Domenica XI

"È il più piccolo di tutti i semi, ma diventa più grande di tutte le piante dell'orto": questo opera il Sacro Cuore attraverso il Cuore Immacolato di Maria


Nella prima parabola l'attenzione è posta sul dinamismo della semina: il seme che viene gettato nella terra, sia che il contadino dorma sia che vegli, germoglia e cresce da solo. L'uomo semina con la fiducia che il suo lavoro non sarà mai infecondo. Ciò che sostiene l'agricoltura nelle sue quotidiane fatiche è proprio la fiducia nella forza del seme e nella bontà del terreno che Dio ha creato. Questa parabola richiama il mistero della creazione e della redenzione, dell'opera feconda di Dio nella storia e chi in filosofia cioè nella scienza del sapere non si fonda su questa realtà e assolutizza, panteisticamente divinizza il mondo, tutto diventa incomprensibile. È Lui il Signore del regno, ogni uomo è suo umile collaboratore, che contempla e gioisce della continua azione creatrice divina e ne attende con pazienza i frutti. Il raccolto finale ci fa pensare all'intervento conclusivo di Dio alla fine dei tempi, quando Egli con un intervento straordinario realizzerà pienamente il suo Regno. Il tempo presente è tempo di semina e la crescita del seme, è assicurata dal Signore unendo la preghiera al lavoro. Ogni cristiano che capisce e crede, allora, sa bene di dover fare tutto quello che può, ma che il risultato finale dipende da Dio che attende nella preghiera: questa consapevolezza lo sostiene nella fatica e nelle contrarietà di ogni giorno, specialmente nelle situazioni difficili, consapevole che accanto alla presenza di Dio c'è anche il Maligno e quindi la preghiera di non essere messo alla prova, non abbandonato alla tentazione. A tale proposito scrive sant'Ignazio di Loyola: "Agisci come se tutto dipendesse da te, sapendo poi che in realtà tutto dipende da Dio", se glielo permetti nella preghiera unita al lavoro, la fede alle opere.

Anche la seconda parabola utilizza l'immagine della semina. Qui, però, si tratta di un seme specifico, il granello di senape, considerato il più piccolo di tutti i semi. Pur così minuto, però, esso è pieno di vita; dal suo spezzarsi nasce un germoglio capace di rompere il terreno, di uscire alla luce del sole e di crescere fino a diventare "più grande di tutte le piante dell'orto" (Mc 4,32): la debolezza è la forza del seme, lo spezzarsi è la sua potenza come è avvenuto nell'Incarnazione del Figlio di Dio, lo spezzarsi sulla croce. E così è il regno di Dio: una realtà umanamente piccola, composta da chi è povero nel cuore, da chi non confida nella propria forza, ma in quella del cuore di Dio, da chi non è importante agli occhi del mondo tentato dal Maligno; eppure proprio attraverso di loro irrompe con la mediazione del cuore di Maria la forza del cuore di Cristo e trasforma ciò che è apparentemente insignificante, imprevedibile, combattuto.

L'immagine del seme è particolarmente cara a Gesù, perché esprime bene il mistero, la realtà divino-umana di Dio nella storia. Nelle due parabole di oggi esso rappresenta una "crescita" e un "contrasto": la crescita che avviene grazie a un dinamismo insito nel seme stesso e il contrasto che accade tra il libero-arbitrio di ogni uomo e l'azione divina nella piccolezza del seme e la grandezza di ciò che produce. Il messaggio evangelico di questa domenica è chiaro: il regno di Dio, anche se esige la nostra responsabile collaborazione, il nostro lavoro, è innanzitutto dono, forza attraverso la preghiera, forza apparentemente impotente dinnanzi agli attuali drammatici problemi del mondo e del servizio della Chiesa, ma se immessa in quella del cuore di Dio non teme ostacoli, perché certa è la vittoria del Signore, certo che pur indotta nella tentazione le forze del maligno non prevarranno mai sulla Chiesa.

È il miracolo del cuore di Dio attraverso il cuore di Maria sua madre che abbiamo celebrato venerdì con la solennità del Sacratissimo Cuore di Cristo e Sabato con la memoria del Cuore Immacolato di Maria. Nel magnificat di venerdì abbiamo cantato "Il Signore ci ha accolti nel suo cuore". Nell'Antico Testamento cioè nell'Antica Storia di Amore si parla 26 volte del cuore di Dio, considerato come l'organo della sua volontà personale: rispetto al cuore di Dio l'uomo viene giudicato. A causa del dolore che il suo cuore prova per i peccati dell'uomo, Iddio nella sua necessaria giustizia decide il diluvio, ma poi si commuove dinnanzi alla debolezza umana e perdona. C'è poi un passo veterotestamentario nel quale il tema del cuore di Dio si trova espresso in modo assolutamente chiaro: è nel capitolo 11 del libro del profeta Osea, dove i primi versetti descrivono la dimensione dell'amore con cui il Signore si è rivolto ad Israele all'alba della sua storia: "Quando Israele era fanciullo, io l'ho amato e dall'Egitto ho chiamato mio figlio" (v.1). In verità Israele, all'instancabile predilezione divina con il libero-arbitrio di ogni uomo risponde con indifferenza e addirittura con ingratitudine anziché di amore che il libero-arbitrio rende possibile. "Più li chiamavo – è costretto a constatare il Signore -, più si allontanavano da me" (v.2). Tuttavia Egli mai ha abbandonato Israele nelle mani dei nemici, perché "il cuore -osserva il Creatore dell'universo – si commuove dentro di me, il mio intimo freme di compassione" (v. 8). La Rivelazione mi garantisce che il cuore di Dio freme di compassione! Nella solennità del Sacratissimo Cuore di Gesù, la Chiesa offre alla nostra contemplazione questo mistero, il mistero del cuore di Dio che si commuove e riversa tutto il suo amore sull'umanità, comunque ridotta. Un amore misterioso, che nei testi del Nuovo Testamento ci viene rivelato come incommensurabile passione di Dio per ogni uomo. Egli non si arrende dinnanzi all'ingratitudine e nemmeno davanti al rifiuto del popolo che si è scelto; anzi, con infinita misericordia, invia l'Unigenito suo Figlio perché prenda su di sé il destino dell'amore distrutto; perché, sconfiggendo il potere del Maligno, del male e della morte, possa restituire continuamente dignità di figli nel Figlio agli esseri umani resi schiavi dal peccato. Tutto questo a caro prezzo: il Figlio Unigenito del Padre si immola sulla croce: "Avendo amato i suoi che erano nel mondo, li amò sino alla fine" (Gv 13,1). Simbolo di tale amore che va oltre la morte attraverso la risurrezione è il suo fianco squarciato da una lancia. A tale riguardo, il testimone oculare, l'apostolo Giovanni, afferma: "Uno dei soldati con una lancia gli colpì il fianco, e subito uscì sangue ed acqua" (Gv 19,34). Fermiamoci a contemplare il Cuore trafitto del Crocefisso. Nella breve lettura tratta dalla Lettera di san Paolo Agli Efesini, dice che "Dio, ricco di misericordia, per il grande amore con il quale ci ha amato e ci ama, da morti che eravamo per le colpe, ci ha fatto rivivere con Cristo …Con Lui ci ha anche risuscitato e ci ha fatto sedere nei cieli, in Cristo Gesù" (Ef 2,4-6). Essere in Cristo Gesù è già sedere nei cieli. Nel Cuore di Gesù è espresso il nucleo essenziale del cristianesimo; in Cristo ci è stata rivelata e donata tutta la novità rivoluzionaria del Vangelo: l'Amore che ci salva e ci fa vivere nell'eternità di Dio. Scrive l'evangelista Giovanni: "Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio Unigenito, perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna" (3,16). Il suo Cuore divino chiama allora il nostro cuore; ci invita a scire da noi stessi, ad abbandonare le nostre sicurezze umane per fidarci di Lui e, seguendo il suo esempio, a fare di noi stessi un dono di amore senza riserve.

Sabato, ieri, abbiamo celebrato la memoria del Cuore Immacolato di Maria, estesa da Papa Pio XII a tutta la Chiesa. L'iconografia presenta il Cuore della Beata vergine circondato da una corona di fiori, emblema di purezza, e trafitto da una spada che simboleggia il dolore provato dalla Madre per la morte del Figlio. "Maria da parte sua – si legge già nel Vangelo di Luca – serbava tutte queste cose meditandole nel suo Cuore". Al cuore di Maria sono legate riflessioni in apparizioni riconosciute (18) o presunte (3200), scritti di Pontefici e Vescovi, santi e dottori della Chiesa. Per San Gregorio Taumaturgo il Cuore della Beata Vergine è il "vaso di tutti i misteri". Sant'Agostino scrive che Maria, "concependo Cristo prima nel cuore che nel grembo", credette e in Lei "quel che credette si avverò". Nel medio Evo la preghiera "Stabat mater", sequenza liturgica della Messa in onore della madonna attribuita a Iacopone da Todi, è una meditazione sulle sofferenze nel cuore di Maria durante la Passione del Figlio e sulla congiunzione dei due Cuori redentori. "La Madre e il Figlio – offrivano a Dio lo stesso sacrificio, ella corredentrice col sangue del suo Cuore, egli Redentore con il sangue del suo corpo".

Promotore della festa liturgica del Cuore Immacolato di Maria è San Giovanni Eudes (1601-1680): " Non devi mai separare – scrive – ciò che Dio ha così perfettamente unito. Gesù e Maria sono così intimamente legati l'uno all'altro che chi vede Gesù figlio guarda Maria Madre; chi ama il cuore di Gesù, ama il cuore di Maria". E ai tre pastorelli di Fatima il 13 luglio: "Il Signore vuole stabilire nel mondo la devozione al mio Cuore Immacolato. Dopo tante prove infine il mio Cuore Immacolato trionferà. Nel 1942, in un tempo scosso dalla tragedia della guerra, Papa Pio XII consacra la Chiesa e il genere umano (non la Russia come richiesto da Fatima) al Cuore Immacolato di Maria. "A Voi, in quest'ora tragica della storia umana, al vostro Cuore Immacolato ci affidiamo e ci consacriamo, in unione con la Santa Chiesa, corpo mistico di Gesù, che soffre e sanguina in tante parti e in tanti modi tribola, ma anche con tutto il mondo straziato ad feroci discordie, riarso in un incendio di odio, vittima della propria iniquità…Voi, o Madre di misericordia, impetrateci da cuore di Dio la pace". Nel 1944, due anni dopo la preghiera per la consacrazione, Papa Pio XII estende la festa del Cuore Immacolato di Maria a tutta la Chiesa: "Con questo culto – si legge nel decreto che la istituisce – la Chiesa rende il debito onore al Cuore Immacolato della beata Vergine Maria, poiché sotto il simbolo di questo Cuore venera con somma devozione l'esimia e singolare santità della madre di Dio; la sua materna pietà verso tutti gli uomini, redenti dal sangue divino del suo Figlio". Nel 1910, durante il viaggio in Portogallo, Benedetto XVI affida i sacerdoti al Cuore Immacolato di Maria:"Madre della Chiesa, noi sacerdoti, vogliamo essere pastori che non pascolano se stessi, ma si danno sempre più a Dio per i fratelli, trovando in questo la loro felicità". San Giovanni Paolo II il 25 del 1984: "Affidandoti, o Madre, il mondo, tutti gli uomini e tutti i popoli ti affidiamo anche la stessa consacrazione del mondo, mettendola nel tuo cuore materno". Durante l'udienza generale dello scorso 13 maggio, ricordando le apparizioni del 13 maggio 1917 e l'attentato a Giovanni Paolo II del 13 maggio 1981, Papa Francesco esorta a domandare "al cuore di Dio, per intercessione del Cuore Immacolato di Maria, la pace per il mondo, la fine della pandemia, lo spirito di penitenza e la nostra continua conversione".


 

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