Quarta Domenica di Quaresima
Nel nostro itinerario verso la Pasqua, siamo giunti alla quarta domenica di Quaresima. È un cammino con Gesù attraverso il "deserto", cioè un tempo in cui, attraverso momenti di silenzio (oggi non facile ma estremamente necessario per non essere travolti dagli avvenimenti), ascoltare maggiormente la voce di Dio alla nostra coscienza e anche smascherare le tentazioni che parlano dentro di noi impedendoci la consapevolezza di tutti i condizionamenti idolatri che, purtroppo senza che ce ne accorgiamo, condizionano le nostre scelte. All'orizzonte di questo deserto si profila sempre la Croce ma come dono da abbracciare nel cammino della vita se vogliamo che diventi sempre più un cammino di amore. Gesù sa che essa è soprattutto il culmine della sua missione divina di amore e quindi di feliceità anche nelle tribolazioni: in effetti, la Croce di Cristo è il vertice dell'amore divino, perché chiunque liberamente, conquistato dal suo amore, liberamente possa essere conquistato dal suo amore e quindi credere in Lui, sperare in Lui, donarsi sempre più nell'amore gratuito a Lui. Tutto questo lo dice Lui stesso nel Vangelo di oggi: "Come Mosè innalzò il serpente nel deserto (contro i morsi velenosi), così bisogna che sia innalzato (sulla Croce) il Figlio dell'uomo, perché chiunque crede in Lui (nell'attualizzazione sacramentale del sacrificio della Croce in ogni Messa per la carità fraterna) abbia (già) la vita eterna di (amore)" (Gv 3,14-15). Il riferimento simbolico è all'episodio in cui, durante l'esodo dall'Egitto, gli ebrei nel deserto furono attaccati da serpenti velenosi, e molti morirono; allora Dio comandò di fare un serpente di bronzo e metterlo sopra un'asta: se uno veniva morso dai serpenti, guardando alla Provvidenza di Dio mediante il serpente di bronzo, veniva guarito (n. 21,4-9). Anche Gesù sarà innalzato per la sua testimonianza estrema di amore sulla Croce, perché chiunque è in pericolo di morte a causa del peccato che lo priva di amore, rivolgendosi con fede a Lui, che è morto per noi e attualizza continuamente il suo atto sacrificale in ogni Messa almeno della domenica, sia salvato. "Dio infatti -scrive san Giovanni -non ha mandato il Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma perché il mondo sia salvato nell'amore per mezzo di Lui" (Gv 3,17). Possiamo sempre, perdonati nella Confessione, accogliere la Sua salvezza nella comunione al suo darsi sacrificale in ogni Messa, almeno della domenica.
Commenta sant'Agostino: "Il medico, per quanto dipende da lui, viene per guarire il malato. Se uno non sta alle prescrizioni del medico, si rovina da solo. Il Salvatore è venuto nel mondo e sacramentalmente è presente sempre …Se tu vuoi essere salvato da Lui, ti giudicherai da te stesso se rifiuti la croce cioè la possibilità di amare come Lui ti ama" (PL 12,12, 1190). Dunque, se infinito è l'amore misericordioso di Dio, che è arrivato al punto di dare il suo unico Figlio in riscatto della nostra vita, grande è anche la nostra responsabilità: ciascuno infatti, soprattutto nel silenzio della Quaresima, deve riconoscere di essere ammalato cioè mancante di amore, per poter essere guarito e quindi felice a Pasqua; ciascuno, nella confessione pasquale che prepara, deve confessare i propri peccati, perché il perdono di Dio, già donato sulla Croce e attualizzato in ogni Messa, possa avere effetto nel suo cuore e nella sua vita, in tutti i rapporti fraterni. Scrive ancora sant'Agostino: "Dio condanna i tuoi peccati; e se anche tu li condanni, ti unisci a Dio che perdona… Quando comincia dispiacerti ciò che hai fatto, allora cominciano le tue opere buone, perché condanni le tue opere cattive. Le opere buone cominciano con il riconoscimento, nell'esame di coscienza delle opere cattive" (PL 35,1191). A volte l'uomo ama più le tenebre, le pazzie della mente, che la luce, perché è attaccato ai suoi peccati. Ma è solo aprendosi alla verità, alla luce, è solo confessando sinceramente le proprie colpe a Dio, che si trova la vera pace e la vera gioia. È importante accostarsi con regolarità al Sacramento della Penitenza, in particolare in Quaresima, per ricevere il perdono del Signore e intensificare il nostro cammino di conversione all'amore.
Venerdì, 19 Marzo, celebreremo la festa di San Giuseppe, patrono della Chiesa e del mondo come l'ha invocato Pio IX e Leone XIII. In questi giorni angosciosi di pandemia ci rivolgiamo con fiducia e fervore a San Giuseppe e gli chiediamo di intercedere perché si affretti il compimento di Fatima e giunga l'ora attesa del trionfo di Gesù e Maria sulle anime e su tutta la terra. San Giuseppe fu un principe nelle cui vene scorreva purissimo sangue reale. Egli fu discendente della gloriosa stirpe di David, e trasmise a suo Figlio l'eredità di un trono davanti al quale si sarebbero piegati tutti i re della terra. Visse in un povero villaggio ed esercitò l'umile mestiere di falegname. Ma questo dimostra come non c'è contraddizione tra la grandezza dei natali ed una vita povera e umiliata. Anche Maria fu povera, ma principessa, di un altro ramo della stessa stirpe di David, e questi illustri natali convennero a Nostro Signore, che nacque in una mangiatoia, ma volle riassumere nel suo purissimo Sangue tutto lo splendore dei re e dei patriarchi che lo avevano preceduto. Dopo Maria, nessuno come san Giuseppe rispecchiò fedelmente la bellezza di Gesù perché nessuno ne rispecchiò più perfettamente lo splendore dei doni naturali e soprannaturali. Così, san Giuseppe fu tutt'altro che u uomo di intelligenza semplice e ordinaria. Egli era destinato a conversare con Gesù e con Maria, questo solo pensiero ci fa intravvedere gli abissi di profondità della sua intelligenza e della sua scienza teologica. San Giuseppe visse fisicamente, a contatto con Gesù fonte stessa della Grazia, e con Maria attraverso la quale tutte le grazie vengono agli uomini. Egli attinse cioè le grazie alle sorgenti stesse di ogni grazia! I doni soprannaturali, di cui oggi con questa pandemia ne abbiamo bisogno, che ordinariamente dal Risorto attraverso la Madonna, giungono agli uomini, a lui giungevano in modo diretto e straordinario. San Giuseppe fu predestinato dall'eternità a cooperare nella sua qualità di vero Sposo di Maria e padre putativo di Gesù, al mistero dell'Incarnazione, cioè al più grande avvenimento della storia. Quale missione più alta si potrebbe immaginare? Quale santo o quale angelo ebbe mai vocazione così sublime? A nessuna creatura, dopo Maria, furono concesse grazie così grandi e così numerose e nessuno corrispose ad esse come san Giuseppe. Dio, scelse come sposo di Maria e Padre putativo di Gesù, l'uomo più perfetto mai nato sulla terra, il santo più grande. "È da qui - scrive Leone XIII proclamandolo nel 1889. non solo patrono della Chiesa ma dell'umanità insidiata dalla massoneria – che deriva tutta la sua grandezza, la sua grazia, la sua santità, la sua gloria e la potente intercessione" (Enciclica Quamquam pluries del 15 -8- 189). In questo momento anche noi ci rivolgiamo con fiducia alla sua intercessione.
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