Toglite il nome di Giovanni Paolo II all'istituto della famiglia
Sulla pagina Facebook del Pontificio Istituto Teologico Giovanni Paolo II è apparso uno scandaloso post Facebook, a sostegno di Joe Biden, sostiene che "difendere il diritto all'aborto non significa difendere l'aborto". Giudizio diametralmente opposto a quello che è stato il Magistero del papa polacco, che non merita di essere continuamente infangato. Piuttosto chiamate l'istituto Amoris laetitia
Riccardo Cascioli in "La Nuova Bussola" 23 Gennaio 20
«Difendere il diritto all'aborto non significa difendere l'aborto». Chi avrà mai detto un'idiozia del genere? Lo ha messo nero su bianco e pubblicato su Facebook nientemeno che il Pontificio Istituto teologico Giovanni Paolo II, per difendere la "cattolicità" del neo presidente americano Joe Biden. Giustamente il post ha suscitato una serie di reazioni indignate sulla rete – e anche fuori - costringendo dopo qualche ora l'Istituto a rimuovere il post (di cui ovviamente restano gli screenshot).
Peraltro tutto nasce da un post che rilanciava l'articolo apparso originalmente sull'Huffington Post dal titolo inequivocabile: "Joe Biden, un cattolico alla Casa Bianca tra i veleni della chiesa americana" (la "c" di Chiesa volutamente minuscola). La tesi dell'articolo è facilmente intuibile: Biden rappresenta il vero cattolicesimo, il "Social Gospel", la tradizione conciliare, la piena sintonia con papa Francesco; mentre i vescovi che lo criticano sono il rimasuglio di un passato fondato sulla «retorica dei princìpi non negoziabili». Non male come articolo del giorno scelto dai responsabili di quell'Istituto voluto da Giovanni Paolo II per rafforzare la famiglia, nel quadro di un'azione più ampia per promuovere i princìpi non negoziabili.
E infatti le reazioni negative sono cominciate a fioccare, cosicché l'anonimo curatore della pagina che firma a nome dell'Istituto ha iniziato a ribattere colpo su colpo, cercando di difendere appunto il contenuto dell'articolo e la coerenza di cattolico di Biden, ed è alla fine di un lungo batti e ribatti che se ne è uscito con la risposta sconcertante di cui sopra: «Difendere il diritto all'aborto non significa difendere l'aborto. Ma soprattutto se dovessimo assegnare patenti di cattolicità in base alle posizioni politiche ben pochi politici potrebbero definirsi cattolici». Dunque difendere il diritto all'aborto è un'opinione politica come tante altre, per i responsabili dell'istituto.
Certo, il colpo di mano dell'estate 2019 guidato dal nuovo cancelliere voluto da papa Francesco, monsignor Vincenzo Paglia, ha sovvertito la mission e l'identità dell'Istituto (clicca qui per approfondire), ma affermazioni pubbliche così chiaramente in contraddizione con il Magistero della Chiesa ancora mancavano. Ci voleva l'accendersi di una discussione sui social per far uscire fuori il vero pensiero di queste nuove élite. Una vera bestemmia nei confronti di Giovanni Paolo II, che durante tutto il suo pontificato si è speso per spiegare la disumanità della posizione espressa da quella frase, inconciliabile con la fede cattolica.
Basterebbe andarsi a rileggere l'enciclica Evangelium Vitae (1995), con la sua denuncia e condanna del relativismo etico da cui nascono posizioni che giustificano il sostegno a leggi sull'aborto e sull'eutanasia: «Rivendicare il diritto all'aborto, all'infanticidio, all'eutanasia e riconoscerlo legalmente – scriveva Giovanni Paolo II nella Evangelium Vitae (no. 20) - equivale ad attribuire alla libertà umana un significato perverso e iniquo: quello di un potere assoluto sugli altri e contro gli altri. Ma questa è la morte della vera libertà».
Ironia della sorte, la scandalosa affermazione dell'Istituto Giovanni Paolo II, ha preceduto di poche ore una illuminante dichiarazione di Joe Biden: ieri si celebrava da una parte la Giornata della Santità della Vita, istituita da Donald Trump, e dall'altra si ricordava il 48esimo anniversario della sentenza Roe vs Wade che ha legalizzato l'aborto negli Stati Uniti. Ebbene Biden, con la sua vice Kamala Harris, ha scelto la seconda ricorrenza con una dichiarazione in cui si impegna a promuovere l'accesso universale all'aborto. Un diritto che, dice Biden, negli ultimi 4 anni è stato duramente attaccato. Parte di questo è anche l'impegno a nominare giudici alla Corte Suprema che impediscano che le nomine fatte da Trump blocchino l'aborto. È la conferma indiretta del progetto di aumentare il numero dei giudici della Corte Suprema in modo che i liberal riconquistino la maggioranza.
È chiaro che il tifo sfegatato che i vertici della Santa Sede hanno fatto per Biden, e che l'Istituto Giovanni Paolo II ha così rozzamente espresso su Facebook, era ben consapevole che la spinta alla diffusione dell'aborto era in cima alle priorità del nuovo presidente. Così come la promozione dell'agenda Lgbt finalizzata alla distruzione della famiglia naturale. Quanto di più lontano si possa pensare dalla sensibilità e dalla comprensione della società occidentale propria di Giovanni Paolo II.
Sarebbe perciò un atto di dignità e di onestà intellettuale se i "nuovi padroni" del Pontificio Istituto teologico per le Scienze sul matrimonio e sulla famiglia togliessero il nome di Giovanni Paolo II dall'intestazione. È già abbastanza averne tradito il Magistero, non è necessario infangarne continuamente la memoria. E visto che la stella polare dell'attuale Istituto è espressamente considerata l'Esortazione apostolica Amoris Laetitia, venga dunque rinominato Pontificio Istituto Amoris Laetitia. Sarebbe almeno un contributo alla chiarezza.
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IL CASO
Togliete il nome di Giovanni Paolo II dall'Istituto sulla famiglia
ECCLESIA23-01-2021
Sulla pagina Facebook del Pontificio Istituto Teologico Giovanni Paolo II è apparso uno scandaloso post Facebook che, a sostegno di Joe Biden, sostiene che «difendere il diritto all'aborto non significa difendere l'aborto». Giudizio diametralmente opposto a quello che è stato il Magistero del papa polacco, che non merita di essere continuamente infangato. Piuttosto chiamate l'Istituto Amoris laetitia.
«Difendere il diritto all'aborto non significa difendere l'aborto». Chi avrà mai detto un'idiozia del genere? Lo ha messo nero su bianco e pubblicato su Facebook nientemeno che il Pontificio Istituto teologico Giovanni Paolo II, per difendere la "cattolicità" del neo presidente americano Joe Biden. Giustamente il post ha suscitato una serie di reazioni indignate sulla rete – e anche fuori - costringendo dopo qualche ora l'Istituto a rimuovere il post (di cui ovviamente restano gli screenshot).
Peraltro tutto nasce da un post che rilanciava l'articolo apparso originalmente sull'Huffington Post dal titolo inequivocabile: "Joe Biden, un cattolico alla Casa Bianca tra i veleni della chiesa americana" (la "c" di Chiesa volutamente minuscola). La tesi dell'articolo è facilmente intuibile: Biden rappresenta il vero cattolicesimo, il "Social Gospel", la tradizione conciliare, la piena sintonia con papa Francesco; mentre i vescovi che lo criticano sono il rimasuglio di un passato fondato sulla «retorica dei princìpi non negoziabili». Non male come articolo del giorno scelto dai responsabili di quell'Istituto voluto da Giovanni Paolo II per rafforzare la famiglia, nel quadro di un'azione più ampia per promuovere i princìpi non negoziabili.
E infatti le reazioni negative sono cominciate a fioccare, cosicché l'anonimo curatore della pagina che firma a nome dell'Istituto ha iniziato a ribattere colpo su colpo, cercando di difendere appunto il contenuto dell'articolo e la coerenza di cattolico di Biden, ed è alla fine di un lungo batti e ribatti che se ne è uscito con la risposta sconcertante di cui sopra: «Difendere il diritto all'aborto non significa difendere l'aborto. Ma soprattutto se dovessimo assegnare patenti di cattolicità in base alle posizioni politiche ben pochi politici potrebbero definirsi cattolici». Dunque difendere il diritto all'aborto è un'opinione politica come tante altre, per i responsabili dell'istituto.
Certo, il colpo di mano dell'estate 2019 guidato dal nuovo cancelliere voluto da papa Francesco, monsignor Vincenzo Paglia, ha sovvertito la mission e l'identità dell'Istituto (clicca qui per approfondire), ma affermazioni pubbliche così chiaramente in contraddizione con il Magistero della Chiesa ancora mancavano. Ci voleva l'accendersi di una discussione sui social per far uscire fuori il vero pensiero di queste nuove élite. Una vera bestemmia nei confronti di Giovanni Paolo II, che durante tutto il suo pontificato si è speso per spiegare la disumanità della posizione espressa da quella frase, inconciliabile con la fede cattolica.
Basterebbe andarsi a rileggere l'enciclica Evangelium Vitae (1995), con la sua denuncia e condanna del relativismo etico da cui nascono posizioni che giustificano il sostegno a leggi sull'aborto e sull'eutanasia: «Rivendicare il diritto all'aborto, all'infanticidio, all'eutanasia e riconoscerlo legalmente – scriveva Giovanni Paolo II nella Evangelium Vitae (no. 20) - equivale ad attribuire alla libertà umana un significato perverso e iniquo: quello di un potere assoluto sugli altri e contro gli altri. Ma questa è la morte della vera libertà».
Ironia della sorte, la scandalosa affermazione dell'Istituto Giovanni Paolo II, ha preceduto di poche ore una illuminante dichiarazione di Joe Biden: ieri si celebrava da una parte la Giornata della Santità della Vita, istituita da Donald Trump, e dall'altra si ricordava il 48esimo anniversario della sentenza Roe vs Wade che ha legalizzato l'aborto negli Stati Uniti. Ebbene Biden, con la sua vice Kamala Harris, ha scelto la seconda ricorrenza con una dichiarazione in cui si impegna a promuovere l'accesso universale all'aborto. Un diritto che, dice Biden, negli ultimi 4 anni è stato duramente attaccato. Parte di questo è anche l'impegno a nominare giudici alla Corte Suprema che impediscano che le nomine fatte da Trump blocchino l'aborto. È la conferma indiretta del progetto di aumentare il numero dei giudici della Corte Suprema in modo che i liberal riconquistino la maggioranza.
È chiaro che il tifo sfegatato che i vertici della Santa Sede hanno fatto per Biden, e che l'Istituto Giovanni Paolo II ha così rozzamente espresso su Facebook, era ben consapevole che la spinta alla diffusione dell'aborto era in cima alle priorità del nuovo presidente. Così come la promozione dell'agenda Lgbt finalizzata alla distruzione della famiglia naturale. Quanto di più lontano si possa pensare dalla sensibilità e dalla comprensione della società occidentale propria di Giovanni Paolo II.
Sarebbe perciò un atto di dignità e di onestà intellettuale se i "nuovi padroni" del Pontificio Istituto teologico per le Scienze sul matrimonio e sulla famiglia togliessero il nome di Giovanni Paolo II dall'intestazione. È già abbastanza averne tradito il Magistero, non è necessario infangarne continuamente la memoria. E visto che la stella polare dell'attuale Istituto è espressamente considerata l'Esortazione apostolica Amoris Laetitia, venga dunque rinominato Pontificio Istituto Amoris Laetitia. Sarebbe almeno un contributo alla chiarezza.
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