Valutazione etica, morale sul vaccinarsi
Padre Elia al mio discepolo Don Giuseppe Bortoli 15 Gennaio 2021
La scure
Il vaccino e i moderni sofisti
Vae vobis, duces caeci… exculantes culicem, camelum autem glutientes (Mt 23, 16.24).
È con profondo dolore che son costretto a tornare sulla questione della liceità del cosiddetto vaccino contro il Covid-19. Tale sofferenza è dovuta all'attonita costatazione del punto cui è arrivata, non solo negli ambienti modernisti, ma anche in quelli tradizionali, la diffusione dello spirito sofistico. L'evidenza dei fatti viene occultata da un'impalcatura argomentativa che, con le sue sottigliezze da addetti ai lavori, inquadra la realtà oggettiva in schemi prefabbricati che la deformano, sacrificando la verità all'applicazione di un metodo che, per quanto in sé valido, può rivelarsi insufficiente per valutare sfide morali del tutto inedite. Un certo tomismo di scuola, incastrando oggetti complessi in una griglia rigida e invariabile, può condurre in vicoli ciechi, come già avvenuto nella disputa sulla grazia. Il paradosso è che, in tal modo, si finisce nella stessa deviazione dell'idealismo tedesco, la cui ombra si allunga fin sul formalismo intellettualistico della neoscolastica: le idee del soggetto pensante finiscono col prevalere sul reale.
Ancora una volta, per non dare l'impressione di voler squalificare a priori la tesi avversa, vengo al merito del problema. Prima di imbarcarsi in una disquisizione di teologia morale, tuttavia, bisogna identificarne l'oggetto. In questo caso non si tratta di un vaccino, bensì di un modificatore genetico che provoca la malattia, anziché prevenirla. Le stesse ditte produttrici ammettono candidamente che l'immunizzazione non è affatto certa e che gli effetti secondari sono sconosciuti. Abbiamo dunque rischi fortissimi a fronte di un beneficio del tutto aleatorio. La prima domanda da porsi è allora: è ragionevole farsi iniettare quel prodotto? La risposta, che può dare chiunque sia dotato del comune buon senso, è inevitabilmente: no. Se poi esso è stato ottenuto in modo moralmente illecito, non si può comunque ricorrervi, dato che in tal modo si provoca scandalo e se ne incentiva direttamente la produzione, con i crimini ad essa connessi.
Nel caso esaminato, l'elaborazione del farmaco presuppone l'aborto; non solo, ma è noto che i feti umani dai quali sono state prelevate le linee cellulari impiegate sono stati appositamente abortiti a pagamento. Ora, affermare che un medico che non abbia praticato l'aborto può lecitamente eseguire l'autopsia sul feto per ricavarne informazioni utili non è affatto realistico. Perché ciò sia possibile, infatti, è necessario che il feto stesso o i tessuti da esso prelevati siano crioconservati, cosa che non si fa se non per scopi utilitaristici. Il problema, in realtà, non si pone affatto, visto che i bambini estratti dall'utero vengono sezionati vivi per garantire l'incolumità degli organi. Al crimine orrendo che costituisce la soppressione di una vita umana nel grembo materno si aggiungono così, in stretta connessione finale, altri macabri atti di disprezzo della persona volti al profitto, piuttosto che alla cura. La serie di condanne subite dalle case farmaceutiche per i danni causati dai loro prodotti, insieme alle reiterate denunce dei vescovi asiatici e africani, dimostrano che la vera preoccupazione di chi le dirige non è certo la salute pubblica, se capita – tanto per fare un esempio – che milioni di donne rimangano sterili per non contrarre il tetano.
Alla luce di tali dati, l'analisi dell'oggetto dell'atto non consente di giudicarlo moralmente come cooperazione materiale, passiva e remota. Qui la materia dell'atto è l'assunzione di un prodotto che, senza l'aborto, non si potrebbe affatto avere; l'atto è quindi intrinsecamente cattivo, a prescindere dall'intenzione e dalle circostanze. Dichiarare di essere contrari all'aborto nell'atto stesso di fruire di un suo effetto, seppure indiretto, è semplicemente ipocrita. Il ricorso al vaccino, poi, è frutto di una deliberazione attiva, che le circostanze non rendono realmente inevitabile: non si tratta, infatti, di un farmaco salva-vita, bensì di un mezzo di mera prevenzione che, oltretutto, non dà alcuna garanzia di efficacia e si può agevolmente e più utilmente sostituire col rafforzamento delle difese immunitarie. Il nesso tra l'aborto e la presunta vaccinazione, infine, non è poi così remoto, visto che il primo è stato eseguito in vista della seconda.
Se è vero che l'intenzione di combattere o evitare una malattia è buona, essa non giustifica il ricorso a un mezzo cattivo: rimane pur sempre valido il principio per cui il fine non giustifica i mezzi. Le circostanze, inoltre, non sono tali da richiedere misure eccezionali: si tratta di una patologia che, salvo in casi rari, si può ordinariamente debellare con tutta una serie di cure facilmente accessibili, se non vengono impedite dalla pubblica autorità (adenosina, idrossiclorochina, antinfiammatori, acido ascorbico, plasma iperimmune ecc.). Qualora sussistesse un reale pericolo di vita, non sarebbe comunque lecito evitarlo per mezzo della distruzione della vita altrui, specialmente se è possibile superarlo per altre vie. Un confronto del numero di vite perdute e salvate è lecito unicamente se ho due gruppi di persone in immediato pericolo di vita, ma le circostanze non permettono di salvarli entrambi. Qui, invece, ci sono bambini che sono stati sicuramente uccisi – e grazie all'approvazione del "vaccino" saranno sempre di più – a fronte di persone sane che possono sì contrarre un virus, ma potrebbero morirne solo nella peggiore delle ipotesi, per complicanze fatali o a causa di patologie pregresse. Secondo i dati dell'ISTAT, in ogni caso, il 2020 ha registrato diverse decine di migliaia di decessi in meno rispetto agli anni precedenti.
L'affermazione apodittica di taluni secondo cui un prodotto a RNA messaggero non può in alcun modo modificare il DNA del ricevente si scontra con le convinzioni di eminenti scienziati che non hanno – a differenza degli "esperti" governativi e mediatici – particolare interesse a sostenerle: tale eventualità, che può avere effetti devastanti sull'organismo, appare tutt'altro che remota. Se si tiene conto che l'epidemia è stata predetta con largo anticipo e che le cure efficaci vengono boicottate in modo sistematico, non si può reprimere il sospetto che la campagna di "vaccinazione" risponda ad un piano segreto di controllo e riduzione della popolazione mondiale. In realtà tale complotto (perché così va chiamato) ha quasi completamente perso l'iniziale carattere occulto, visto che l'oligarchia finanziaria lo sta lasciando trasparire sempre più sfacciatamente, potendo contare sull'ipnosi indotta dal sistema mediatico in masse completamente assuefatte dal consumismo al materialismo assoluto e, di conseguenza, aggrappate alla salute fisica come all'unico bene.
In un contesto del genere, dichiarare moralmente lecita l'assunzione del cosiddetto vaccino contro il Covid equivale ad abbattere ogni residua barriera non solo contro la mostruosa industria dell'aborto, ma anche contro una tirannia disumana, dai tratti apertamente satanici. Che da parte di ecclesiastici si ricorra ad artificiosi sofismi per favorire tale risultato equivale a un tradimento di smisurata gravità, alle cui conseguenze non oso pensare: significa consegnare il gregge di Cristo ai servitori di Lucifero, sia nel corpo che nell'anima. I grandi maestri del passato cui ci si appella resterebbero sbalorditi; san Tommaso si rigira nell'urna sotto l'altar maggiore della chiesa dei Giacobiti a Tolosa, cosa che non può fare san Bonaventura, le cui spoglie furon gettate nel Rodano dai rivoluzionari. Gli eredi degli artefici del Terrore stanno portando a termine un progetto demoniaco a lungo termine, e certo clero – modernista o tradizionalista, cambia poco – fa loro da sponda ideologico-religiosa. Non rimane in petto che una parola, da urlare con tutto il fiato possibile: vergogna!
N.B.: abbiamo il conforto di trovare conferma in pareri molto autorevoli: quello di insigni scienziati e quello espresso più di un mese fa da quattro vescovi e un cardinale:
Il vaccino e i moderni farisei
Maledicti qui declinant a mandatis tuis (Sal 118, 21).
Si stenta a credere al coro di approvazione, in casa "cattolica", del vaccino approntato, a tempo di record, da una casa farmaceutica che, negli ultimi decenni, è stata più volte condannata a rimborsi milionari per i danni alla salute, spesso irreparabili, provocati dai suoi prodotti. Per non dare la falsa impressione che io voglia screditare la tesi contraria mettendo in cattiva luce chi la difende, rimando alla fine l'esame del "campo avversario" e mi concentro sul merito della questione, che non è certo di scarso rilievo. Sorvolo qui sul fatto, pur tutt'altro che trascurabile, che un vaccino sicuro richieda normalmente anni, se non decenni di sperimentazione. Accenno solo rapidamente a un altro dato non meno inquietante: quello che sta per essere distribuito è un vaccino contenente RNA, quindi capace di interagire con il DNA del ricevente, il cui patrimonio genetico potrebbe essere modificato con conseguenze imprevedibili (tumori, epilessia, malattie autoimmuni, problemi cardiovascolari, fenomeni degenerativi del sistema nervoso…), dato che le sue cellule potrebbero non essere più in grado di decodificare le informazioni di cui hanno bisogno per funzionare correttamente.
Stranamente, di nessuno di questi problemi, per quanto rilevanti, si tiene conto nella valutazione morale del vaccino da parte del fronte favorevole, che risulta completamente assorbito dallo sforzo di giustificare eticamente l'aspetto più grave della questione: l'utilizzo di linee cellulari provenienti da feti umani abortiti. Colpisce l'inedita unanimità tra modernisti e tradizionalisti, pur fieramente opposti su tutto il resto; ma, perché non sembri pretestuosa, posticipo anche questa osservazione e mi soffermo sull'argomentazione addotta. Il ricorso al vaccino considerato è – a dir loro – del tutto moralmente accettabile, qualora vi sia pericolo di vita e non siano disponibili altri rimedi. Infatti, per il principio di proporzionalità, non ci sarebbe comune misura tra la morte di milioni di persone e quella di qualche bambino eliminato più di cinquant'anni fa; l'importante è che chi si fa vaccinare non approvi in alcun modo l'aborto. In ogni caso, non ci sarebbe colpa, trattandosi di cooperazione al male solo materiale, passiva e remota, in quanto mancherebbe l'approvazione (che la renderebbe formale), non ci sarebbe stata attiva collaborazione all'aborto e non sussisterebbe se non un debole nesso tra l'atto di chi ha abortito e quello di chi si vaccina.
Di fronte a tale disquisizione, la coscienza e il sensus fidei di molti cattolici si sentono fortemente a disagio – e non per ignoranza delle sottigliezze dei moralisti, bensì a ragione. Ci si può chiedere, anzitutto, come si possa sinceramente (e non semplicemente a parole) rifiutare ogni approvazione all'aborto ricorrendo al contempo a un prodotto che lo presuppone. Anche l'idea di preservare la propria salute al costo della vita di piccoli innocenti ripugna profondamente a chi ha una coscienza retta, non addomesticata da acrobazie intellettuali: se si accetta l'utilizzo di linee cellulari prelevate da feti abortiti negli anni Sessanta, perché non sarebbe ammissibile nel caso in cui il bambino fosse stato abortito ieri? Chi è così ingenuo da credere che le società produttrici si pongano il problema? Perché non suggerire magari, per tranquillizzare quei quattro irriducibili pro life, l'idea di registrare sul foglietto illustrativo che l'aborto è stato eseguito prima del 1° gennaio 1970? Comunque sia, un atto intrinsecamente cattivo non è mai reso buono dalle circostanze, ancor meno da circostanze che non sussistono affatto, come invece si dà per scontato.
Qui sta il punto. L'intero ragionamento giustificativo si fonda su due ipotesi tutte da verificare: che ci sia pericolo di vita e che non siano disponibili altri rimedi. La prima non tiene conto che il Covid-19 non è affatto quella peste che la propaganda di regime ci ha presentato. Prescindendo dal fatto che, non essendo stato completamente sequenziato il virus, non si sa esattamente di cosa si tratti, è comunque una malattia che, presa nella fase iniziale, si cura normalmente a casa con farmaci ordinari. Il grave rischio per la salute sussiste solo per soggetti anziani o già compromessi da altre patologie, il cui stato sarebbe però ulteriormente danneggiato dall'introduzione di un altro agente patogeno qual è il vaccino, come si sta vedendo in Gran Bretagna. Ciò che si fa finta di non sapere, in ogni caso, è che chi si vaccina non è in pericolo di vita, ma è una persona sana rispetto al virus, la quale potrebbe contrarlo, ma può anche restarne esente. La prevenzione di una malattia, anche nel caso ci siano fondate ragioni per ritenerla efficace, è comunque una scelta facoltativa, mai obbligatoria. Sostenere che chi rifiuta il vaccino contro il Covid può causare la morte di un numero indeterminato di persone è semplicemente assurdo, dato che il rischio di ammalarsi e di contagiare involontariamente soggetti fragili è inevitabile; non si può far altro che prendere, alla comparsa dei primi sintomi, ragionevoli misure di prudenza.
Somministrare un preparato di cui si ignorano gli effetti collaterali adducendo a pretesto che non esistono altri rimedi, che in realtà ci sono, questo sì è un atto criminale. Un'efficace prevenzione del Covid si può infatti effettuare rafforzando il sistema immunitario con l'acido ascorbico, l'echinacea e la stessa idrossiclorochina, che ha non solo una funzione terapeutica, ma anche preventiva. Uno stile di vita sano, caratterizzato da una corretta alimentazione e da una regolare attività fisica, con il minimo ricorso possibile ad antibiotici e antinfiammatori, è poi una condizione di base favorevole alla salute, non certo il chiudersi in casa per paura imbottendosi di pillole a tutto vantaggio delle multinazionali del farmaco, che negli ultimi decenni hanno già realizzato profitti astronomici grazie ad altre "pandemie". Cade così anche l'altro stecchino su cui si reggeva l'edificio argomentativo: la presunzione, cioè, che non ci si possa proteggere dal Covid in altro modo che facendosi iniettare un prodotto ottenuto da bambini spappolati nel grembo della madre.
Ora, che evidenze così lampanti sfuggano completamente a quanti tuttavia si presentano come dotati di autorità o di scienza, è quantomeno sospetto. Pur lasciando che sia Dio a giudicarne l'eventuale malafede, non possiamo fare a meno di riflettere sulla loro identità. La prima a spezzare una lancia a favore del vaccino, in anticipo persino sulla sua pubblicizzazione, è stata una fraternità scismatica (in quanto di fatto indipendente dalla giurisdizione del Sommo Pontefice e dei vescovi) la quale, visto che faceva comodo, non ha esitato a richiamarsi a un documento della tanto aborrita Roma modernista. In accordo si è poi dichiarata una fondazione "controrivoluzionaria" molto attiva sul fronte della difesa della vita, ma incredibilmente allineata alla narrazione ufficiale della rivoluzione globalista, basata sull'inganno del tampone (che non è uno strumento diagnostico validato). Quindi un sito conservatore che presume di fornire ogni giorno orientamento in senso cattolico (ma è saldamente controllato dal famigerato Opus Dei) ha lanciato una raffica di interventi apologetici a sostegno della dichiarazione vaticana che sdogana il vaccino e che, trattandosi del fatto più grave, ho volutamente lasciato alla fine, ma è solo l'ultimo esempio di manipolazione della verità ad opera di un "magistero" che, da più di mezzo secolo, a un tempo afferma e nega, ribadendo i principi in astratto per poi smentirli nell'applicazione pratica.
Già il documento del 2008 cui essa si appella, pur condannando l'uso di "materiale biologico" umano di origine illecita, subito dopo apre un varco a tale pratica in nome di un generico pericolo per la salute dei bambini, che costituirebbe una ragione grave moralmente proporzionata per giustificarlo, «fermo restando il dovere da parte di tutti di manifestare il proprio disaccordo al riguardo e di chiedere che i sistemi sanitari mettano a disposizione altri tipi di vaccini» (Congregazione per la Dottrina della Fede, Istruzione Dignitas personae, 8 settembre 2008). Chiunque può agevolmente figurarsi due genitori cattolici che, nel far vaccinare un figlio, dichiarano di esser tuttavia contrari, esigendo che lo Stato fornisca farmaci diversi ma accettando, nel frattempo, quello moralmente proibito. Autorizzare tale scelta significa oltretutto provocare il pubblico scandalo e favorire interessi miliardari fondati sullo sfruttamento di feti umani e di embrioni prodotti con la fecondazione artificiale. Si può ancora onestamente pensare che, al di là delle chiacchiere, la dottrina morale rimanga intatta e il bene reale dell'uomo sia preservato?
Tali spregevoli giochi intellettuali non sarebbero ammissibili neppure se fossimo in zona neutra. In realtà ci troviamo a combattere contro satanisti che intendono cosificare l'essere umano a vantaggio dei loro vergognosi profitti e in vista di una drastica riduzione della popolazione mondiale. Che in un quadro del genere la Chiesa Cattolica abbassi ancora una volta l'asticella è un fatto di gravità apocalittica che si somma a tanti altri. Questo processo non è iniziato nel 2013, bensì sessant'anni fa. Un virus ben più pericoloso del Covid è stato inoculato nella Chiesa terrena, cioè quello spirito gnostico-hegeliano che pretende di risolvere i problemi armonizzando ogni cosa con il suo contrario in una sintesi artificiosa che fa prevalere le idee del soggetto pensante sulla realtà effettiva. A uno sguardo più profondo, la radice di tale perversione è lo spirito talmudico dei rinnegatori di Cristo, diretta espressione dello spirito maligno. Alla fine, che appaiano come progressisti o conservatori, tutti questi sedicenti cattolici non sono altro che farisei. Dissociatevene con decisione e lasciateli andare per la loro strada per non esser coinvolti nella loro condanna: il Signore si sta servendo di un virus per setacciare i Suoi eletti, separandoli dagli ipocriti.
Viam veritatis elegi; iudicia tua non sum oblitus (Sal 118, 30).
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