Assunzione della Beata Vergine Maria
"Beato il grembo che ti ha portato" (Lc 11,27-28). "Grandi cose ha fatto per me l'Onnipotente: ha innalzato gli umili" (Lc 1, 39-56)
Che cosa dona al nostro cammino, alla nostra vita, l'Assunzione cioè la Pasqua di Maria, primo frutto della Pasqua di Gesù per la nostra Pasqua? La prima risposta è: nell'Assunzione vediamo che in Dio c'è spazio anche per il corpo dell'uomo, Dio stesso è la casa dai tanti appartamenti della quale parla Gesù (Gv 14,2); Dio è la casa dell'anima e del corpo dell'uomo, in Dio c'è spazio di Dio. E Maria, creatura di anima e di corpo come noi, unendosi a Dio come madre del Figlio incarnato, partecipa della presenza di Dio ed è vicinissima a noi, ad ognuno di noi fatti di anima e corpo. C'è una bella parola di san Gregorio Magno su San Benedetto che possiamo applicare ancora anche a Maria: San Gregorio Magno dice che il cuore di San Benedetto, con la preghiera e il lavoro, è divenuto così grande che tutto il creato poteva entrare in questo cuore divinamente umano. Questo vale ancora più per Maria madre di Dio-incarnato, morto, risorto, presente sacramentalmente in continuità: Maria, unita totalmente a Dio, ha un cuore così grande che tutta la creazione può entrare in questo cuore, e gli ex-voto in tutte le parti del mondo lo significano. Maria, viva in anima e corpo dopo morte, è vicina, può ascoltare ognuno di noi, può aiutare, è vicina a tutti noi come madre dei figli nel Figlio, anche dimentichi di Lei, in attesa. In Dio c'è spazio per ogni uomo comunque ridotto fino all'ultimo momento per Dio, per la vita eterna non solo dell'anima ma anche del corpo, e Dio è vicino anche in chi è lontano da Lui, e Maria come madre unita a Dio incarnato e risorto, sacramentalmente presente, è vicinissima, ha il cuore largo come il cuore di Dio. In ogni uomo, comunque ridotto, c'è spazio perDio. Anche questo vediamo in Maria, l'Arca Santa che porta la presenza di Dio che perdona. In ognuno di noi che si converte c'è sempre spazio per Dio e la consapevolezza di questa presenza di Dio in noi con l'evangelizzazione, così necessaria per illuminare il mondo nella sua tristezza nonostante il progresso tecnico-scientifico secolarizzato, nei suoi problemi etico-morali, questa presenza si realizza nella fede: nella fede apriamo le porte del nostro essere così che Dio entri in noi nel nostro pensare, volere e sentire , così che Dio può essere la forza che perdona e dà vita. In noi, comunque ridotti, c'è sempre spazio, apriamoci come Maria vergine quindicenne si è aperta, dicendo: "Sia realizzata la Tua volontà per una fecondità dello Spirito, io sono serva del Signore". Aprendoci a Dio, anche in situazioni drammatiche, non perdiamo niente. Al contrario: la nostra vita povera diventa ricca e grande.
Le cose di Dio meritano fretta, anzi le uniche cose del mondo che meritano fretta sono proprio quelle di Dio, che hanno la vera urgenza per la nostra vita. A 87 anni, con tutte le medicine, sto rendendomi conto. E rivivendo nella celebrazione dell'Assunta Maria che entra nella casa di Zaccaria e di Elisabetta, ma non entra da sola, in Lei c'è già Lui che risorto rimarrà sempre sacramentalmente con noi. Maria quindicenne vi entra portando in grembo il figlio, che è Dio stesso fatto uomo, centro della storia, la Verità. Certamente c'era attesa di lei e del suo aiuto in quella casa, forse l'unica in quel momento, ma l'evangelista ci guida a comprendere che questa attesa rimanda ad un'altra, più profonda. Zaccaria muto, Elisabetta e il piccolo Giovanni Battista di sei mesi dal concepimento sono, infatti, il simbolo di tutti giusti di Israele da Mosè, Elia, Israele il cui cuore, ricco di attesa, di speranza, attende la venuta del Messia salvatore. Ed è lo Spirito Santo, l'Amore dell'Amante per l'Amato nella trinità divina ad apire gli occhi di Elisabetta e a farle riconoscer in Maria fanciulla la vera arca dell'Alleanza, la Madre di Dio, che viene a visitarla. Lo stesso Spirito Santo che davanti a Colei che porta il Dio fattosi uomo, apre il cuore di Giovanni Battista, il battesimo nel grembo di Elisabetta. Elisabetta, esclama: "Ecco, appena il tuo saluto è giunto ai miei orecchi, il bambino a sussultato di gioia nel mio grembo" (v. 44). Qui l'evangelista usa il termine "saltellare", lo stesso termine che troviamo nell'Antico Testamento per descrivere la danza del Re avide davanti all'arca santa che è tornata finalmente in patria ( 2 Sam 6,16). Giovanni Battista nel grembo della madre danza davanti all'arca dell'Alleanza cioè della Nuova storia di Amore, come Davide: e riconosce così: Maria è la nuova e definitiva arca dell'Alleanza, davanti alla quale il cuore esulta di gioia, la Madre di Dio presente nel mondo, che non tiene per sé questa divina presenza, ma la offre condividendo la grazia di Dio. E così – come dice la preghiera – Maria realmente è "causa nostrae laetitiae", l'"arca" nella quale realmente il Salvatore di tutto l'essere umano e della storia è sacramentalmente presente tra di noi. In un certo senso, stiamo parlando anche di noi, di ciascuno di noi: anche noi siamo destinatari di quell'amore immenso che Dio ha riservato – certo, in una maniera assolutamente unica e irripetibile a Maria. Ma oggi guardiamo a Maria: Ella ci apre all'umica speranza per tutti e per tutto, ad un futuro pieno di gioia pur tra dolori e la morte di questo corpo e ci insegna l'unica via per raggiugerlo: accogliere nella fede, il suo Figlio morto, risorto, sacramentalmente presente e operante attraverso il suo corpo che è la Chiesa; non perdere mai l'amicizia con Lui, ma lascarci illuminare e guidare dalla sua parola; seguirlo ogni giorno nonostante la secolarizzazione tecnico-scientifica ce lo nasconda, anche nei momenti in cui sentiamo che le nostre croci si fanno pesanti. Maria, l'arca dell'Alleanza che sta nel santuario del Cielo e in tante apparizioni riconosciute o presunte, ci indica con luminosa chiarezza che siamo in cammino verso la nostra Casa, la comunione di gioia e di pace con Dio.
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