La Mafia di San Gallo. Un libro di Iulia Meloni
Chi vuole comprendere che cosa c'è dietro il Sinodo sulla sinodalità aperto il 10 ottobre da papa Francesco non può fare a meno del libro appena pubblicato di Julia Meloni, the St. Gallen Mafia (TAN, 2021) che ne rintraccia le premesse storiche ed ideologiche
La lettura di questo libro è appassionante come un romanzo, ma tutto vi è documentato secondo un rigoroso metodo storico. Questo aspetto merita di essere sottolineato in un momento in cui certe teorie cospirative sono esposte in maniera superficiale e talvolta fantasiosa. Per supplire alla mancanza di prove, queste teorie utilizzano la tecnica di una narrazione, che fa presa sulle emozioni, più che sulla ragione, e conquista chi, con un atto di fede, ha già deciso di credere all'inverosimile. Julia Meloni racconta invece la storia di una cospirazione reale, di cui espone accuratamente il fine, i mezzi, i luoghi, i protagonisti. E' la storia della "Mafia di San Gallo", come la definì uno dei suoi principali esponenti, il cardinale Godfried Daneels (Karim Schelkens e Jürgen Mettepenningen, Gottfried Danneels, Editions Polis, Anvers 2015).
San Gallo è una cittadina svizzera, di cui nel 1996 era vescovo mons. Ivo Fürer, che era stato, fino all'anno precedente, segretario generale della Conferenza dei vescovi europei. D'accordo con il cardinale Carlo Maria Martini (1927-2012), arcivescovo di Milano, mons. Fürer decise di invitare un gruppo di prelati, per stabilire un'agenda di lavoro per la Chiesa del futuro. Il gruppo si riunì per dieci anni, tra il 1996 e il 2006. Le personalità chiave, oltre al cardinale Martini, erano Walter Kasper, vescovo di Rottenburg-Stoccarda e Karl Lehmann (1936-2018), vescovo di Magonza, entrambi destinati a ricevere la porpora cardinalizia. Successivamente vennero cooptati altri due futuri cardinali: Godfried Danneels (1933-2019), arcivescovo di Malines-Bruxelles e Cormac Murphy-O'Connor (1932-2017), arcivescovo di Westminster. Ad essi si aggiunse nel 2003 il cardinale della Curia romana Achille Silvestrini (1923-2019), grazie al quale il gruppo di San Gallo divenne una potente lobby, capace di determinare l'elezione di un Pontefice. Pochi giorni dopo il funerale di Giovanni Paolo II, su invito di Silvestrini, la "mafia di San Gallo" si incontrò a Villa Nazareth, a Roma, per concordare un piano di azione in vista del prossimo conclave. In una fotografia apparsa su The Tablet del 23 luglio 2005, accanto al cardinale Silvestrini, si vedono i cardinali Martini, Danneels, Kasper, Murphy-O'Connor, Lehmann, tutti "key members and alumni of the St. Gallen mafia", come scrive Julia Meloni (p. 5).
Il piano iniziale prevedeva l'elezione al soglio pontificio del cardinale Martini, ma proprio a partire dal 1996, l'anno della creazione del gruppo, l'arcivescovo di Milano iniziò ad avvertire i primi sintomi del morbo di Parkinson. Nel 2002, il Cardinale rese pubblica la notizia passando il testimone al cardinal Silvestrini, che dal gennaio del 2003 fu il regista delle grandi manovre che si tennero in vista del prossimo conclave. Il cardinale Murphy-O'Connor era a sua volta legato con il cardinale Jorge Maria Bergoglio, arcivescovo di Buenos Aires, e lo presentò al gruppo come possibile candidato anti-Ratzinger. Bergoglio raccolse il consenso della "mafia", ma fu proprio il cardinale Martini a nutrire i maggiori dubbi sulla sua candidatura, anche alla luce delle informazioni che sul vescovo argentino gli giungevano dall'interno della Compagnia di Gesù. Fu forse con sollievo che, quando in conclave del 2005 la sconfitta di Bergoglio apparve certa, il cardinale Martini annunziò al cardinale Ratzinger che gli avrebbe messo a disposizione i propri voti. Il gruppo di San Gallo tenne un'ultima riunione nel 2006, ma Martini e Silvestrini continuarono ad esercitare una forte influenza sul nuovo pontificato. Nel 2012, il cardinal Kasper parlò di un "southerly wind" un "vento del Sud", che soffiava nella Chiesa e il 17 marzo 2013, pochi giorni dopo la sua elezione, papa Francesco citò, non a caso, Kasper come uno dei suoi autori preferiti, assegnandogli il compito di aprire il Concistoro straordinario sulla Famiglia, nel febbraio 2014.
Papa Francesco ha però deluso i progressisti in misura non minore di quanto abbia irritato i conservatori, e il suo pontificato conosce, dopo otto anni, un inesorabile declino. Tuttavia, se i principali esponenti della Mafia di San Gallo sono morti, il suo spirito modernista aleggia sul processo sinodale, mentre nuove manovre sono in corso per il prossimo conclave. Il libro di Julia Meloni, che ricostruisce la storia di questa "Mafia", ci aiuta a capire le oscure dinamiche che agitano oggi la Chiesa. Posso aggiungere qualche elemento, attingendo ai miei ricordi.
Nell'autunno del 1980, ricevetti la visita di un sacerdote della Curia romana, mons. Mario Marini (1936-2009), non ancora cinquantenne, intelligente e pieno di brio. Il sacerdote era stato collaboratore del cardinale Giovanni Benelli (1921-1982) e assisteva con preoccupazione alla conquista delle posizioni chiave in Vaticano da parte di coloro che di Benelli erano stati nemici e che prosperavano all'ombra del cardinale Agostino Casaroli (1914-1998), segretario di Stato di Giovanni Paolo II.
Tra il 1980 e il 1981 avemmo con mons. Marini numerosi incontri, nei quali mi spiegò nei minimi dettagli l'esistenza di quella che egli definiva una "Mafia", che circondava Giovanni Paolo II, eletto nel 1978 al trono pontificio, Questa Mafia aveva la sua "eminenza grigia" in mons. Achille Silvestrini, ombra ed alter ego del cardinal Casaroli, a cui era succeduto, nel 1973, nella carica di segretario del Consiglio per gli Affari Pubblici della Chiesa: lo stesso Silvestrini che Julia Meloni ci presenta come il "mastermind" della Mafia di San Gallo.
Silvestrini era un uomo intelligente ma intrigante, che aveva rappresentato la Santa Sede nelle conferenze di Helsinki (1975), Belgrado (1977-78) e Madrid (1980), pur senza avere mai avuto l'esperienza diplomatica di una nunziatura. Come molti prelati post-conciliari era soprattutto un politico che amava smettere gli abiti curiali per incontri riservati al di fuori degli appartamenti che occupava in Vaticano. I vaticanisti apprezzavano la sua disponibilità a passare notizie riservate, anche se le sue informazioni, equamente distribuite a destra e a sinistra, dosavano con sapienza menzogna e verità. In politica internazionale era schierato sulle posizioni di mons. Luigi Bettazzi, vescovo di Ivrea, favorevole alla politica di disarmo unilaterale; in politica interna patrocinava la linea della Democrazia Cristiana più "aperta" nei confronti del Partito Comunista Italiano. Coltivava in particolare i rapporti con Giulio Andreotti ed era capo della delegazione della Santa Sede che nel 1985 avrebbe concluso il disastroso Nuovo Concordato con lo Stato Italiano. Attraverso mons. Francesco Brugnaro, attuale arcivescovo emerito di Camerino, Silvestrini era in stretto contatto con Carlo Maria Martini, arcivescovo di Milano, ma non ancora cardinale, di cui fiutava i futuri destini. Tutto questo accadeva venticinque anni prima della "Mafia di San Gallo".
Ci accordammo con il sacerdote per far venire alla luce queste informazioni, che furono trasmesse anche a Giovanni Paolo II, attraverso la dottoressa Wanda Poltawska, che peraltro era a conoscenza di molte cose grazie alla sua amicizia con il cardinale Edouard Gagnon (1918-2007), amico di mons. Marini. Una parte di queste rivelazioni vennero pubblicate dalla rivista Impact Suisse, da Si Si No No e dal Courrier de Rome. Sono passati da allora quarant'anni e mi fa piacere ricordare la figura di mons. Mario Marini, un sacerdote che ha sempre servito la Chiesa con zelo apostolico e che, tra i primi, denunziò l'esistenza di una "Mafia" al suo interno. Lo spunto me lo ha offerto il bel libro di Julia Meloni. Ma cosa raccontava allora mons. Marini? Questo potrebbe essere la materia di un altro articolo.
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