Omelia di Mons. Marco Agostini di Verona
Omelia di mons. Marco Agostini, veronese, nel 450° anniversario della morte di san Pio V
4 maggio 2022
Sia lodato Gesù Cristo! All'ora dei Vespri del I maggio 1572, 450 anni fa domani, rendeva l'anima a Dio Antonio Ghisleri, papa San Pio V. Ai cardinali al suo capezzale lasciò queste parole: «Vi raccomando la Santa Chiesa che ho tanto amata! Adoperatevi a eleggere un successore zelante, il quale non cerchi che la gloria del Salvatore e non abbia altro desiderio che il bene della Cristianità e l'onore della Sede Apostolica». Le parole vengono da molto lontano, da un tempo in cui alla vita eterna ci si credeva davvero e la vita terrena trascorreva con il frequente pensiero al punto d'arrivo finale dell'esistenza, momento nel quale ciascuno deve rendere conto a Dio di «pensieri, parole, opere ed omissioni1». Pur non essendo un grande assertore dell'immaginario artistico rinascimentale, San Pio V non fu insensibile al monito proveniente dal grandioso affresco del Giudizio Universale ultimato da Michelangelo una trentina d'anni prima nella Cappella Sistina del Vaticano. «La potestà delle Somme Chiavi2» non poteva mai essere separata da Colui che tale autorità aveva conferito: Cristo Signore giudice ultimo. Aveva coscienza che, in modo particolare, sull'esercizio di quella potestà, alla sera della vita, sarebbe stato chiamato a render conto. L'amore alla Chiesa, la gloria del Salvatore, l'onore della Sede Apostolica e il bene dei cristiani, ossia la gloria di Dio e la salvezza delle anime furono le preoccupazioni assolute di un pontificato, durato 6 anni e 114 giorni, tutto volto ad attuare fedelmente le risoluzioni dell'Assise Tridentina, da poco conclusa, e difendere la Cristianità dal pericolo ottomano.
Molto si dovrebbe ricordare di San Pio V, e con gratitudine, in quest'ora solenne all'altare, innanzi all'urna che ne conserva il venerato corpo; menziono solo l'impegno per la Lega Santa con la vittoria di Lepanto e la Madonna del Rosario e il progetto di riforma della Curia Romana con la revisione del Corpus Iuris Canonici. Mi soffermo, tuttavia, sull'elemento fondante la sua azione di uomo, di religioso, di Papa, elemento dal quale tutto conseguì: la Fede vissuta e indagata, che nella Sacra Liturgia in modo solenne si conserva, si accresce, rifulge e si trasmette. La pubblicazione del Catechismo Romano, del Missale Romanum, del Breviarium sono attestato di un impegno d'imperitura memoria. Viviamo in un tempo di debole Fede, di Dottrina incerta e di confusa Missione – oggi detta Nuova Evangelizzazione, molto conclamata e poco attuata – per cui riflettere sulle Cerimonie della Santa Chiesa come strumento di conoscenza di Cristo, di annuncio della Fede e di Evangelizzazione, come le intendeva San Pio V, sembra almeno controcorrente e quasi sovversivo. Però sempre i Papi e i Concili, anche se non tutti, si sono prodigati nello spiegare i fondamenti della Santa Messa. A San Pio V, degno confratello di San Tommaso d'Acquino – che egli proclamò Dottore della Chiesa (1567) – si confanno le parole rivolte da Gesù all'Angelico Dottore: «Bene scripsisti de me, hai scritto bene di me3».
Com'è Fede della Chiesa di cui era Pontefice e com'è tradizione dell'Ordine di San Domenico a cui apparteneva, il nostro Santo riteneva la Santa Eucaristia, la presenza reale di Nostro Signore Gesù Cristo in Corpo Sangue Anima e Divinità, il tesoro più prezioso che ci fosse al mondo. Nella Santa Messa riconosceva tutta la vita del Salvatore, in essa contemplava, adorava, si univa a Gesù. Riteneva, parimenti, la Santa Messa come il mezzo più alto per illustrare la vita di Cristo. Questa tradizione ha magnifica esemplificazione nel "Paramento Mazza" della Sagrestia della Cappella Sistina in Vaticano dono dell'Imperatore Ferdinando I al Beato Pio IX.4 Un'opera grandiosa, che illustra efficacemente ciò che avviene nella Messa: l'attuazione simbolica di tutta la Storia della Salvezza, dalla rovina alla Redenzione, dal peccato originale alla nascita di Gesù, al suo Sacrificio e alla Risurrezione fino alla nascita della Chiesa. Nelle Sacre Scritture e nella Sacra Liturgia il Santo Pontefice individuava le basi per l'argomentata confutazione delle eresie, previste da Dio e condannate dalla Chiesa man mano che se ne presenta l'occasione. La Sacra Liturgia con le sue Cerimonie è scrigno della Verità e baluardo contro l'eresia.
Nel solco della Tradizione, San Pio V riconduceva l'origine delle Cerimonie cristiane, ossia le azioni della Santa Liturgia, alla volontà esplicita del Salvatore nell'Ultima Cena e all'atto preciso del Salvatore descritto nei versetti 30-31 del capitolo XXIV del Vangelo di Luca, là dove l'Evangelista dice: «Cognoverunt eum in fractione panis [i discepoli di Emmaus] conobbero Cristo quando Egli spezzò il pane». È interessante notare che l'Evangelista non dice «lo conobbero nel pane», ma «nello spezzare il pane». L'osservazione è formidabile per mostrarci di quanta virtù siano le Sante Cerimonie. Che differenza c'è tra il pane e lo spezzare il pane? Che il pane non è cerimonia, ma spezzarlo sì. Questa è la forza delle Cerimonie nell'anima dei cristiani una forza talmente grande che ci permette di conoscere Dio5.
Carissimi la nostra salvezza sta nel conoscere Dio e se le Sacre Cerimonie, la Sacra Liturgia, ci fanno conoscere Dio, allora ne comprendiamo la grandissima utilità, perché nulla c'è di più importante e più utile alla salvezza che conoscere Dio come dice Gesù nel Vangelo di Giovanni: «Haec est vita aeterna, ut congnoscant te solum verum Deum et quem misisti Jesum Christum, Questa è la vita eterna, che conoscano te solo vero Dio e Colui che hai mandato Gesù Cristo» (17,3). La salvezza eterna dell'uomo consiste nel conoscere Dio. Così commenta sant'Agostino: «Infelix qui te non novit…Felix et beatus qui te novit, Infelice chi non ti ha conosciuto…felice e beato chi ti ha conosciuto» (Conf. V, 4).
L'osservazione del Vangelo di Luca e il commento di Sant'Agostino bastano a fondare la necessità vitale della Sacra Liturgia e l'utilità grandissima delle Sacre Cerimonie per i Cristiani. Non solo forza, possanza e utilità, dunque, delle Sacre Cerimonie, ma anche dignità e bellezza. A spezzare il pane era Cristo «il più bello tra i figli dell'uomo» (Sal 45,3), dunque Gesù Figlio di Dio è il principiatore delle Cerimonie. Da Cristo Uomo-Dio traggono dignità le Sacre Cerimonie. Chi ama grandemente Cristo amerà grandemente anche le Sacre Cerimonie. Chi stima poco Cristo poco stimerà anche le sacre Cerimonie. Chi apprezza niente Quello, niente apprezzerà queste. Chi si burla di Quello si burlerà anche di queste. Fu la ragione per la quale San Pio V si applicò con Fede, intelligenza e cuore all'opera di restaurazione della Sacra Liturgia sapendo di difendere con essa il Dogma dagli eretici che poco stimano, e addirittura avversano, oggi umiliano e contraffanno, le Cerimonie Ecclesiastiche (conosceva le violente parole di Lutero e degli altri eretici contro la Messa e la Sacra Liturgia6). Egli che tanto amò la Chiesa volle che essa esprimesse nel miglior modo possibile il suo amore a Cristo, la cui gloria egli sempre cercò, avendo cura di conservare e trasmettere ciò che Cristo aveva istituito: sta qui l'onore della Sede Apostolica e della Cristianità.
A 450 dalla morte di un Riformatore che riformò la Chiesa riformando sé stesso, è salutare apprezzarne l'eredità e rilanciarne lo spirito, per ritrovare quella vitalità spirituale che sola innerva lo slancio per una nuova Evangelizzazione e per potenziare la vista soprannaturale che riconosce e smaschera gl'inganni contemporanei. È un maligno abbaglio, per chi lo propone e per chi l'accoglie, ritenere che basti una mano di "Blu, celeste" o di tutti colori dell'arcobaleno, per far diventar buona un'antropologia sbandata che non considera il peccato originale. Così si indica una via diversa da quella della Grazia e del Paradiso. Alle nuove generazioni la via del cielo, la vita soprannaturale, può essere indicata solo dal Vangelo, dalla sana Dottrina e dai Santi compresi quelli esigenti come San Pio V. Sia lodato Gesù Cristo!
DE MATTEI R., Pio V. Storia di un papa santo, Torino 2021, p. 348.
TOMMASO D'AQUINO, Summa Theologiae, III, Supplemento, q. 17, Proemio.
BREVIARIUM ROMANUM, In festo S. Thomae de Aquino, Lect.V, II noct.
AGOSTINI P., Il paramento Mazza. Un capolavoro dell'arte serica veronese, Verona 1989.
Per una considerazione generale sul senso della Sacra Liturgia e sulle Cerimonie Ecclesiastiche nell'Ordine Domenicano si veda: SERAFINO CAPONI DALLA PORRETTA, Sacerdos in aeternum. Dichiarazione della Santa Messa, Cerimonie, Vestimenti, Roma 1729, pp.1-203.
VINAY V., Scritti religiosi di Lutero, Torino 1967, pp 308-322.
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