente unici e irriducibili a qualsiasi altra posizione ideologico-culturale.
Così e solo così la nuova evangelizzazione favorirà un dialogo, un dialogo vivo tra le posizioni culturali e religiose più diverse, perché – e questo ce lo ha ricordato benissimo il Papa, riecheggiando le parole della Dominus Iesus – il dialogo è espressione di un'identità forte: se i cristiani sono depositari di un'identità forte e la vivono, sono capaci di conoscere, di incontrare, di valorizzare, di giudicare. Il dialogo non è un indistinto e relativistico incontro-scontro in cui poi alla fine vince chi ha la maggioranza dei mezzi economici o comunicativi.
Questa è certamente la grande responsabilità che abbiamo oggi: a partire dalla nostra identità riaccendere il dialogo. E questo è certamente il motivo per cui è importante che ci sia La Nuova Bussola Quotidiana, chiamata a proseguire il lavoro iniziato due anni fa. Io ho sempre amato la Bussola Quotidiana fin dal suo inizio perché l'ho sentita uno strumento fondamentale di approfondimento della coscienza cristiana e di capacità di vivere il dialogo spassionato con tutte le posizioni umane dignitose, cioè affermate con dignitosa razionalità e con grande benevolenza."
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