Mercoledì delle Ceneri
Il Mercoledì delle Ceneri segna, nel Rito romano, l'inizio della Quaresima, cioè del tempo liturgico "forte" e di speciale chiamata alla penitenza che si conclude prima della Messa in Coena Domini del Giovedì Santo.
Le ceneri indicano la caducità dell'uomo e quindi la sua condizione mortale, conseguenza del peccato originale. Meménto, homo, quia pulvis es, et in púlverem revertéris, cioè: «Ricordati (uomo) che sei polvere e in polvere tornerai», recita infatti la prima formula liturgica (l'unica in uso nella «forma straordinaria» del Rito romano), fondata sulla Genesi (Gn 3,19) e declamabile dal sacerdote durante il rito di imposizione delle ceneri. In alternativa il celebrante può pronunciare una seconda formula, introdotta con la riforma liturgica del 1969, che fa riferimento agli inizi della predicazione di Gesù: «Convertitevi, e credete al Vangelo» [Paenitémini, et crédite Evangélio (Mc 1, 15)].
Per tradizione, le ceneri poste sul capo dei fedeli si ricavano bruciando i rami d'ulivo benedetti nella Domenica delle Palme dell'anno precedente. Oltre che nel racconto che segue il compimento del peccato originale, più volte nelle Sacre Scritture ricorre il tema delle ceneri quale segno della supplica che l'uomo, riconoscendosi creatura fragile e bisognosa di grazia, rivolge a Dio. Così, per esempio, dopo la predicazione di Giona a Ninive - che chiamava la città a convertirsi per non essere distrutta da Dio - non solo i comuni cittadini bandirono un digiuno ma anche il re «si alzò dal trono, si tolse il manto, si coprì di sacco e si mise a sedere sulla cenere». Nel libro di Giuditta, quando gli Israeliti sono assediati dalle truppe di Oloferne e sono ormai tentati di cedere, è l'eroina che confida nel Signore a portare il suo popolo alla liberazione, dopo aver fatto penitenza ed essersi cosparsa il capo di cenere. E anche la regina Ester divenne, in modo simile, strumento di salvezza.
Il Mercoledì delle Ceneri richiama dunque la necessità per l'uomo di ritornare a Dio, come esorta la liturgia nella prima lettura («Ritornate a me con tutto il cuore…», Gl 2, 12), e di fortificarsi in Lui, rinunciando alle cose effimere per aprirsi a quelle eterne. Il fedele è chiamato a conformarsi al suo Signore e in questo senso il tempo quaresimale ricorda i 40 giorni trascorsi da Gesù - in digiuno e preghiera - nel deserto. Dove, subito prima dell'inizio del suo ministero pubblico, venne tentato dal diavolo, uscendone vincitore.
La penitenza, sempre meno compresa dal mondo eppure quanto più indispensabile, aiuta quindi il cristiano ad accettare le croci e superare le prove quaggiù, in attesa della ricompensa eterna. Nello specifico del tempo quaresimale lo aiuta a prepararsi e partecipare degnamente ai misteri della Morte, Passione e Risurrezione di Gesù. In che modo praticarla? Insegna il Catechismo: «La penitenza interiore del cristiano può avere espressioni molto varie. La Scrittura e i Padri insistono soprattutto su tre forme: il digiuno, la preghiera, l'elemosina, che esprimono la conversione in rapporto a sé stessi, in rapporto a Dio e in rapporto agli altri» (CCC 1434).
Per il Mercoledì delle Ceneri i fedeli sono tenuti a osservare l'astinenza dalle carni e il digiuno. Come indica il Codice di diritto canonico, l'astinenza dalle carni o da altro cibo è richiesta in tutti i venerdì dell'anno, eccetto che nei giorni in cui si celebra una solennità (can. 1251). Il digiuno, che fa parte del quarto precetto della Chiesa, favorisce «il dominio sui nostri istinti e la libertà di cuore» (CCC 2043): esso fortifica la volontà, la libera dalla sazietà delle cose effimere, orientandola sempre più a Dio. Perciò, è segno di vigilanza del cristiano e, come insegna Gesù, di attesa dello Sposo.
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