Domenica XXIV
Domenica XXIV e Conclusione del Congresso Eucaristico internazionale: "Tu sei il Cristo eucaristicamente con noi…Il Figlio dell'uomo deve molto soffrire" e quindi anche chi si ciba di Lui per la gioia di amare (Mc 8, 27-35)
"Voi, chi dite che io sia?" (Mc 8,29). La risposta di Pietro è netta e immediata: "Tu sei il Cristo", cioè il Messia, il consacrato di Dio mandato a salvare il suo popolo. Pietro e gli altri apostoli, dunque, a differenza della maggior parte della gente, credono che Gesù non sia solo un grande maestro, o un profeta, ma molto di più. Hanno fede: credono che in Lui allora e oggi nell'Eucarestia è presente e opera Dio. Subito dopo questa prima professione di fede, però, quando Gesù per la prima volta annuncia apertamente che per amare dovrà patire ed essere ucciso, lo stesso Pietro si oppone alla prospettiva di sofferenza e di morte. Gesù allora deve rimproverarlo con forza, per fargli capire che non basta credere che Lui è Dio con noi, ma spinti dalla carità cioè dall'essere raggiunti consapevolmente da un amore senza limiti bisogna seguirlo sulla sua stessa strada, quella della croce (Mc 8,31-33) senza della quale non si può amare ed essere già felici nelle tribolazioni, perfino nella morte. Gesù non è venuto a insegnarci una delle tante filosofie, ma a mostrarci una via, anzi, l'unica via che conduce alla gioia di vivere anche nelle tribolazioni. Questa via è la certezza di essere raggiunti dall'amore di Dio per amare il prossimo come noi stessi, che è l'espressione della vera fede. Se uno ama il prossimo nel matrimonio e quindi nella famiglia o in fraternità religiose con cuore puro e generoso, vuol dire che si rende conto di essere raggiunto veramente da Dio e quindi dalla prospettiva di una vita oltre questa vita mortale. Se invece uno dice di avere fede, ma non si sente amato da Dio senza misura e quindi non ama i fratelli come sè stesso, non è un vero credente. Dio che è amore non abita in lui. Lo afferma chiaramente san Giacomo nella seconda lettura della Messa di questa domenica: "Se non è seguita dalle opere (cioè dall'amore dei Comandamenti), [la fede] in se stessa è morta", non è sentita, goduta (Gc 2,17). A questo proposito, mi piace citare uno scritto di san Giovanni Crisostomo, uno dei grandi Padri della Chiesa. Proprio commentando il passo citato della Lettera di Giacomo egli scrive: "Uno può anche avere dottrinalmente una retta fede nel Padre nel Figlio, così come nello Spirito Santo, ma con il dono divino, se non tenta e ritenta con la presenza del Verbo incarnato una retta vita, la sua fede diventerà fredda e non gli servirà per la salvezza sia nelle difficoltà della vita temporale, soprattutto per la vita oltre la morte. Quando dunque leggi o ascolti nel Vangelo: "Questa è la vita eterna: che conoscano te, l'unico vero Dio", eucaristicamente con noi (Gv 17,3), non pensare che la conoscenza basti a vivere bene, a salvarci eternamente: sono necessari una volontà di tentare ritentare di amare il prossimo come Lui ci ama cioè comportamenti ordinari purissimi come quando si ama.
Il Papa a Budapest con la Messa conclude il Congresso eucaristico internazionale. È un grande segno di speranza dopo un anno e mezzo di pandemia. Motto del Convegno è "Sono in Te (incontrandoti e ricevendoti adorandoti almeno tutte le Domeniche come fonte di amore fraterno) le mie sorgenti", tratto dal salmo 87. È ciò che ci garantiscono i quattro Evangelisti. Mentre il logo, vedendo alla televisione, è rappresentato da un calice sormontato dall'ostia, all'interno della quale è impressa la croce, anch'essa simbolo del sacrificio cruento di Cristo attualizzato in modo non cruento sull'altare per tutti attraverso il sacerdote in ogni Messa. Quale significato la celebrazione per tutta la Chiesa del Vicario di Cristo, del successore di Pietro?
È un grande segno di speranza, anche dopo un anno e mezzo di pandemia. Un segno di apertura, di rinascita che la provvidenza divina, giovani, adulti e anziani, non ci lascia soli, alle sole medicine. È un evento gioioso in un momento storico drammatico. La celebrazione del Santo Padre è Statio orbis cioè una Messa che simbolicamente raccoglie, aduna e unisce tutta la Chiesa di Cristo ed esprime nella varietà dei popoli la nostra unità cattolica. Per chi ne è consapevole e si lascia raggiungere anche attraverso i mezzi di comunicazione sociale un grande sacramento attorno a Gesù Cristo e al successore di Pietro. Sentiamo che nella celebrazione eucaristica e nel tabernacolo Cristo è con noi. Non lascia sola la Chiesa, i popoli e l'umanità e nonostante i limiti e le ombre dei suoi figli, nella Chiesa fiammeggia la luce di Cristo. Come una vela spiegata al soffio dello Spirito si annuncia una grande verità all'uomo di oggi: non sei solo in un universo ostile, non sei solo di fronte al mistero meraviglioso della vita, non sei solo con la tua sete di libertà e di eterno cioè di vita oltre la morte. Ovunque tu sia non sei invisibile, Dio ti vede e ti guarda con un amore più grande del peccato; non sei orfano, dimenticato, Dio ti è Padre, tu vali il sangue di Gesù, Redentore di questo mondo e Pane di vita eterna. Anche perseguitato, pubblicamente escluso non aver paura, Dio non è morto, la sua presenza eucaristica almeno di ogni domenica e in continuità nel tabernacolo oltrepassa ogni solitudine, ogni distanza, ogni indifferenza. E la Chiesa è chiamata a non tacere, a non essere ridotta in silenzio ma a dare al volto di ogni uomo, di ogni donna lo splendore del Cristo risuscitato, della vita oltre questa vita.
Commenti
Posta un commento