III Domenica di Avento

Incarnazione, Passione, Morte, Risurrezione, Ascensione, effusione dello Spirito sono le tappe dell'anno liturgico per attualizzare in noi la Persona del Figlio di Dio in un volto umano fin da bambino, la gioia dell'Incarnazione iniziata a Betlemme in attesa del compimento alla fine dei tempi


Quando parliamo dell'Eucarestia ci concentriamo sull'essenza della liturgia, sul sacramento dell'Eucarestia cioè della Messa almeno domenicale e questo è il Cristo – il Cristo vivente, il nostro Dio incarnato che è davvero vivente con la Sua mente, il Suo cuore, la sua anima e la sua divinità nel sacramento dell'Eucarestia. Ma nella Messa con la Comunione è Egli velato, così come la Sua divinità di Figlio di Dio era velata quando è nato bambino a Betlemme, nove mesi dopo il concepimento verginale in Maria il 25 marzo, quando camminava sulla terra con la Sua gente, insegnando e parlando con loro. Pur facendo anche miracoli era così semplice e simile a qualsiasi uomo – benché fosse presente in Lui la pienezza della divinità creatrice e redentrice- molte persone non lo riconobbero e Lo rifiutarono – i farisei, gli scribi e altri – a motivo del suo aspetto umile. San Paolo ci ricorda che Nostro Signore Gesù Cristo: "spogliò sé stesso, assumendo la condizione di servo e divenendo fin da bambino simile agli uomini" (Fil 2,7).

In modo più profondo radicale avviene lo stesso mistero nell'Eucarestia che è una estensione dell'Incarnazione iniziata 2020 anni fa a Betlemme e che ci prepariamo ad attualizzare nel prossimo 25 dicembre. Pensate il sacerdote celebra tre messe: una nella notte che comincia il 24 sera, una all'alba e una nel giorno e tutti i fedeli possono partecipare a tre Messe a fare tre comunioni. Da chierichetto come vivevo con gioia l'attesa, soprattutto la terza domenica di Avvento, detta appunto domenica gaudete, "siate lieti nel Signore, ve lo ripeto: anche tribolati siate lieti". E subito dopo aggiunge la motivazione: "Il Signore è vicino" (Fil 4,4-5). Ecco la ragione della gioia anche tribolati. Ma che cosa significa che "il Signore, morto, risorto, asceso al cielo è vicino" rendendo attuale nel prossimo Natale quello che è avvenuto due mila anni fa a Betlemme? La Sua presenza eucaristica, le Messe soprattutto di Natale sono un'estensione dell'Incarnazione. L'Incarnazione prosegue perché ora non è solo la divinità di Cristo a essere velata dalla Sua umanità di bambino come il presepio fin da San Francesco lo ricorda e non tralasciamolo noi con il solo albero di Natale, ma le specie eucaristiche del pane e del vino velano sia l'umanità che la divinità di Cristo. Egli è velato ma continua a essere lo stesso; anzi vive e ci fa vivere qui sulla terra nella stessa realtà della Sua Incarnazione, ma in modo differente: quello attuale è un modo sacramentale, che non avviene assistendo la Messa in televisione. La Sua umanità nell'Eucarestia è già un'umanità glorificata, ma l'umanità glorificata è vera e la si può toccare come ha preteso Tommaso. Quando Gesù è risorto dai morti Lo si poteva toccare: aveva un Corpo reale benché trasfigurato. Lo stesso vale per l'Eucaristia: il Suo vero corpo, la Sua vera anima umana e la pienezza della Sua divinità sono velati sotto l'apparenza di un piccolo pezzo di pane che chierichetto ricevevo in ginocchio in bocca con le mani incrociate con la vestina pulita. Erano i segni esteriori di stupore, di sacralità, di adorazione della Presenza reale di Nostro Signore nella sua Incarnazione rendendo attuale quando è iniziata da bambino a Betlemme con Maria e Giuseppe, i Pastori, i Re magi. Siamo sfidati a rinnovare la nostra fede quando vediamo L'Ostia consacrata: E il Verbo si fece verginalmente carne nel seno di Maria e incarnato nacque bambino per abitare in mezzo a noi per entrare in noi e renderci figli nel Figlio del padre per opera dello Spirito Santo. Adesso Egli abita tra noi anche più intensamente, umilmente e misteriosamente – realmente, con lo stesso realismo di quando bambino giocava sulla terra, benché in altro modo. È reale: per questo parliamo di Presenza reale. È la nostra fede: sotto il velo delle specie eucaristiche del pane e del vino è presente la pienezza dell'umanità e della divinità di Nostro Signore. E oggi, in attesa anche nella sofferenza della pandemia, deve toccare la più profonda intimità della nostra anima e provocare in noi una corrispondente disposizione dell'anima e del corpo perché questa è l'Incarnazione che ci salva anche dalla morte, oggi con il rischio di morire da soli. E San paolo, scrivendo ai cristiani di Filippi, pensa evidentemente anche alla terza venuta di Cristo, al ritorno compimento finale dell'Incarnazione che nessuno può conoscere e mette in guardia da ogni allarmismo, quasi che il ritorno di Cristo cioè il culmine dell'Incarnazione fosse imminente. Già allora, la Chiesa, illuminata dallo Spirito Santo, comprendeva sempre meglio che la "vicinanza" di Dio non è una questione di spazio e di tempo, bensì una questione di amore: l'amore avvicina, oggi anche non potendo uscire dal proprio comune per stare con i propri genitori anziani! Pur non rimanendo fuori da tutte le problematiche viviamo soprattutto la verità fondamentale della nostra fede cioè l'Incarnazione di Dio nella realtà umana così oggi provata, il soprannaturale nel naturale cioè la grazia insidiata solo dal peccato, soprattutto a livello di fede e, dinnanzi al Presepe, memoria dell'inizio dell'Incarnazione del Figlio, l'Amato dell'Amante, il Padre, nello Spirito Santo, l'Amore.

Di fronte alla verità dell'Incarnazione la liturgia dell'odierna domenica è un invito alla gioia, ad una vigilanza non triste pur tra tanti problemi ma lieta.  "Gioite sempre nel Signore", scrive san Paolo incatenato verso Roma (Fil 4,4). La vera gioia non è frutto del divertirsi anche se è un dono poterlo realizzare esulando qualche volta dagli impegni della vita e delle sue responsabilità. Importante trovare spazi di tempo per il riposo, per la distensione, ma la gioia vera è legata alla comunione con l'Incarnazione sacramentale di Dio. Chi incontra personalmente e comunitariamente Cristo nella propria vita, sperimenta nel cuore una serenità e una gioia che nessuno e nessuna situazione anche difficile possono togliere. Sant'Agostino lo aveva compreso molto bene; nella sua ricerca della verità cioè della metafisica ossia attraverso le creature verso il Creatore, il principe della pace, della gioia, dopo aver cercato invano in molteplici cose anche non caste conclude con la celebre espressione che il cuore di ogni uomo è inquieto, non trova serenità e pace finché non riposa nel Dio incarnato. La vera gioia non è un semplice stato d'animo passeggero, né qualcosa che si raggiunge solo con i propri sforzi pur necessari, ma è un dono che avviene, nasce dall'incontro sacramentale con la persona viva di Gesù, dal fargli spazio in noi, dall'accogliere lo Spirito Santo che guida la nostra vita nell'amore fraterno. È l'invito che l'apostolo Paolo, che dice, "Il Dio della pace vi santifichi internamente, e tutta la vostra persona, spirito, anima e corpo, si conservi irreprensibile per la venuto del Signore nostro Gesù Cristo" (1 Ts 5,23). IN questo tempo di Avvento rafforziamo la certezza che il Signore è venuto, viene, verrà nel momento della morte e continuamente rinnova la sua presenza di consolazione di amore e di gioia. Sono veri i regali, le luci, i doni che rimandano a Lui. Abbiamo fiducia in Lui: il Signore è più vicino a noi – ci ricorda Sant'Agostino – di quanto noi lo siamo a noi stessi.

Affidiamo il nostro cammino alla Vergine Immacolata, che celebriamo martedì, il cui spirito ha esultato in Dio Salvatore. Sia Lei a guidare i nostri cuori nell'attesa gioiosa il 25 dicembre della venuta sacramentale di Gesù, un'attesa ricca di preghiera e di gesti di amore.

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