Domenica XXX
Il Vangelo di questa domenica ci propone come modello il cieco di Gerico, cieco "fisicamente" ma non "spiritualmente" chiamandolo Figlio di Davide cioè Messia: ci offre oggi per noi in ascolto un modello di preghiera, di fede e di disponibilità a seguire Gesù sacramentalmente risorto, presente soprattutto nell'Eucarestia almeno di ogni domenica e in continuità nel tabernacolo.
L'evangelista ci riferisce che "il figlio di Timeo, Bartimèo, cieco fisicamente ma non spiritualmente, sedeva lungo la strada a mendicare". È una situazione penosa, di impotenza e di totale dipendenza dalle altre persone; è la situazione di un uomo svantaggiato ma spiritualmente molto lucido nella consapevolezza dei propri limiti.
"Costui al sentire che c'era Gesù Nazareno, cominciò a gridare e a dire con una fiducia spirituale: "Figlio di Davide, Gesù, abbi pietà di me!". In questa circostanza Gesù si mostra umanamente pieno di compassione nei confronti del cieco fisicamente ma non spiritualmente: invece di ignorarlo, si ferma e lo fa chiamare. Molti sgridano il cieco per farlo tacere: Gesù si ferma e dice: "Chiamatelo!". A questo punto le persone acconsentono; chiamano il cieco e gli dicono: "Coraggio! Alzati, ti chiama!". Il cieco, gettato via il mantello, balza in piedi e va da Gesù.
Qui si vede realmente la forza della fede del cieco che lo fa balzare in piedi. Questa fede è un messaggio di Dio e un modello per noi. Anche noi dobbiamo vigilare nelle nostre necessità, consapevoli dei nostri limiti, ridestare sempre la nostra fede e insistere nella preghiera per rendere possibile a Lui di intervenire. Quando il Signore ci dà un piccolo o un grande segno, dobbiamo subito balzare in piedi per andare da Lui. Gesù domanda a Bartimèo: "Che vuoi che io ti faccia?". E il cieco subito risponde: "Rabbunì [=maestro mio, messia], che io riabbia la vista!". La sua è una richiesta di fede molto esplicita, ma anche molto forte. Gesù allora gli dice: "Va', la tua fede ti ha salvato". Qui, una indicazione anche per noi verso la sua presenza sacramentale almeno della domenica, perché il momento decisivo è stato l'incontro personale, diretto, tra il Signore e quell'uomo sofferente. Si trovano l'uno di fronte all'altro come noi sopratutto alla Consacrazione e Comunione: Dio con la sua volontà di guarire e l'uomo di fede con il suo desiderio di essere guarito. Due vere libertà, due volontà di amore convergenti: "Che vuoi che io ti faccia?", gli chiede il Signore. "Che io riabbia anche la vista fisica!", risponde il cieco pieno di fede cogliendo la presenza del Messia. "Va, la tua fede ti ha salvato". Con queste parole si compie il miracolo allora e può continuamente accadere adesso. Gioia di Dio, gioia dell'uomo, nostra gioia. E Bartimèo, venuto alla luce fisica – narra il Vangelo – "prese a seguirlo per la strada". Diventa cioè un suo discepolo e sale con il Maestro a Gerusalemme, per partecipare con Lui al grande mistero di salvezza. Quante persone in questi miei 61 anni di ministero, dopo avvenimenti di fede, li vedevo immancabili almeno alla messa della domenica e spesso in adorazione davanti al tabernacolo e mai insensibili verso la povertà. Questo racconto di allora con cui Dio ci parla oggi, nell'essenzialità dei suoi passaggi, evoca l'itinerario del catecumeno verso il sacramento del battesimo, che nella Chiesa antica e attuale è chiamato "Illuminazione". La fede è un cammino continuo di illuminazione in tutta la vita: parte dall'umiltà nel vedere i propri limiti e le proprie mancanze, di riconoscersi sempre bisognosi di salvezza e giunge continuamente all'incontro personale con Cristo, che chiama a seguirlo sulla via dell'amore, di piccoli e o grandi gesti di amore. Su questo modello sono impostati nella Chiesa gli itinerari di iniziazione cristiana, che preparano ai sacramenti del Battesimo, della Confermazione (o Cresima) e dell'Eucarestia soprattutto domenicale. Nei luoghi di antica evangelizzazione, dove è diffuso il battesimo dei bambini, vengono proposte ai giovani e agli adulti esperienze di catechesi e di spiritualità che permettono di percorrere un cammino di riscoperta della fede in modo maturo e consapevole, per assumere poi un coerente impegno di testimonianza. Quanto è importante il lavoro che i Pastori e i catechisti compiono in questo campo! La riscoperta del proprio Battesimo è alla base dell'impegno missionario di ogni cristiano, perché vediamo nel Vangelo che chi si lascia affascinare da Cristo non può fare a meno di testimoniare la gioia di seguire le sue orme.
Il vangelo di oggi è caratterizzato da un forte dinamismo. Notiamo innanzitutto l'intensa preghiera del cieco, il quale trovandosi in una situazione penosa, non si scoraggia, ma continua a invocare con forza Gesù. Poi vediamo il suo movimento per andare da Gesù: "Gettato via il mantello, balzò in piedi e venne da Gesù", e la semplicità e fiducia della sua richiesta: "Rabbonì, che io riabbia la vista!". E dopo che Gesù gli ha ridato la vista, egli approfitta della guarigione ottenuta per diventare suo discepolo, mettendosi in cammino dietro di lui: "Prese a seguirlo per la strada".
Lo stesso sentiamo di farlo anche noi. Quando ci troviamo in una situazione di necessità, dobbiamo pregare Gesù in modo intenso, pregarlo con fiducia, invocarne umilmente la compassione; se non otteniamo subito la grazia, continuare a pregare con perseveranza. Poi dobbiamo andare da Lui presente sacramentalmente nell'Eucarestia, spiritualmente in ogni povero che incontriamo. Non dobbiamo esitare ad andare in chiesa per rivolgere a Dio le nostre preghiere di domanda; dobbiamo approfondire la nostra fede e la carità. E quando abbiamo ottenuto la grazia, dobbiamo approfittarne per seguire Gesù in modo più generoso, più attento e completo.
Gesù è il sommo sacerdote pieno di compassione, ma anche pieno di umiltà. La lettera agli Ebrei afferma che egli "non si attribuì la gloria del sommo sacerdote", ma la ricevette dal Padre celeste, il quale gli disse: "Tu sei sacerdote per sempre, alla maniera di Melchisedek". Gesù è compassionevole e umile, e questo deve accrescere la nostra fiducia in Lui attraverso la mamma sua e nostra. Non dobbiamo mai esitare ad andare da lui, perché egli ci conosce e ci comprende intimamente.
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