Vicini alla Chiesa ucraina, aprendo al dialogo
Nico Spuntoni, in "La Nuova Bussola" – 3 Marzo 2022
Ieri, mercoledì delle Ceneri ed avvio di Quaresima, è stata anche la Giornata di preghiera e digiuno indetta da Papa Francesco per la pace in Ucraina. Nella crisi scoppiata dopo l'inizio dell'operazione militare russa, la Santa Sede potrebbe svolgere un ruolo nient'affatto marginale. Non a caso, l'altro ieri il Parlamento italiano ha votato quasi all'unanimità una risoluzione nel quale si chiede al Governo un impegno a "sostenere ogni iniziativa multilaterale e bilaterale utile a una de-escalation militare e alla ripresa di un percorso negoziale tra Kiev e Mosca, anche raccogliendo la disponibilità della Santa Sede a svolgere un'opera di mediazione".
Una vocazione naturale alla mediazione che le viene dal particolare status di cui gode e che racchiude l'autorità spirituale della Chiesa e la personalità giuridica internazionale autonoma. Un compito che spetta alla diplomazia pontificia, considerata una delle missioni fondamentali della Chiesa nel mondo. Vale anche – se non soprattutto – nel caso di questa guerra ad est: per la presenza importante di cattolici in Ucraina e per il peso delle relazioni ecumeniche sia con gli ortodossi ucraini che con quelli russi. L'attività diplomatica della Santa Sede fa capo alla Segreteria di Stato che, se davvero si dovesse arrivare ad un ruolo pontificio in un eventuale percorso negoziale tra Mosca e Kiev, si troverà a gestire il delicato dossier. Ne abbiamo parlato con il Sostituto della Segreteria di Stato vaticana, monsignor Edgar Peña Parra che ieri si è recato nel Complesso di Palazzo Valdina per presiedere un momento di preghiera per la pace con un gruppo di parlamentari italiani.
Eccellenza, lo scoppio della crisi ucraina farà saltare l'incontro tra Papa Francesco e il Patriarca di Mosca Kirill che fino a poco fa veniva dato per imminente?
Vediamo. Per il momento non possiamo dirlo, perché non sappiamo come evolverà la situazione. Tutto è in aria. Vedremo poi come si potrà organizzare eventualmente.
Le relazioni ecumeniche che la Chiesa cattolica può vantare con il mondo ortodosso russo possono giocare un ruolo nell'individuazione di una soluzione pacifica?
In un dialogo tutte le parti aiutano. Tutto è importante. Quindi, noi continuiamo in questa direzione ed andiamo avanti con tutti coloro i quali collaborano affinché ci sia un dialogo tra di noi ed il mondo.
La Santa Sede ha scelto la linea della diplomazia. Che ne pensa dei toni, sicuramente meno diplomatici, dei vescovi ucraini?
Nella Chiesa ci sono sempre toni diversi. Loro che stanno lì e vivono da dentro la situazione, logicamente hanno una visione interna. Hanno tutta la sofferenza addosso e anche noi la riconosciamo. Ma dobbiamo aprire le porte al dialogo e pensare con lungimiranza ad una soluzione per la fine dei conflitti.
Nella risoluzione votata dal Parlamento italiano si menziona esplicitamente la "cessione di apparati e strumenti militari che consentano all'Ucraina di esercitare il diritto alla legittima difesa e di proteggere la sua popolazione". Papa Francesco più volte – penso ad esempio all'enciclica "Fratelli tutti" - si è espresso contro l'uso delle armi.
Anche io oggi nel mio discorso ai parlamentari ho pronunciato una parola su questo, dicendo che le armi non sono la soluzione. Le troppe armi nel mondo, anziché essere deterrenti per i conflitti, costituiscono, come vediamo, minacce di distruzione.
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