Il Papa, 'Ormai è guerra totale'

Antonio Socci, in "Libero" – 11 settembre 2022

Oggi Alessandro Banfi ha scritto nella sua rassegna stampa: "Venerdì il più importante giornale economico italiano aveva rilanciato un'intervista all'economista Niall Ferguson, che insegna a Stanford. La domanda di fondo è quella angosciosa e che tutti gli osservatori economici si fanno nelle ultime settimane: come uscire dalla grande crisi dell'inflazione, della corsa dei prezzi del gas e del petrolio? Risposta di Ferguson: 'Oggi non serve Draghi – sintetizza con efficacia – ma Kissinger'. Cioè l'Europa e il mondo non hanno bisogno di politica monetaria o di price cap ma di diplomazia. Di pace". Quello che dice Ferguson conferma ciò che riporto in questo articolo.

 

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Ieri, ancora una volta, il Papa ha espresso la sua angoscia per la china che sta prendendo la guerra: "Ho detto che era una terza guerra mondiale a pezzi, ora è totale".

 

Ha ricordato che "il mondo era stato preservato dalla guerra atomica, purtroppo dobbiamo continuare a pregare per questo pericolo". Il pontefice ha sottolineato i "seri rischi per le persone e per il pianeta". Perciò ha esortato infinite volte a trattare.

 

Eppure nessuno dei governanti lo ascolta. Neanche si cercano spiragli. Non si parla proprio di pace. Si sentono solo urla di battaglia e minacce apocalittiche (Liz Truss, poco prima di diventare premier britannico, ha addirittura dichiarato che "è pronta" ad utilizzare le armi nucleari).

 

La guerra in Europa è il grande problema rimosso della campagna elettorale italiana. Eppure è da lì che ci arrivano i problemi economici e sociali più grossi, che in autunno potrebbero diventare devastanti, fino a mettere in ginocchio la nostra economia, causando milioni di disoccupati.

 

Dove sono finite la politica e la diplomazia, si è chiesto a più riprese Henry Kissinger? Possibile che Usa e Russia, che hanno trattato perfino al tempo del comunismo e della guerra fredda, non sappiano più parlare, ma vogliano solo combattersi senza cercare un filo di dialogo?

 

Oggi dai governi arrivano solo parole di guerra. Anche quelli europei sono incapaci di qualunque iniziativa diplomatica. Così faranno pagare ai loro popoli un prezzo pesante, probabilmente insostenibile.

 

L'unico fra i premier e gli ex premier che ha osato prospettare quello che molti auspicano, ma non hanno il coraggio di dire apertamente, è stato Silvio Berlusconi che pochi giorni fa, a "Porta a porta", ha chiesto "una mediazione per arrivare alla fine della guerra". Ha spiegato che servirebbero delle personalità politiche che, potendo interloquire con Putin e con Zelensky, possano "convincere i due a trovare un accordo e porre fine a questa guerra",

 

A Bruno Vespa che gli ha chiesto se lui personalmente si sentirebbe in grado di "fare dei passi su Putin per ricondurlo alla ragionevolezza", il Cavaliere ha risposto: "io credo che ci sia una persona che potrebbe operare al mio posto o con me: la signora Angela Merkel. Con lei io mi sentirei in grado di tentare un convincimento".

 

Purtroppo proposte come questa non hanno eco nel dibattito politico, italiano o europeo, dove sono tutti timorosi di appoggiare un'iniziativa per la pace che contrasti con i voleri di Washington.

 

Ma per l'Italia e per molti Paesi europei, già ora e ancor più in autunno, la pace è una questione di vita o di morte economica. La guerra oggi non colpisce solo gli ucraini, ma anche noi. Lo ha spiegato venerdì il governatore della Banca d'Italia, in un intervento che non a caso è stato ignorato dai media e dai politici.

 

Ignazio Visco ha detto che la guerra in Ucraina, "sta mettendo a repentaglio l'assetto economico e finanziario emerso dalla fine della guerra fredda" e che "a un certo punto bisognerà avere la capacità di convocare tutti attorno a un tavolo, per riflettere come affrontare quei gravi problemi. Ovviamente" ha precisato per evitare di farsi accusare di putinismo "ci sono punti fondamentali, anche sui valori, che non possiamo trascurare". Ma "non si può in ogni caso abbandonare la cooperazione internazionale" e non si può tornare a "mondi divisi in blocchi. È uno sforzo molto importante e necessario".

 

Considerato lo stile felpato di Bankitalia sono parole molto significative e "dissonanti" rispetto al coro: "convocare tutti attorno a un tavolo" è esattamente quello che fino ad oggi non si è voluto fare.

 

Finora si è andati allo scontro frontale e il risultato è disastroso. Draghi, in una nota conferenza stampa, chiese: "volete il riscaldamento o la pace?". Oggi non abbiamo la pace e non avremo neanche il riscaldamento.

 

Ma neppure l'energia per le fabbriche, così finiremo per non avere più nemmeno il lavoro. Avremo la guerra e un'Italia al collasso. La strategia draghiana è dunque fallita.

 

L'allarme di Visco è chiaro e il suo incitamento a trattare deve essere preso sul serio. Perché senza fermare la guerra in Ucraina, oltre al rischio di un conflitto mondiale e nucleare, avremo in inverno una guerra sociale in Italia (e magari c'è già chi progetta di soffiare sul fuoco della rabbia, nei prossimi mesi, quando ci sarà un governo di centrodestra).

 

Il problema è grave anche in Germania che rischia come noi il disastro economico. In una recente intervista al "Sussidiario", lo scrittore Edoardo Laudisi, che vive da anni in Germania e ha pubblicato nel 2020 "Germania anno nero", alla domanda su cosa potrebbe salvare l'economia tedesca, ha risposto: "Detto molto semplicemente: riaprire i negoziati con la Russia e rivedere la politica delle sanzioni".

 

Poi ha aggiunto che "ufficialmente nessuno ha il coraggio" di chiedere la fine delle sanzioni, perché "tengono tutti molto alle proprie carriere politiche. Però nel luglio scorso l'ex cancelliere Gerhard Schröder è stato in Russia per incontrare Putin. Naturalmente i media mainstream e il suo partito, la Spd, lo hanno attaccato ferocemente, però intanto lui a Mosca ci è andato e sicuramente non in rappresentanza soltanto di sé stesso".

 

Secondo Laudisi "l'unica scelta conseguente, e intelligente, sarebbe stata quella di non applicare le sanzioni o di usarle come leva per arrivare a una soluzione negoziale del conflitto. L'Europa, non solo la Germania, avrebbe dovuto utilizzare tutte le sue risorse diplomatiche, economiche e culturali per rendere possibile l'apertura di negoziati tra Ucraina e Russia. Invece si è fatta imporre la linea dagli Usa, che hanno altri interessi".

 

Draghi avrebbe potuto e dovuto usare il suo peso per orientare l'UE verso "una soluzione negoziale" (in Italia l'ha auspicata pure Carlo De Benedetti). Invece ha fatto l'opposto, sposando la posizione più oltranzista della Casa Bianca.

 

Ma "a un certo punto" come ha detto Visco "bisognerà avere la capacità di convocare tutti attorno a un tavolo, per riflettere come affrontare quei gravi problemi". Più perdiamo tempo, più il costo umano, economico e sociale sarà salato e doloroso per tutti.

Antonio Socci

Da "Libero", 11 settembre 2022

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