Domenica XXVIII (Ripristinato automaticamente)

 

"Mentre [Gesù] andava per strada, - racconta il Vangelo di San Marco – un tale gli corse incontro e, gettandosi in ginocchio davanti a lui, gli domandò: "Maestro buono, che cosa devo fare per avere in eredità la vita eterna?". Gesù gli disse: "Perché mi chiami buono? Nessuno è buono, se non Dio solo. Tu conosci i comandamenti che Lui ha scritto in ogni cuore umano, addirittura detti a Mosè, scritti sulla pietra: non uccidere, non commettere adulterio, non rubare, non testimoniare il falso, non frodare, onora tuo padre e tua madre". Egli allora disse: "Maestro, tutte queste cose le ho osservate tutte fin dalla mia giovinezza". "Allora Gesù fissò lo sguardo su di lui, lo amò" (Mc 10,21). Nello sguardo del Signore c'è il cuore di questo specialissimo incontro che allora e oggi suscita la fede, la speranza, l'amore cioè tutta l'esperienza cristiana. Infatti il cristianesimo pur richiedendo i comandamenti, non è primariamente una riuscita morale, ma l'esperienza di Gesù Cristo, che morto e risorto ci ama personalmente, giovani o vecchi, poveri o ricchi, uomini o donne; ci ama anche quando gli voltiamo le spalle con il peccato, disposto, convertiti, sempre al perdono fino al termine della vita. Dio solo è buono e Lui è Dio in un volto umano. Un amore manifestatosi sulla Croce in maniera così piena e totale al ladrone pentito "oggi stesso con me in paradiso", e che fa scrivere a san Paolo, con stupore: "Mi ha amato e ha consegnato sé stesso per me" (Gal 2,20). La consapevolezza che il Padre ci ha sempre amati nel suo Figlio, che il Cristo ama ognuno e sempre, diventa un fermo punto di sostegno di speranza per tutta la nostra esistenza umana, e ci permette di superare tutte le prove: la scoperta dei nostri continui peccati, la sofferenza, soprattutto momenti di scoraggiamento. Il fatto più grave è perdere la speranza che impedisce a Dio di riconciliarci dal peccato. In questo amore si trova la sorgente di tutta la fiducia e l'amore cioè tutta la vita cristiana e la spinta alla evangelizzazione: se abbiamo incontrato Gesù vivo, presente sacramentalmente che ci ripete "amatevi (non amatemi) come io vi amo", non possiamo fare a meno di farne notizia, di testimoniarlo a coloro che non hanno ancora incrociato il suo sguardo nella fede e nell'amore.

Gesù può veramente garantire un'esistenza felice pur tra tante tribolazioni e la vita per l'anima e per il corpo oltre la morte, ma per una via diversa da quella che immaginava il giovane ricco con i soli comandamenti. Gesù ricorda al giovane ricco i dieci comandamenti, come condizione necessaria per "avere in eredità la vita eterna". Essi sono punti di riferimento essenziali per vivere nell'amore, per distinguere il bene dal male e costruire un progetto di via solido e duraturo. Ci formano la coscienza secondo la legge divina data nella prima Alleanza, nella prima storia di amore stretta da Dio con Israele mediante Mosè. Nel Decalogo è contenuta la Sapienza di Dio. Per questo Gesù afferma nel Vangelo che "per entrare nella vita" è necessario osservare i comandamenti. Ricordare questo oggi è andare contro corrente rispetto alla mentalità attuale, che propone una libertà svincolata da valori, da regole, da norme oggettive cioè una catechesi senza catechismo e si invita a rifiutare ogni limite ai desideri del momento. Ma questo tipo di proposta invece di condurre alla vera libertà, porta l'uomo a diventare schiavo di sé stesso, dei suoi desideri immediati, degli idoli come il potere, il denaro, la libidine sfrenata che dissolve la sessualità identificata nella genitalità, rendendoci incapaci di seguire la nativa vocazione all'amore. Dio ci dà i comandamenti perché ci vuole educare alla vera libertà, perché vuole costruire con noi un Regno di amore, di giustizia e di pace. Ascoltarli e tentare e ritentare di metterli in pratica chiedendo continuamente perdono nella confessione non significa alienarsi, ma trovare il cammino della libertà e dell'amore autentici, perché i comandamenti dell'amore a Dio e al prossimo non limitano la felicità, ma indicano come trovarla. Gesù all'inizio del dialogo con il giovane ricco, ricorda che la legge data da Dio è buona, perché "Dio è buono". Tentare e ritentare di osservare i comandamenti è necessario, ma non sufficiente! Infatti, come dice san Paolo, la salvezza non viene solo dalla legge, ma dalla Grazia di amare come Lui ci ama. E San Giovanni ricorda che la legge l'ha data Mosè, mentre la Verità e la Grazia di amare come Lui ci ama sono venute e sacramentalmente vengono per mezzo della presenza Gesù Cristo soprattutto con l'Eucarestia almeno di ogni domenica (Gv 1,17). Per giungere alla salvezza oltre i Comandamenti occorre aprirsi nella fede alla presenza sacramentale di Cristo, il quale però a chi si rivolge pone una condizione esigente: "Vieni e seguimi" (Mc 10,21) cioè ama come io ti amo non cioè solo mediante un'opera buona, una prestazione legale, bensì nella scelta del regno di Dio quale "perla preziosa" per la quale vale la pena distaccarsi dall'idolatrare tutto ciò che si possiede (Mt 13,45-46). Il giovane ricco, fedele nei comandamenti, non riesce a fare questo passo. Malgrado sia stato raggiunto dallo sguardo pieno d'amore del Dio buono cioè da Gesù (Mc 10,21), il suo cuore non è riuscito a distaccarsi dall'idolatria di molti beni che possedeva. Ecco allora l'insegnamento per i discepoli: "Quanto difficilmente coloro che hanno ricchezze" sono disponibili nella vocazione matrimoniale o in quella verginale ad amare come Lui ci ama. Le ricchezze terrene, i piaceri sensibili, il potere occupano e preoccupano la mente e il cuore. Gesù non dice che sono cattive, ma che idolatrate allontanano da Dio se non vengono, per così dire, "investite", per amare come Lui ci ama. Comprendere questo è frutto di quella sapienza che è più preziosa dell'argento e dell'oro, anzi della bellezza sessuale di uomo-donna, della salute e della stessa luce, "perché non tramonta lo splendore che ne promana" (Sap 7,10). Ovviamente, questa sapienza non è riducibile al solo sapere. È molto di più; è "la sapienza del cuore", come la chiama il Salmo 29. È un dono che viene dall'alto (Gc 3,17), da Dio, e si ottiene con la preghiera (Sap 7). I Santi hanno avuto l'umiltà e il coraggio di rispondergli "sì", e hanno rinunciato a tutto per amare come Lui ama. In essi ritroviamo attualizzata l'esperienza di Pietro: "ecco, noi abbiamo lasciato tutto e ti abbiamo seguito" (Mc 10,28). Il loro unico tesoro è in cielo: Dio e tutti e tutto è relativo per il cielo.

Oggi ci troviamo in una tremenda crisi sia dell'amore coniugale, sia di quello celibatario, sia di quello consacrato: cosa fare? Ogni giovane per scoprire il progetto di vita che può rendere pienamente felici, pur tra rinunce e sacrifici, deve mettersi in ascolto di Dio con l'aiuto di un padre spirituale. Con fiducia: "Signore, qual è il tuo disegno di Creatore e Padre sulla mia vita? Qual è la tua volontà? Io desidero compierla". Lui, adolescente, mi ha dato una sua risposta: "Dio è più grande del nostro cuore e conosce ogni cosa…amatevi come io vi ho amato" (1 Gv 3,20). Fui colpito: non ha detto amatemi come io vi amo, ma amatevi come io vi amo, mettendo il proprio io al secondo posto. Non quindi al primo posto il proprio io ma la relazione con gli altri. E qui viene oggi il problema del rapporto uomo-donna cioè l'attrattiva sessuale. La sessualità non si identifica con la genitalità. Questa è una componente da esercitare solo nel matrimonio sacramento non disgiunta dal momento in cui si è disponibili alla fecondità. Quindi è necessaria anche la castità matrimoniale. Oppure amare come Lui mi ama senza l'esclusività particolare del matrimonio con una castità totale che mi rende possibile il molto di più dell'amore verginale. È stato un cammino non facile, bisognoso spesso di perdono ma dopo 61 anni di sacerdozio rendo grazie. Mi ha aiutato molto pensare all'amore sessuale senza genitalità tra Maria e Giuseppe. Quanto il riferimento e la preghiera sono efficaci per la castità coniugale come per la vocazione al celibato o alla vita consacrata. Del mio gruppo giovani 4 sacerdoti, 6 religiose e tanti matrimoni riusciti. L'attuale libidine nell'identificare la sessualità con il piacere genitale prima del matrimonio, disgiunto dalla fecondità, oltre il matrimonio rende impossibile amare come Lui ci ama. E dopo la rivoluzione del 1968 è venuta la crisi di tutte le vocazioni. Urge il coraggio della verità sulla sessualità e l'aiuto dell'esemplare sessualità verginale di Maria e Giuseppe.  L'amore di Cristo  che perdona e fa ritentare è tutto.

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