I Papi, compreso Francesco, indicano la Patria come uno dei valori fondamentali
Giovanni Paolo II ancorava l'amor di patria al comandamento: "Onora tuo padre e tua madre". Un pensiero profondo, bellissimo, e ancora tutto da sviluppare
Antonio Socci, in "Libero" – 24 settembre 2022
"Quando si farà l'Europa unita, i francesi ci entreranno da francesi, i tedeschi da tedeschi e gli italiani da europei". La battuta di Indro Montanelli è la perfetta illustrazione dell'europeismo delle élite progressiste che hanno dominato in Italia in questi decenni.
Le quali – oltre all'idea di Patria – delegittimano addirittura la difesa dell'interesse nazionale che invece le classi politiche degli altri Paesi difendono vigorosamente.
Giustamente Ernesto Galli della Loggia, sul "Corriere della sera", ha lamentato la cancellazione dell'identità nazionale che abbiamo subìto"sempre più convinti a sproposito della presunta assoluta inattualità dell'idea di nazione (si provino gli illustri membri dell'Ispi o dell'Aspen a organizzare un seminario su tale inattualità a Parigi o a Berlino: si provino, si provino)".
Spesso si "scomunica" il patriottismo sovrapponendolo al nazionalismo, ma è come confondere il polmone con la polmonite. Hanno caratteristiche e origini ben diverse.
È stato un papa, Giovanni Paolo II, a riproporre nel nostro tempo il valore del patriottismo, insegnando ad amare le patrie terrene come prefigurazione della patria celeste (e questo orizzonte trascendente è un antidoto ai nazionalismi).
D'altronde la globalizzazione che cancella le identità è l'altra faccia dei nazionalismi. Per il papa polacco non esiste l'uomo astratto: "non si può comprendere l'uomo fuori da questa comunità che è la nazione"(2/6/1979). E "la ragion d'essere dello Stato è la sovranità della società, della nazione, della patria" (2/6/1979).
Ai giovani polacchi, Wojtyła, parlando della loro cultura nazionale, raccomandò: "Restate fedeli a questo patrimonio! Fatene il fondamento della vostra formazione e il motivo del vostro nobile orgoglio! Trasmettetelo alle generazioni future" (3/6/1979).
Perché "la fedeltà all'identità nazionale possiede anche un valore religioso" (Discorso alle associazioni delle vittime del lager di Auschwitz-Birkenau, 10/6/1996).
Questo suo insegnamento ha profonde radici nella dottrina cattolica. San Tommaso d'Aquino afferma: "Come appartiene alla religione rendere culto a Dio, così, a un grado inferiore, è proprio della pietà rendere culto ai genitori e alla patria".
Leone XIII – il papa della "Rerum Novarum" – scrive che "la legge naturale ci ordina di amare di un amore di predilezione e di dedizione il Paese in cui siamo nati e cresciuti… L'amore soprannaturale della Chiesa e l'amore naturale della Patria derivano dallo stesso principio eterno. Tutti e due hanno Dio per autore e per causa prima".
Pio XII precisò: "Non bisogna temere che la coscienza della fraternità universale, inculcata dalla dottrina cristiana, e il sentimento che essa ispira, siano in opposizione con l'amore che ognuno porta alle tradizioni e alle glorie della propria Patria; e [non bisogna temere che] impediscano di promuoverne la prosperità e gli interessi legittimi [della Patria]. Perché questa stessa dottrina insegna che nell'esercizio della carità esiste un ordine stabilito da Dio, per cui si deve portare un amore più intenso e fare del bene di preferenza a coloro cui siamo uniti da legami speciali. Lo stesso Divin Maestro diede l'esempio di questa preferenza verso la sua terra e la sua patria quando pianse per l'imminente distruzione della Città santa".
I recenti richiami di papa Francesco al valore della patria vengono anche da questa storia. Richiami preziosi e purtroppo ignorati anche dai vescovi.
Antonio Socci
Da "Libero", 24 settembre 2022
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