Il dogma
San Tommaso D'Aquino, in "Signummagnum" -14 Giugno 2021
Sequenza Lauda Sion – Nulla di più sublime fu mai scritto sull'Eucaristia
Il "Lauda Sion"
La sequenza della Messa di Corpus Christi è costituita da un bellissimo inno gregoriano, intitolato Lauda Sion. Bellissimo grazie alla sua melodia ricca e soave, e ancor più, per il suo testo, esso canta la grandezza del dono di Dio fatto a noi e la presenza reale di Gesù in Corpo, Sangue, Anima e Divinità, nel pane e nel vino consacrato.
La stessa origine di questo cantico è avvolta in qualcosa di meraviglioso tipicamente medievale.
Urbano IV si trovava a Orvieto, quando decise di stabilire la celebrazione del Corpus Christi. Per coincidenza si trovavano in quella città due dei più noti teologi di tutti i tempi: San Bonaventura e San Tommaso d'Aquino. Il Papa li convocò, insieme ad altri teologi, e commissionò loro un inno per la sequenza della Messa di questa festa.
Si racconta che, terminato il lavoro, si recarono tutti dinanzi al Papa, dove ciascuno avrebbe presentato la propria composizione.
Il primo fu San Tommaso d'Aquino, che presentò i versi del Lauda Sion.
Dopo quella lettura, San Bonaventura bruciò la propria pergamena, sorprendendo San Tommaso che gli chiese "perché"? Il santo francescano, con grande umiltà, gli spiegò che la sua coscienza non l'avrebbe lasciato in pace se egli avesse causato un qualsiasi ostacolo, benché minimo, ad una rapida diffusione della magnifica Sequenza scritta dal domenicano.
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Sintesi teologica in forma di poesia
Ciò che San Tommaso insegnò nei suoi trattati di Teologia riguardo la Sacra Eucaristia, fu da lui esposto magistralmente sotto forma di poesia nel Lauda Sion.
Si tratta di una vera perla di letteratura, che risplende grazie alla profondità del contenuto e alla bellezza della forma, all'elevazione della dottrina, all'accurata precisione teologica e all'intensità del sentimento. Il ritmo fluisce in modo soave persino nelle strofe più didattiche. La melodia - il cui autore è sconosciuto - si accorda molto bene al testo. L'unzione è inesauribile.
San Tommaso si rivela filosofo e mistico, come teologo della mente e del cuore, realizzando la sua propria esortazione: "Lode piena e risonante, gioia nobile e serena sgorghi oggi dallo spirito".
Ricordiamo alcuni passaggi di questo celebre cantico.
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LAUDA SION
1. Sion, loda il Salvatore, la tua guida, il tuo pastore con inni e cantici.
2. Impegna tutto il tuo fervore: egli supera ogni lode, non vi è canto che sia degno.
3. Pane vivo, che dà vita: questo è tema del tuo canto, oggetto della lode.
4. Veramente fu donato agli apostoli riuniti in fraterna e sacra cena.
5. Lode piena e risonante, gioia nobile e serena sgorghi oggi dallo spirito.
6. Questa è la festa solenne nella quale celebriamo la prima sacra cena.
7. E il banchetto del nuovo Re, nuova, Pasqua, nuova legge; e l'antico è giunto a termine.
8. Cede al nuovo il rito antico, la realtà disperde l'ombra: luce, non più tenebra.
9. Cristo lascia in sua memoria ciò che ha fatto nella cena: noi lo rinnoviamo,
10. Obbedienti al suo comando, consacriamo il pane e il vino, ostia di salvezza.
11. È certezza a noi cristiani: si trasforma il pane in carne, si fa sangue il vino.
12. Tu non vedi, non comprendi, ma la fede ti conferma, oltre la natura.
13. È un segno ciò che appare: nasconde nel mistero realtà sublimi.
14. Mangi carne, bevi sangue; ma rimane Cristo intero in ciascuna specie.
15. Chi ne mangia non lo spezza, né separa, né divide: intatto lo riceve.
16. Siano uno, siano mille, ugualmente lo ricevono: mai è consumato.
17. Vanno i buoni, vanno gli empi; ma diversa ne è la sorte: vita o morte provoca.
18. Vita ai buoni, morte agli empi: nella stessa comunione ben diverso è l'esito!
19. Quando spezzi il sacramento non temere, ma ricorda: Cristo è tanto in ogni parte, quanto nell'intero
20. È diviso solo il segno non si tocca la sostanza; nulla è diminuito della sua persona.
21. Ecco il pane degli angeli, pane dei pellegrini, vero pane dei figli: non dev'essere gettato.
22. Con i simboli è annunziato, in Isacco dato a morte, nell'agnello della Pasqua, nella manna data ai padri.
23. Buon pastore, vero pane, o Gesù, pietà di noi: nutrici e difendici, portaci ai beni eterni nella terra dei viventi.
24. Tu che tutto sai e puoi, che ci nutri sulla terra, conduci i tuoi fratelli alla tavola del cielo nella gioia dei tuoi santi.
Amen. Alleluia.
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Sion, loda il Salvatore, la tua Guida, il tuo Pastore con inni e cantici
Le parole del sottotitolo appena citato costituiscono il primo verso del Lauda Sion. È l'espansione del cuore di un santo, avvolto dalla grazia mistica di incanto verso il Santissimo Sacramento, che chiede a Sion, cioè, al popolo eletto dal Nuovo Testamento, che inizi a lodare il Salvatore. Egli, il più grande teologo della storia della Chiesa - "il più saggio dei santi, e il più santo dei saggi" - era un così fervoroso devoto di Gesù Eucaristico che nelle ore in cui sentiva difficoltà nei suoi studi, poneva la testa dentro ad un sacrario, procurando di essere illuminato da Dio stesso, e li rimaneva finché non avesse trovato la soluzione.
Da questo primo verso fino alla fine della quinta strofa, San Tommaso condensa tutta l'infinita lode al Santissimo Sacramento dell'Altare.
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"La Santa Messa è il dono più prezioso e piú gradevole che possiamo offrire alla Santissima Trinità; vale più del cielo e della terra; vale Dio stesso" (San Giovanni Maria Vianney)
Egli continua ad esortare i fedeli a "lodare la guida e il pastore con inni e cantici". Ma come lodare in modo adeguato questo santo sacramento? Come lodare in modo sufficiente Dio stesso? È il sacramento più elevato e sostanzioso di tutti, poiché in esso è presente l'Uomo-Dio stesso, in Corpo, in Sangue, in Anima e Divinità. Non vi sono parole, non vi sono gesti, non vi è nulla che possa essere offerto degno di Lui.
Per questo motivo San Tommaso pare quasi gemere nel dire: "Impegna tutto il tuo fervore: egli supera ogni lode, non vi è canto che sia degno".
E spiega quale sia il compito che ha ricevuto dal Papa: "Pane vivo, che dà vita: questo è tema del tuo canto, oggetto della lode".
"Veramente fu donato agli apostoli riuniti in fraterna e sacra cena. Lode piena e risonante, gioia nobile e serena sgorghi oggi dallo spirito".
Il santo si preoccupa di incentivare nella nostra anima una lode, la più perfetta di cui siamo capaci, affinché possiamo avvicinarci al Santissimo Sacramento e adorare Gesù, che si trova dietro il "velo" del pane e del vino.
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Perché celebriamo il giorno solenne che ci ricorda l'istituzione di questo banchetto
A partire da questo verso, fino alla decima strofa, San Tommaso inizia a indicare l'istituzione dell'Eucaristia nella festa liturgica stabilita dal Papa.
"E il banchetto del nuovo Re, nuova, Pasqua, nuova legge; e l'antico è giunto a termine". Il rito della Chiesa Cattolica Apostolica Romana aveva posto fine a quello dell'Antica Legge, che era una prefigurazione di esso. Perciò completa San Tommaso:
"Cede al nuovo il rito antico, la realtà disperde l'ombra: luce, non più tenebra".
Sì, una volta essendo venuto al mondo colui che era simbolizzato, non ha più alcun senso celebrare il simbolo. Il culto della Sinagoga nell'Antico Testamento era rivolto all'attesa del Salvatore, ed i suoi riti Lo simbolizzavano. Nel nuovo rito, nella celebrazione Eucaristica, Nostro Signore Gesù Cristo in persona si immola. Ora, essendo presente colui che è simbolizzato, perché il simbolo? Qual è il senso dell'immolare un agnello? Il rito nuovo rifiuta quello vecchio...
"Cristo lascia in sua memoria ciò che ha fatto nella cena: noi lo rinnoviamo"
Qui San Tommaso ricorda le parole di Gesù nella cena del Giovedì Santo: "Fate questo in memoria di me".
"Obbedienti al suo comando, consacriamo il pane e il vino, ostia di salvezza".
San Tommaso, sacerdote, poteva dire con molta proprietà, "obbedienti al suo comando". È un riferimento al Sacramento dell'Ordine, che conferisce a colui che lo riceve la grande gloria di poter dare in prestito la propria laringe e lel proprie mani al Divino Maestro. Affinché sull'altare si operi il più grande dei miracoli - e il più frequente di essi - della Storia dell'umanità: la transustanziazione. Cioè, la sostanza del pane e del vino cede il posto alla sostanza del Corpo, del Sangue, dell'Anima e della Divinità di Nostro Signore Gesù Cristo.
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È dogma di Fede per i cristiani che il pane si converte nella carne e il vino nel sangue del Salvatore
A partire da questo punto, in dieci strofe, l'autore dà in dettaglio, in una meravigliosa sintesi, la dottrina cattolica sul Sacramento dell'Altare. Egli continua:
"Tu non vedi, non comprendi, ma la fede ti conferma, oltre la natura".
Realmente, attraverso la nostra intelligenza non potremmo mai arrivare a penetrare in questo mistero così sacro. E neppure i demoni, che nonostante decaduti sono di natura angelica, e pertanto superiore alla nostra, riescono a discernere nelle apparenze del pane e del vino l'Uomo-Dio. Soltanto la Fede ci fa penetrare in questo mistero sacro.
"È un segno ciò che appare: nasconde nel mistero realtà sublimi".
San Tommaso insiste nell'idea che i "veli" del vino e del pane nascondano realtà divine.
"Mangi carne, bevi sangue; ma rimane Cristo intero in ciascuna specie."
Questa è una verità di Fede, che la Teologia ci spiega. Guardando il vino e l'ostia consacrati, potremmo essere portati a immaginare che la carne sta soltanto nell'eucaristia pane, e il vino soltanto nell'eucaristia vino. Tuttavia, la dottrina ci dice e la nostra Fede lo assimila che il Corpo, il Sangue, l'Anima e la Divinità di Cristo si trovano pienamente tanto nell'ostia quanto nel vino consacrati.
"Chi ne mangia non lo spezza, né separa, né divide: intatto lo riceve".
Un'altra delle impressioni erronee che possono pervadere un'anima è questa: nel vedere il ministro dividendo un'ostia si può pensare che Nostro Signore non sia più intero in ciascuna delle parti. Non è vero; da un mistero sacro, Nostro Signore Gesù Cristo si trova in modo integrale in tutte le frazioni visibili.
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"La Santa Comunione è l'ultima grazia di amore, ed in essa Gesù Cristo si unisce in modo spirituale e veramente al fedele, per produrre la perfezione della sua Vita e della sua Santità". San Pietro Giuliano Eymard
"Siano uno, siano mille, ugualmente lo ricevono: mai è consumato".
Un'altra verità di Fede: se um milione di persone comunicassero allo stesso tempo, come è già accaduto in alcune Messe presiedute dal Santo Padre nei suoi viaggi per il mondo, tutti riceveranno uno soltanto e lo stesso Gesù, senza qualsiasi frazione del suo Corpo, del suo Sangue, della sua Anima e della sua Divinità. Tutti Lo ricevono per intero. Ed ecco ancora un mistero: nel ricevere Nostro Signore Gesù Cristo, non possiamo consumarLo, poiché, quando si disfano le specie sacre nel nostro organismo, Egli lascia il nostro corpo senza toccarlo, santificando la nostra anima e concedendoci vigore persino nella salute.
"Vanno i buoni, vanno gli empi; ma diversa ne è la sorte: vita o morte provoca. Vita ai buoni, morte agli empi: nella stessa comunione ben diverso è l'esito!"
Colui che comunica in stato di grazia, riceve un influsso di vita e di forza spirituale e persino corporale. Tuttavia, poveri coloro che si avvicinano a questo Sacramento in stato di peccato mortale". L'odore della morte si impadronisce ancor più dell'anima e dell'organismo stesso. Quanta cura dobbiamo avere al fine di non avvicinarci all'Eucaristia senza essere completamenti preparati. Cerchiamo prima il confessionale, che si trova a nostra disposizione, sappiamo inginocchiarci con umiltà e chiediamo perdono dei nostri errori.
"Quando spezzi il sacramento non temere, ma ricorda: Cristo è tanto in ogni parte, quanto nell'intero. È diviso solo il segno non si tocca la sostanza; nulla è diminuito della sua persona".
San Tommaso riprende ciò che aveva già insegnato prima, per solidificare nelle anime la dottrina cattolica riguardo l'Eucaristia.
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"Ecco il pane degli angeli, pane dei pellegrini"
Il santo ricorda in queste frasi che il Sacramento dell"Altare è la realizzazione di antichi segni: "Vero pane dei figli: non dev'essere gettato. Con i simboli è annunziato, in Isacco dato a morte, nell'agnello della Pasqua, nella manna data ai padri".
Le ultime strofe lodano il Buon Pastore che ci nutre e ci custodisce, e ci fa futuramente partecipi del Banchetto Celestiale. In questo passaggio finale, testo e melodia si uniscono in una somma bellezza, di irresistibile dolcezza:
"Buon pastore, vero pane, o Gesù, pietà di noi: nutrici e difendici, portaci ai beni eterni nella terra dei viventi". "Tu che tutto sai e puoi, che ci nutri sulla terra, conduci i tuoi fratelli alla tavola del cielo nella gioia dei tuoi santi. Amen. Alleluia".
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