Domenica XVII

"Ne distribuì a quelli che erano seduti quanto ne volevano"


Narrando il "segno" dei pani, l'Evangelista sottolinea che Cristo, prima di distribuirli, li benedisse con una preghiera di ringraziamento (v.11). Il verbo è eucharistein, e rimanda direttamente al racconto dell'Ultima Cena, nel quale, in effetti, Giovanni non riferisce l'Istituzione dell'Eucarestia, bensì la lavanda dei piedi. L'Eucarestia è qui, nella moltiplicazione, come anticipata nel grande segno del pane della vita. Come non ricordare che specialmente noi sacerdoti possiamo rispecchiarci in questo testo giovanneo, immedesimandoci negli Apostoli, là dove dicono: Dove potremo trovare il pane per tutta questa gente? E leggendo di quell'anonimo ragazzo, di quel fedele che ha cinque pani d'orzo e due pesci, anche a noi viene spontaneo dire: Ma che cos'è questa per una tale moltitudine? In altre parole: che cosa sono io sacerdote? Come posso, con i miei limiti, aiutare Gesù risorto nella sua missione per il popolo, per i fedeli qui presenti? E la risposta la dà il Signore: proprio mettendo nelle sue mani "sante e venerabili" il poco che essi sono, il poco che noi sacerdoti siamo ma attraverso i quali Lui risorto sacramentalmente qui e ora agisce diventiamo strumenti di salvezza per tanti, per tutti quelli che con fede accolgono, per i molti o pochi fedeli allora! I vestiti, la celebrazione lo indicano sacramentalmente e lo realizzano.

Parola di Dio in questa domenica è il racconto della moltiplicazione dei pani, un episodio molto noto e ricordato, che ci viene presentato anche negli altri Vangeli (Matteo e Marco lo raccontano due volte). In esso notiamo innanzitutto l'iniziativa di Gesù allora ma per cogliere quello che opera oggi. Assieme ai discepoli egli era partito per andare all'altra riva del lago di Galilea e trovare un po' di tranquillità domenicale, ma lì è stato raggiunto da un gran numero di persone.

Gesù subito si preoccupa di questa folla convenuta, e chiede a Filippo: "Dove possiamo comprare il pane perché costoro, come tutti i fedeli che ogni domenica vanno a Messa, abbiano da mangiare?" Filippo risponde che una grande quantità di denaro non basterebbe per dar da mangiare a tutte quelle persone. Un altro discepolo, Andrea, osserva che c'è un ragazzo che ha cinque pani d'orzo e due pesci, tuttavia con realismo aggiunge: "Ma che cos'è questo per tanta gente?".

Gesù prende l'iniziativa con davanti agli occhi quando attraverso le particole e un po' di vino transustanziati renderà presente Lui morto e risorto cioè sacrificato per milioni. Fa sedere la gente. Poi prende i pani, con noi sacerdoti adesso la patena e il calice, rende grazie al Padre per essi figli in Lui Figlio fin dal Battesimo e li distribuisce per la comunione. E lo stesso fa con i due pesci. La distribuzione è continua, senza che il cibo venga mai meno. Tutta la folla in quella domenica anticipata viene saziata. Alla fine Gesù raccomanda di raccogliere i pezzi avanzati perché la transustanziazione della consacrazione ha cambiato la sostanza del pane e del vino, pur rimanendo le apparenze, anche in tutti i pezzetti, in tutte le gocce.

L'abbondanza dei pezzi avanzati fa capire l'importanza di questo miracolo eucaristico. Con i pezzi dei cinque pani d'orzo avanzati a coloro che ne avevano mangiato si riempiono dodici canestri da custodirlo nel tabernacolo. È un fatto veramente straordinario! La gente rimane impressionata da questo miracolo che pensate, accade in ogni Messa quando il sacerdote pone le particole nel Tabernacolo dove la sua presenza rimane 24 ore su 24 per la nostra adorazione: "Questi è davvero il profeta che deve venire nel mondo!".

Gli ebrei ortodossi non ancora deformati dal licud e dalla cabala perversa attendevano per gli ultimi tempi non un profeta qualsiasi, ma "il profeta" che era stato promesso da Dio per anticipare in questa vita nell'amore, la vita dell'anima che non muore e che avrà il suo corpo risorto. Nel libro del Deuteronomio Dio aveva promesso di dare al suo popolo un profeta simile a Mosè al quale l'unico Dio in tre Persone si è rivelato persona con cui rivolgerci nella preghiera "Io sono Colui che Io sono". Una rivelazione personale per liberare dalla tentazione cabalistica, oggi egemone, di una fede nel divino e nell'umano, non una fede come atto personale nel rapporto con le persone divine e le persone umane. Questa fede nel divino in modi diversi nell'umano è propria di tutte le religioni non vere create dall'uomo per il bisogno di Dio e di reciprocità, ma la religione  vera è solo quella ebraico-cristiana per cui alla fine del Deuteronomio l'autore osservava di fronte alla tentazione di tante religioni: "Non è più sorto in Israele un profeta come Mosè" (Dt 34,10).

Perciò gli ebrei ortodossi, anche dopo la crisi in Babilonia tentati da tante religioni, aspettavano il profeta degli ultimi tempi, che doveva venire e rimanere nel mondo per preparare il popolo al compimento del progetto di Dio di liberazione dal peccato l'anima e dalla morte il corpo, quindi un progetto di pace, di gioia e di felicità anche tra le prove, soprattutto la prova del morire del corpo, anche con il vaccino. Ora la gente riconosce in Gesù tale profeta come in Mosè. In effetti, negli Atti degli Apostoli, Pietro, in uno dei suoi discorsi, applica a Gesù questo testo del Deuteronomio, dicendo che è Lui il profeta annunciato come rivelazione dell'unico Dio tri personale, e che perciò dobbiamo ascoltare con docilità le sue parole unendo all'udire personale la gioia di ubbidire (At 3,22-23).

La reazione di Gesù è sorprendente. All'inizio egli si era mostrato tanto accogliente, si era preoccupato di aiutare questa grande folla; alla fine invece, vedendo che non vedevano in Lui la seconda Persona della realtà divina cioè il Figlio del Padre rompe il suo legame con essa, fugge, si ritira solo sulla montagna nella preghiera intra trinitaria Io Tu-Padre. Perché? Perché vede che stanno per venire a prenderlo per farlo un re terreno, e non intende acconsentire a questo progetto. Egli non è venuto nel mondo per diventare un re terreno ma per rivelare l'unico Dio in tre persone presente attraverso l'incarnazione. Così per la rivelazione, la religione vera, per essere sé stessa, ha anche il coraggio di deludere la folla, dopo averla soddisfatta in modo così generoso.

Questo atteggiamento di Gesù è un insegnamento per noi nella evangelizzazione, nella missione. Il Signore a volte nella sua provvidenza soddisfa i nostri desideri, concedendoci grazie meravigliose; Altre volte, invece, si rifiuta di concedercele, ci delude perché non siamo per l'evangelizzazione, per la missione. Ma anche questo rifiuto è ispirato alla verità, all'amore. Anch'esso è una grazia, una grazia negativa, se così si può dire. Il Signore infatti agisce così per distaccarci dai nostri progetti solo o troppo umani, troppo temporali. Quando essi sono addirittura troppo egoistici, ostacolano il nostro progetto spirituale, missionario, che deve essere sempre un progresso nell'amore e, quindi, nel distacco, nella gratuità come sono gratuiti i doni che da Lui riceviamo. Così il Signore dimostra il suo amore per noi in questi due modi: dandoci l'abbondanza della sua grazia, della sua Provvidenza e richiedendoci delle rinunce.

Nella seconda lettura Paolo ci esorta a comportarci in maniera degna della nostra vocazione. Dobbiamo allora essere docili al Signore rivolgendoci a Lui persona a persona nella preghiera e accogliere le sue grazie per la missione: sia quelle che ci piacciono, sia quelle che richiedono da noi qualche rinuncia.

L'Apostolo ci invia soprattutto a sopportarci a vicenda con amore senza mai giudicare la responsabilità del peccatore pur giudicando il peccato: "Vi esorto a comportarvi con ogni umiltà, mansuetudine e pazienza, sopportandovi a vicenda con amore". Per noi questo è difficile ma necessario. Tra di noi ci sono sempre motivi di divisione, di dissenso e di screzio. La vita di relazioni non è mai facile, perché tra le persone c'è tanta differenza di temperamenti, di orientamenti e di gusti, e quindi ci sono tante occasioni per essere irritati con gli altri, o per irritare gli altri.

Ma la nostra vocazione è quella di vivere in grazia di Dio cioè nell'amore, senza giudicare la responsabilità personale degli altri, il che comporta il vivere nell'unità soprattutto come cristiani-cattolici. L'amore non accetta divisioni, ma opera l'unione tra le persone diverse, contrarie, peccatrici senza poter giudicare quanto responsabili, perché la responsabilità personale la vede Dio lo sappiamo dalla loro eventuale confessione. Paolo, pur focoso per temperamento, insiste molto su questo punto: i doni del Signore ci vengono dati per il progresso nell'amore e, quindi, sono finalizzati all'unità dello spirito, per mezzo del vincolo della pace che scambiamo nella Messa. L'Apostolo proclama cui puntare come tensione: "Un solo corpo, un solo Spirito, come una sola è la speranza […]; un solo Signore, una sola fede, un solo battesimo. Un solo Dio Padre di tutti".

Tutti i doni di Dio ci spingono all'unione fraterna, e noi non dobbiamo accettare motivi di divisioni, di conflitti e di tensioni. Nel profondo siamo tutti   uniti dalla grazia cioè dall'amore di Dio; quindi già felici, anche in questa vita, quando andiamo d'accordo. Sappiamo che Dio ama tutti gli uomini anche quelli non ancora con la dignità di figli nel Figlio con il Battesimo; e allora, per essere con lui, anche noi dobbiamo amare tutti i nostri fratelli, a cominciare dai cattolici.

I motivi che vanno nel senso della divisione sono d'importanza molto minore di quelli che ci uniscono. Dobbiamo asceticamente insistere ragionevolmente più su tutto ciò che ci unisce che su tutto ciò che sensibilmente ci divide, ed essere consapevoli che vale la pena di rinunciare ad alcuni vantaggi per il bene della pace, dell'unità e dell'accordo con i nostri fratelli.

Con l'episodio della moltiplicazione dei pani Gesù, crocifisso-risorto, ci dimostra la sua generosità attuale. Infatti, egli non soltanto ha moltiplicato allora i pani, ma nell'Eucarestia, anche non celebrata non sempre bene, moltiplica ogni giorno sé stesso per noi, per diventare il nostro cibo dell'anima, spirituale, che ci mette in comunione trinitaria con Dio e ci unisce a tutti i nostri fratelli. Che la Madre ce lo ricordi e ci aiuti.

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