L'Eucaristia e la Santa Comunione
Mel 1969 non ho colto la critica di Mons. Veggio, Mons. Corrà e Mons. Rossetti sul Nuovo Piano di Studi dello Studio Teologico di Verona per l'assenza del Trattato De Gratia cioè sul Soprannaturale cioè la divinità così vicina a noi, anzi in noi. Ma vedendo oggi come avviene la Comunione, che è il culmine del Soprannaturale nel naturale, ritengo utile ciò che Athanasius Schneider offre in Christus vincit (pp. 261-278)
Athanasius Schneider con Diane Montagna in Christus VINCIT IL TRIONFO DI CRISTO sulle tenebre del nostro tempo
Eccellenza, Lei prima ha detto che la via d'uscita dall'attuale crisi nella Chiesa consiste nel "riscoprire il soprannaturale" e "dare il primato al soprannaturale nella vita della Chiesa" tornando a focalizzarsi sulla preghiera e sulla Santa Eucaristia. Possiamo ora tornare al mistero della Presenza reale e parlare della sua importanza?Quando parliamo dell'Eucaristia, dobbiamo concentrarci sull'essenza della liturgia, sul mistero dell'Eucaristia e questo è Cristo – il Cristo vivente, il nostro Dio incarnato che è davvero vivente con la Sua mente, il Suo cuore, la Sua anima e la Sua divinità nel sacramento della Santissima Eucaristia. Ma in questo mistero Egli è velato, così come la Sua divinità era velata quando camminava sulla terra con la Sua gente, insegnando e parlando con loro. Poiché Egli era così semplice e simile a qualsiasi uomo – benché fosse presente in Lui la pienezza della divinità – molte persone non Lo riconobbero e Lo rifiutarono – i farisei, gli scribi e altri – a causa del suo aspetto umile. San Paolo dice che Nostro Signore Gesù Cristo: "spogliò se stesso, assumendo la condizione di servo e divenendo simile agli uomini" (Fil 2,7).
In modo più profondo e radicale avviene lo stesso nel mistero dell'Eucaristia che è un'estensione dell'Incarnazione. L'Incarnazione prosegue perché ora non è solo la divinità di Cristo a essere velata dalla Sua umanità, ma le specie eucaristiche del pane e del vino velano sia l'umanità che la divinità di Cristo. Egli è velato ma continua a essere lo stesso; vive qui sulla terra nella stessa realtà della Sua Incarnazione, ma in modo differente: quello attuale è un modo sacramentale. La Sua umanità nell'Eucaristia è già un'umanità glorificata, ma l'umanità glorificata è vera e la si può toccare. Quando Gesù è risorto dai morti Lo si poteva toccare: aveva un Corpo reale benché trasfigurato. Lo stesso vale per l'Eucaristia: il Suo vero corpo, la Sua vera anima e la pienezza della Sua divinità sono velati sotto l'apparenza di un piccolo pezzo di pane.
Questo rappresenta una continua sfida alla nostra fede, al nostro amore. Siamo sfidati a rinnovare il nostro amore per l'Incarnazione, mettendo continuamente alla prova la nostra fede quando vediamo l'Ostia consacrata. Questo è il nostro Dio Incarnato: "Et Verbum caro factum est: et habitavit in nobis" – "E il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi" (Gv 1,14). Adesso Egli abita tra noi anche più intensamente, umilmente e misteriosamente – realmente, con lo stesso realismo di quando camminava sulla terra, benché in un altro modo. È reale: per questo parliamo di Presenza reale – vorrei sottolineare questo punto. È la nostra fede: sotto il velo delle specie eucaristiche del pane e del vino è presente la pienezza dell'umanità e della divinità di Nostro Signore. Essa deve toccare la più profonda intimità della nostra anima e provocare in noi una corrispondente disposizione dell'anima e del corpo perché questa è l'Incarnazione. Non possiamo esimerci da segni corporali di riverenza e rispetto, perché Egli è presente corporalmente: il Dio-uomo è veramente presente. Concreti gesti di culto, adorazione e stupore sono le logiche conseguenze della nostra fede.
E quando tralasciamo questi gesti, la fede nel mistero è indebolita?
Sì, quando diminuiamo i segni esteriori di stupore, sacralità e riverenza, di pari passo diminuisce quasi inesorabilmente la nostra fede nella Presenza reale di Nostro Signore e nella Sua Incarnazione. Queste sono unite tra loro. Ogni volta che in noi vengono meno il rispetto e la consapevolezza della presenza di Cristo nel sacramento dell'Eucaristia – la Presenza reale, piena, sostanziale e divina – viene meno anche la nostra fede nell'Incarnazione stessa. La fede nell'Eucaristia e la fede nell'Incarnazione sono inseparabilmente connesse. Quindi, è un continuo atto di fede nell'Incarnazione e nel soprannaturale perché esso è soprannaturale, perché la divinità è così vicina a noi. Nel sacramento dell'Eucaristia, Nostro Signore si è degnato di nascondersi sotto i deboli, esteriori elementi materiali. In nessun luogo del mondo intero, in tutta la storia del mondo, in tutto l'universo, Dio è tanto vicino, la divinità è tanto vicina alle Sue creature come nel mistero dell'Eucaristia.
Nell'Eucaristia persistono solo gli elementi esteriori della materia, definiti "accidenti", mentre la sostanza degli elementi è trasformata nella sostanza del Corpo e del Sangue della sacra umanità di Cristo e, attraverso l'umanità, è presente la stessa Sua divinità. Nell'Incarnazione, Dio ha inseparabilmente unito la Sua divinità alla nostra natura umana: entrambe le nature sono unite nel Figlio, nella Seconda Persona della Santissima Trinità: è ciò che definiamo l'unione ipostatica. Nell'Eucaristia questa unione ipostatica riceve un nuovo aspetto. Gli accidenti del pane e del vino sono uniti alla sostanza del Corpo e Sangue di Cristo e quindi alla Sua divinità in modo misterioso e ineffabile. San Tommaso d'Aquino dice che la divinità di Cristo, per reale concomitanza, è presente nel sacramento, "non avendo la divinità mai lasciato il corpo che aveva assunto, ovunque si trovi il corpo di Cristo, necessariamente c'è anche la sua divinità; quindi in questo sacramento, necessariamente, c'è anche la divinità di Cristo, in concomitanza del suo corpo. Pertanto nella professione di fede di Efeso leggiamo: 'Siamo resi partecipi del Corpo e del Sangue di Cristo, non come se prendessimo una carne comune, né quella di un uomo unito a Dio in dignità, ma la vera Carne vivificante del Verbo medesimo'" (Summa theologiae, III, q. 76, a. 1, ad 1).
E il Concilio di Trento ha insegnato: "sotto le specie del pane e del vino c'è la divinità in forza dell'ammirabile unione ipostatica con il Suo corpo e con la Sua anima" (sess. XIII,3).
Perché, secondo Lei, l'Amore ha escogitato questa particolare via?
Solo l'Amore poteva inventarla. L'Eucaristia è una divina invenzione. Non poteva essere stata inventata da una creatura, da nessuno. Egli l'ha riservato a Se stesso a causa del Suo amore infinito per noi e pertanto questo è il sacramentum caritatis [il sacramento dell'amore]; al tempo stesso, l'Eucaristia è il sacramentum fidei, il mysterium fidei [il sacramento, il mistero della fede]. L'amore desidera stare vicino all'amato. Non c'è altra via per essere vicini a noi, non c'è via più umile, fragile, vulnerabile e indifesa dell'Eucaristia. Poteva essere soltanto un'invenzione dell'Amore divino per noi e la Sua massima espressione.
Attraverso il sacramento dell'Eucaristia, Gesù Cristo ci dice: "Io ti amo. Non solo voglio starti vicino, ma voglio entrare in te attraverso l'Eucaristia, nel tuo corpo, nella tua anima, nel modo più profondo possibile. Voglio essere unito alla tua anima per mezzo della Mia divinità, voglio visitarti, entrare anche dentro il tuo corpo e santificarti, dimorare in te". Il Dio Incarnato non solo abita in mezzo a noi sulla terra. Egli ora viene ad abitare sui nostri altari al momento della consacrazione nella Messa e dimora nel tabernacolo. Egli discende sempre sull'altare. Era Santa Teresa di Gesù Bambino a dire: "Gesù non scende per vivere e dimorare nel calice dorato, nel tabernacolo, ma vuole abitare nelle nostre anime". Questa è l'Eucaristia. Questo è l'Amore. Non ci può essere un modo più vicino a noi, più reale e "incarnatorio" dell'Eucaristia. Cristo lo fa per nostro amore anche nella misura in cui permette che Lo si disprezzi nel sacramento, disonorandoLo, rigettandoLo, profanandoLo nel modo più orribile. Nonostante questo, Egli ha inventato e istituito questo sacramento della tremenda maestà dell'Amore divino. Egli ha fatto tutto questo per noi.
Infatti, la prescienza del disonore e del rifiuto che avrebbe subito da coloro che amava non ha contribuito alle Sue sofferenze durante la Sua Sacra Passione?
Credo che nella Sua agonia nell'Orto del Getsemani, Egli abbia visto in anticipo gli incredibili e orrendi sacrilegi contro la Sua Presenza eucaristica. Credo, soprattutto, che i peggiori sacrilegi siano perpetrati dai sacerdoti, dai Suoi "amici". Quando ti ferisce qualcuno che ami, qualcuno che è tuo amico o comunque molto vicino a te, soffri molto di più che se lo avesse fatto un estraneo. Quando i comunisti e i pagani hanno profanato l'Eucaristia, Cristo non ha sofferto così tanto come quando Egli viene profanato dai Suoi figli, dai Suoi sacerdoti e vescovi. È avvenuto su vasta scala nell'ultimo mezzo secolo. Non c'è mai stato un periodo storico in cui, all'interno stesso della Chiesa, Nostro Signore eucaristico sia stato trattato in un modo così terribile, profanato e oltraggiato dai Suoi stessi fedeli e sacerdoti, come ai nostri giorni.
Questa situazione è causata principalmente dalla comunione sulle mani. Secondo un mito diffuso, forse intenzionalmente, dai preti progressisti, nei primi secoli si amministrava la comunione sulle mani per cui dovremmo tornare alla primitiva prassi della Chiesa. È una menzogna, un mito, è propaganda sotto mentite spoglie. Perché? L'intento di ritornare a una specifica prassi liturgica antica e non ancora sviluppata è definito "arcaismo liturgico". Papa Pio XII ha condannato questa mentalità nella sua enciclica Mediator Dei, in quanto contraria al senso perenne della Chiesa. L'archeologismo liturgico è uno degli errori di base dei modernisti, all'interno della Chiesa, e dei protestanti. Tornare, sostengono, a un'epoca "ideale" nella Chiesa, saltare indietro di millenni. È un'espressione di rottura radicale, chiudendo tra parentesi quei 1.700 anni di cui abbiamo discusso prima. La rottura e la rivoluzione contraddicono l'essenza della Chiesa e la fede cristiana perché la Chiesa è un organismo che cresce organicamente. Non si può semplicemente recidere un segmento significativo di storia per tornare indietro nel tempo.
Non si può dire ai rami e ai fiori di tornare alle radici tagliando via il tronco…
Questa è un'immagine efficace. In quanto adulti, non possiamo dire: "Voglio tornare al tempo splendido e poetico della mia infanzia, perché era un tempo ideale, e mi piacerebbe indossare i vestiti di quando avevo sette o otto anni". No: ora io sono un uomo e Lei è una donna adulta. Non può mettersi i vestiti che Le piacevano tanto quando era una ragazzina di otto anni. Sarebbe buffo e bizzarro. Non le andrebbero e ne verrebbe fuori una commedia.
E una tragedia…
Infatti. È questo l'errore dei liturgisti: vogliono tornare al IV o al V secolo. Ma ne sono passati altri 15 da allora!
Ma anche concretamente c'era un errore nel mito diffuso da loro, perché quella pratica avveniva in modo differente nei tempi antichi rispetto a ora: la Santa Eucaristia era ricevuta sul palmo della mano destra e ai fedeli non era concesso toccare la Santa Ostia con le loro dita, ma dovevano chinare la testa sulla mano e assumere il Sacramento direttamente con la bocca, quindi non stando ritti ma profondamente inchinati.
L'attuale prassi invece consiste nel ricevere l'Eucaristia ritti, prendendola con la mano sinistra. È qualcosa che i Padri della Chiesa, sul piano simbolico, avrebbero considerato orribile: come si può prendere il Santo dei Santi con la mano sinistra? Quindi oggi i fedeli prendono e toccano l'Ostia direttamente con le dita e la portano alla bocca: questo gesto non era mai stato contemplato in tutta la storia della Chiesa, ma fu inventato da Calvino – neanche da Martin Lutero. I luterani ricevevano l'Eucaristia normalmente inginocchiati e sulla lingua, benché ovviamente non avessero la Presenza reale, per la mancanza del sacerdozio valido. I calvinisti e altre libere chiese protestanti, che non credevano affatto nella Presenza reale di Cristo nell'Eucaristia, inventarono un rito privo di pressoché tutti i gesti di sacralità e adorazione esteriore, per esempio, ricevendo la "comunione" in piedi e toccando l'"ostia" con le dita per portarla alla bocca come si faceva con il pane comune. Tuttavia gli anglicani, nonostante l'influenza dottrinale dei calvinisti, solitamente ricevevano la Santa Comunione in ginocchio, ma potevano toccare l'ostia con le dita e metterla in bocca da se stessi. Naturalmente anche gli anglicani, le cui ordinazioni erano invalide, mancavano della Presenza reale e del sacerdozio.
La maggior parte dei protestanti non crede alla Presenza reale. Per loro la comunione è pane ordinario che ha un valore soltanto simbolico.
Per loro era solo un simbolo, come testimonia il loro atteggiamento esteriore verso la comunione. Durante il Concilio Vaticano II, i cattolici modernisti – soprattutto in Olanda – hanno preso questo rito di comunione dai calvinisti, attribuendolo erroneamente alla Chiesa delle origini, per diffonderlo più facilmente nella Chiesa. Dobbiamo smantellare questo mito e queste tattiche insidiose iniziate nella Chiesa oltre mezzo secolo fa e che attualmente si sono riversate a valanga pressoché in tutte le chiese del mondo intero, con la sola eccezione di alcuni Paesi cattolici dell'Europa orientale e di alcuni luoghi dell'Asia e dell'Africa.
C'è un altro elemento in questo errore. Nella Chiesa primitiva le donne non potevano ricevere l'Ostia Santa direttamente sul palmo della mano: dovevano usare un panno di lino candido. Gli uomini, a loro volta, dovevano lavarsi le mani prima di accostarsi alla comunione: era impossibile ricevere il Santo dei Santi con le mani che in precedenza avevano toccato porte e monete.
Oggi la gente va a ricevere il Santo dei Santi dopo aver toccato porte, monete e soldi e chissà cos'altro, con le mani sporche. Conosco l'obiezione per cui è necessario avere l'anima pulita, non le mani. Ma, ancora, rifiutare ciò che è corporeo e naturale come irrilevante è un argomento gnostico. Il lato esteriore e corporeo è importante! Una persona provvista di buona educazione e senso comune sicuramente saluterà qualcuno di grande importanza con le mani pulite.
Come Lei accennava, la gente dice: "Ciò che conta è il cuore. È la mia intenzione. I vescovi e i sacerdoti mi permettono di ricevere il Signore sulle mani e io Lo amo. Di fatto, mi sento più vicino a Lui quando Lo ricevo sulle mani".
Questo soggettivismo è errato, perché nega la via dell'Incarnazione. Anche il Signore poteva dire: "Io sto nel Cielo. Ti ho mandato un profeta, ti amo con tutto il Mio cuore e per Me è sufficiente. Non è necessario che Io venga in mezzo a voi perché possiate avvicinarvi a Me, né versare per voi il Mio Sangue sulla Croce". Il Signore poteva dirlo a noi, ma non lo ha fatto. Egli ci ha amato fino alla fine, concretamente, non solo interiormente ma anche esteriormente: ci ha amato fino a versare l'ultima goccia del Suo Sangue e dopo la Sua Risurrezione ha sottolineato la realtà visibile del Suo Corpo.
Vorrei aggiungere anche questa analogia: un giovane innamorato di una ragazza le dice: "Ti amo nel mio cuore e ti sto tanto vicino". Però non le dona mai un fiore, non le sfiora la mano. Lei non crederebbe mai alla sua dichiarazione d'amore se questi non esprimesse mai con un segno esteriore ciò che prova per lei. Un comportamento del genere sarebbe disumano. Non corrisponderebbe alla nostra natura. Lo stesso avviene con l'Eucaristia. È illusorio per un cattolico credente affermare: "Io amo Gesù e Gli sono vicino quando Lo ricevo nell'Eucaristia, per cui basta il minimo di segni esteriori di fede e riverenza".
La concezione cattolica è et… et…, "sia… sia…" – una sintesi. Amo il Signore nel mio cuore e lo mostro esteriormente con chiari, inequivocabili segni di adorazione, riverenza e sacralità incentrati sul soprannaturale. Nel corso dei secoli la Chiesa, istintivamente, con la guida dello Spirito Santo, ha sentito la necessità di ricorrere a più espressivi segni di adorazione e modalità per proteggere il Santo dei Santi, dal momento che l'Ostia poteva cadere a terra o venire trafugata. Di conseguenza, almeno dal VI e VII secolo, la Chiesa in Oriente e in Occidente ha amministrato la Santa Comunione esclusivamente e direttamente nella bocca, per evitare ogni possibile rischio di profanazione del Sacramento. Dobbiamo anche tenere a mente il fatto che la prassi della comunione data sul palmo della mano destra nei primi secoli è attestata solo in alcuni luoghi – prevalentemente in Siria, Gallia meridionale e Africa settentrionale. Non possediamo, dunque, una testimonianza evidente di una pratica universale.
Nella Sua esperienza, ha sentito altre comuni obiezioni?
L'altra obiezione comune è che Gesù ha detto: "Prendetene tutti". Ma si tratta di un evidente malinteso, poiché queste parole non erano rivolte ai laici, ma soltanto agli Apostoli che Egli ha consacrato come sacerdoti della Nuova Alleanza. Nell'Ultima Cena non c'erano laici, neanche la Madonna era presente. "Prendetene tutti e fate questo in memoria di Me". A chi erano rivolte queste parole? Agli Apostoli. Altrimenti ogni fedele potrebbe celebrare la Messa, dato che Gesù ha detto: "Fatelo in memoria di Me". Il Concilio di Trento ha insegnato che con le parole: "Fate questo in memoria di Me", il Signore ha costituito gli Apostoli sacerdoti della Nuova Alleanza. Se queste parole erano riferite agli Apostoli, erano anche le parole: "Prendete e mangiatene tutti" erano riferite primariamente a loro. Il comando fu dato agli Apostoli per primi ed essi avevano il diritto di toccare il Corpo eucaristico del Signore e quindi di amministrare l'Eucaristia ai fedeli. Lo si evince anche dal racconto evangelico della moltiplicazione dei pani, che furono distribuiti alla gente dagli Apostoli.
La Vulgata traduce il termine greco lambanein con la parola latina accipere, comunemente usata nelle Sacre Scritture nel senso di "ricevere", non di "prendere". Per esempio, quando Nostro Signore ha alitato sugli Apostoli, dicendo: "Ricevete lo Spirito Santo", ricorre il medesimo termine accipere (in greco, lambanein). Nessuno lo tradurrebbe con: "Prendete lo Spirito Santo". Pertanto la traduzione "prendete" nelle parole dell'istituzione dell'Eucaristia è scorretta in inglese (take), in tedesco (nehmet) e in altre lingue. Lo si dovrebbe tradurre: "Ricevetene tutti", poiché in greco e latino il termine è "ricevere". Talvolta può essere inteso come "prendere" ma nella maggior parte dei passi del Nuovo Testamento è utilizzato nel senso di "ricevere" – che sia un dono di Dio, lo Spirito Santo, eccetera. È una traduzione errata e bisogna correggerla. Nelle lingue slave è tradotto correttamente con "ricevete" (priimite). Così, in russo, polacco e altre lingue slave diciamo: "Ricevete, voi tutti, e mangiate".
Dobbiamo riconoscere Chi è nel sacramento dell'Eucaristia, non solo cos'è l'Eucaristia. Una breve frase riassume l'intero mistero eucaristico: "Questo è il Signore", oppure: "È il Signore". Nel Vangelo di San Giovanni, al mattino della Risurrezione, Nostro Signore stava in piedi sulla riva del mare e nessuno lo riconosceva (cfr. Gv 21,7) – tranne l'Apostolo Giovanni, che amava il Signore più degli altri. L'amore vede. "È il Signore". Dominus est! Per questo ho voluto intitolare così il mio primo libro: Dominus est. Questa frase spiega tutto. Se questa piccola e fragile particola è il Signore, devo cadere in ginocchio, non posso rimanere in piedi, devo aprire la bocca come un bambino, con spirito di innocenza, come Gesù ha detto: "Chi non accoglie il regno di Dio come un bambino…" (Lc 18,17). Se non accoglierete il Regno di Dio come un bambino, non entrerete nel Regno di Dio. Come neonati, desiderosi di puro latte spirituale, secondo la descrizione di San Pietro nella sua epistola (cfr. 1 Pt 2,2). Sin dai primi secoli della Chiesa, il Corpo e Sangue eucaristico del Signore è stato paragonato al latte materno. Un neonato non è in grado di prendere il cibo e metterlo in bocca – è impossibile. Un neonato può soltanto aprire la bocca e ricevere il latte. Dobbiamo essere come neonati nei confronti dell'Eucaristia. È logico allora aprire la bocca come bambini, mentre il sacerdote, che è un altro Cristo, vi pone l'Ostia.
Alcune persone non amano farlo vedendovi una posizione di vulnerabilità e piccolezza. Possiamo dire in un certo senso – non in senso umano – che Dio è vulnerabile? La Sua "divina vulnerabilità" è imprevedibile, ma è la via dell'amore.
È corretto. Ne abbiamo parlato prima: la modalità di questa presenza nell'Eucaristia è in se stessa vulnerabile, fragile, indifesa e questo è un segno di amore: Dio ci ama al punto da diventare vulnerabile e indifeso sulla Croce, cominciando già dalla culla. I misteri della culla, della Croce e dell'Eucaristia formano una cosa sola. L'Eucaristia è anche più vulnerabile e indifesa perché ciascuno può prenderne e fare di Lui ciò che vuole.
Ma da parte Sua non è vera debolezza.
No, non è debolezza, è piuttosto la forza onnipotente dell'Amore nell'Eucaristia, nella sua piccolezza. Una volta ho letto una storia di una ragazzina che si preparava alla Prima Santa Comunione e aveva uno zio ateo che voleva scuoterla per indebolirne la fede. Le chiese: "Tu credi che questo pezzettino di pane sia Cristo?". "Sì, l'ho imparato al catechismo", rispose lei. "Ma al catechismo hai imparato che Dio è infinito. Nulla può contenere Dio". "Sì, ho imparato anche questo: Dio è immenso e onnipotente, dunque Dio è grande", le rispose. "Ma se Dio è immenso, può stare dentro a questa piccola ostia, come hai detto tu?". Lei lo guardò e disse: "Dio è tanto grande da avere un posto nel mio piccolo cuore ed è tanto grande da non poter stare dentro la tua mente". Era una splendida risposta di una ragazzina. In realtà, questo ci ricorda le parole del Signore: "Hai tenuto nascoste queste cose ai sapienti e agli intelligenti e le hai rivelate ai piccoli" (Mt 11,25). L'Eucaristia è Nostro Signore e io credo che la Chiesa possa essere restaurata una volta ancora dalla riscoperta di un culto Eucaristico maestoso e riverente, specie riguardo al rito della Santa Comunione con la necessaria preparazione tanto spirituale quanto esteriore.
In molte diocesi degli Stati Uniti, il mio Paese, abbiamo il particolare problema della moltiplicazione di ministri straordinari della Santa Comunione, specialmente perché l'Eucaristia è amministrata sotto le due specie. A ogni Messa domenicale una dozzina di laici prima della comunione vanno all'altare per distribuire il Santissimo Sacramento. Come si fa a restaurare quando c'è tanta gente che non è stata formata all'autentica pietà e forse inconsapevolmente scambia tutto questo per "tradizione"? Suona un po' come dire: "Abbiamo sempre ricevuto l'Eucaristia sotto le due specie. Distribuirla in altri modi [senza l'ausilio dei laici, ndt] richiederebbe troppo tempo e comunque la Chiesa lo permette, il vescovo lo permette". Laici e donne sono autorizzati e incoraggiati a fare i ministri straordinari della Santa Comunione durante la Messa domenicale e anche feriale.
È difficile cambiare tutto in un colpo. Dobbiamo mostrare lentamente, progressivamente e con un'adeguata catechesi la grandezza del Signore. Chi è l'Eucaristia? Spesso le Messe con i cosiddetti ministri straordinari della Santa Comunione somigliano a un frettoloso servizio di caffetteria. Questo distrugge il senso soprannaturale e la fede nella sublimità e divinità dell'Eucaristia e la differenza sostanziale tra laici e sacerdoti ordinati. Con questo non sto negando che molti dei cosiddetti ministri straordinari della Santa Comunione abbiano una vera fede in Gesù e Lo amino.
Credo che la maggior parte direbbe che lo fa perché ama Gesù, per desiderio di servirLo o perché il prete lo ha chiesto loro…
Però non sanno cosa stanno facendo, altrimenti non lo farebbero. Con questo servizio, contribuiscono al venir meno della santità, della sacralità, della realtà soprannaturale del mistero eucaristico e della differenza sostanziale tra il laicato e il sacerdozio sacramentale. In tal modo viene visibilmente offuscata la distinzione tra sacerdozio sacramentale e sacerdozio comune e la scena in sé somiglia più a un servizio di comunione protestante o a una caffetteria.
Quando ero una ragazzina ricordo vividamente le domeniche in cui non abbiamo più ricevuto la Santa Comunione inginocchiati alla balaustra, ma ognuno stava ritto in fila. Ricordo che all'epoca mi ricordava la fila dal McDonald.
Dobbiamo prenderci del tempo per il Signore. Non possiamo aver fretta durante la Santa Comunione. Il sacerdote dice: "Non ho tempo. Devo andare a celebrare altre Messe e ho bisogno dei ministri straordinari della Santa Comunione". Spesso questo è solo un pretesto. Di solito quello stesso sacerdote, dopo la Messa, passa tranquillamente un quarto d'ora o più in chiacchiere o su internet e così via. Avrebbe potuto risparmiare quel quarto d'ora e amministrare la Santa Comunione senza i ministri laici. Avrebbe fatto ancora meglio ad accorciare l'omelia di cinque minuti e distribuire lui stesso la Santa Comunione senza l'aiuto dei laici.
Nei tempi antichi e nella Chiesa perseguitata la gente viaggiava a piedi interi giorni per andare a Messa e talvolta passavano diversi anni senza la Santa Comunione, per cui dedicavano del tempo per prepararsi a riceverla. Oggi negli Stati Uniti e in Europa è così facile raggiungere le chiese cattoliche – siamo mobili, abbiamo le macchine.
Mai prima nella storia della Chiesa i laici avevano amministrato la Santa Comunione durante la Messa. Era permesso soltanto in casi eccezionali e sempre fuori dalla Messa. In tempi di persecuzione, quando i cattolici stavano per morire o erano incarcerati e desideravano ricevere il Signore, la Chiesa permetteva ai laici di amministrare la Santa Comunione. Ma, ripeto, in casi estremamente eccezionali e mai durante la Santa Messa, quando c'è sempre un sacerdote e non c'è ragione di reclutare i laici per distribuire la Santa Comunione. Neanche i diaconi avevano mai amministrato l'Ostia Santa, ma solo il calice. Pertanto, nella tradizione della Chiesa latina erano loro (i diaconi) a essere poi definiti ministri straordinari della Santa Comunione. Adesso i diaconi sono chiamati ministri ordinari. Nella Chiesa ortodossa, tuttavia, ai diaconi non è concesso distribuire la Santa Comunione.
Una delle obiezioni ricorrenti negli Stati Uniti sarebbe: "Ricevere il sacramento sotto le due specie è la nostra tradizione per cui abbiamo bisogno di un ministro eucaristico per il Prezioso Sangue".
Non è una tradizione secolare, ma di appena 40 anni. Non è una lunga tradizione.
I cattolici maroniti usano l'intinzione.
Volevo accennare a questo. In molte chiese cattoliche del Kazakistan il rito di comunione avviene per intinzione. Non è così complicato. Ci sono delle pissidi fatte in modo da poter contenere all'interno un piccolo calice per il Prezioso Sangue, con lo spazio circostante per le sacre Ostie, in modo che il sacerdote possa reggerlo con facilità distribuendo la Santa Comunione per intinzione, mentre i ministranti reggono il piattino. Per un sacerdote è meglio ricorrere all'intinzione piuttosto che porgere direttamente il calice alle persone. Sarebbe davvero rischioso. Una goccia del Prezioso Sangue può colare facilmente, poiché a volte le persone sono nervose, tremolanti, distratte o negligenti, e così via.
A volte sono gli anziani a servire come ministri eucaristici. Salvo il profondo rispetto per loro, ci si rende conto facilmente che le loro mani possono tremare o indebolirsi…
Infatti, questo è molto rischioso. Dobbiamo riservare all'Eucaristia, che è il tesoro divino più santo e più grande che abbiamo sulla terra, non solo segni di riverenza ma anche di sicurezza e attenzione. Quando nella propria casa c'è un tesoro prezioso la gente lo protegge e lo difende. Ma nei confronti di Nostro Signore nell'Eucaristia, vescovi, sacerdoti e fedeli nella Chiesa sono spesso superficiali e non hanno per Lui la premura che riservano ai loro tesori materiali. Credo che si debba fermare la prassi di porgere direttamente il calice ai fedeli. Una soluzione transitoria consisterebbe nel dire: "Puoi continuare a comunicarti sotto le due specie, ma per intinzione". Quando la Chiesa romana, molti secoli fa, ha interrotto l'usanza dei fedeli di bere direttamente al calice, si è trattato di una decisione ben ponderata in base a esperienze negative innegabili e comprovate.
Lei ha scelto di dedicare il Suo primo libro, Dominus est, al modo giusto di ricevere l'Eucaristia. Può dire qualcosa in più sul perché lo ha scritto e come è stato accolto?
C'è la questione dolorosa della dispersione dei frammenti eucaristici a causa della comunione sulle mani. Nessuno può negarla. Frammenti della particola consacrata cadono a terra e vengono quindi schiacciati. È terribile! Il nostro Dio è calpestato nelle nostre chiese! Nessuno può negarlo. Questo accade su vasta scala. Non possiamo continuare come se Gesù, nostro Dio, non sia realmente presente, come se l'Eucaristia sia soltanto pane. Come ho detto prima, la moderna prassi della comunione sulla mano non ha niente a che vedere con la pratica dell'antica Chiesa. La prassi moderna contribuisce gradualmente alla perdita della fede cattolica nella Presenza reale e nella transustanziazione.
Un sacerdote e un vescovo non possono dire che questa pratica sia buona. Certamente ci sono persone che ricevono la Santa Comunione sulla mano con grande fede e devozione, ma sono una minoranza. La maggior parte sta perdendo la fede a causa della banalizzazione per cui si prende la Santa Comunione come se fosse cibo comune, come una patatina o un pezzo di torta. Questo modo di ricevere il Santo dei Santi qui sulla terra distrugge gradualmente l'intima consapevolezza della Presenza reale e della transustanziazione. Cristo non è solo "Dio con noi". Egli è Dio che, nella piccola sacra particola ha consegnato Se stesso in mano agli uomini, rinunciando totalmente a difendersi. Gesù eucaristico nell'Ostia Santa è davvero il più povero e indifeso nella Chiesa e lo è specialmente quando viene amministrata la comunione.
Alla fine del 2005 ho scritto una lettera a papa Benedetto XVI allegando il manoscritto del mio libro Dominus est. In quella lettera imploravo il papa, nel nome di Gesù Cristo, di fermare la distribuzione della Santa Comunione sulla mano, ma di amministrarla sulla lingua al fedele inginocchiato. Papa Benedetto XVI mi ha risposto con una lettera firmata personalmente, dicendo che i miei argomenti erano convincenti. Poi, a partire dalla Solennità del Corpus Domini [2008] e fino alla fine del suo pontificato ha amministrato la Santa Comunione esclusivamente in questo modo: il fedele si inginocchia e riceve il Corpo di Cristo direttamente sulla lingua. Per me questo era un miracolo ed ero pieno di gioia. Credo che la mia lettera e il manoscritto del mio libro Dominus est abbiano influenzato papa Benedetto XVI.
Ironia della sorte, i protestanti della "High Church" sembrano avere più riverenza nei loro servizi di comunione, soltanto simbolici, mentre noi cattolici abbiamo la Presenza reale di Gesù Cristo nella Santa Eucaristia, ma la nostra maniera di riceverLo indebolisce ciò che in realtà crediamo.
Il modo di ricevere la Santa Comunione che per secoli si è dimostrato il più sicuro e sacro consiste nel ricevere Nostro Signore inginocchio e sulla lingua.
Una volta ho parlato con un pastore luterano norvegese e gli ho chiesto in che modo i luterani in Norvegia ricevessero la comunione. Lui mi ha risposto: "Fino a 15 anni fa la gente riceveva la comunione in ginocchio e sulla lingua. Ora, invece, in piedi e sulla mano". Gli ho chiesto la ragione del cambiamento e mi ha risposto: "Abbiamo cambiato per influsso dei nostri fratelli cattolici".
Durante un meeting interreligioso in Kazakistan, cui ho partecipato, abbiamo parlato delle realtà più sante per ciascuna religione. Un imam ha detto che per i musulmani la cosa più santa è il libro del Corano in caratteri arabi, e lo ha sottolineato dicendo che sarebbe un sacrilegio se qualcuno osasse toccare il Corano in arabo senza lavarsi le mani. All'udire questa affermazione ho pensato subito alle scene della comunione sulle mani, prive di qualsiasi chiaro segno di sacralità e certamente senza aver lavato le mani immediatamente prima. È quanto accade nella stragrande maggioranza delle chiese cattoliche di tutto il mondo.
Poi ho immaginato una scena ipotetica. Se un giorno questo imam venisse a visitare una chiesa cattolica in cui viene distribuita la comunione in mano ai fedeli che si accostano all'altare avanzando frettolosamente in fila, chiederebbe loro: "Cos'è questo pezzettino di pane bianco?". Un cattolico risponderebbe: "È Cristo". Il musulmano direbbe: "Sicuramente è solo un segno o un simbolo di Cristo". Il cattolico replicherebbe: "No, non è un simbolo o un oggetto sacro. Il Signore Gesù Cristo è realmente presente lì". Il musulmano: "Non può essere, Cristo deve esserci soltanto in modo spirituale o simbolico". Il cattolico: "No, Cristo è realmente, veramente presente con la sostanza del Suo Corpo, Sangue, Anima e Divinità". Il musulmano: "Allora, secondo la tua fede, questo pezzettino di pane deve essere il tuo Dio, il Santo dei Santi". Il cattolico: "Sì, quello che sembra un pezzettino di pane è davvero il nostro Dio vivente, in persona, nel Suo Corpo e Sangue d'uomo e non un oggetto come il tuo Corano". Alla fine il musulmano osserverebbe: "La banalità con cui tratti il tuo Dio, il Santo dei Santi, mi dice che non credi che Egli sia realmente presente. Non posso credere che tu sia davvero convinto di ciò che affermi".
Dovremmo aspettare che siano i vescovi a cambiare, eliminando la ricezione della Santa Comunione sulla mano? Oppure toccherà al laicato? Spesso per i laici è arduo discernere il modo di agire.
Il nostro è un tempo speciale per il laicato, come ha sottolineato il Concilio Vaticano II. I laici sono chiamati a iniziare a catechizzare e mostrare la bellezza, la grandezza e l'unicità dell'Eucaristia. Certamente, singoli laici, uomini e donne, famiglie cattoliche e anche gruppi parrocchiali possono scegliere di ricevere la Santa Comunione in ginocchio e sulla lingua. Essi possono anche incoraggiare i loro sacerdoti a predicare le verità della Santa Eucaristia.
In ultima analisi, però, un vero rinnovamento del culto eucaristico deve scaturire dal clero e dalla Santa Sede. Il papa è il difensore di Gesù Cristo e, in questo caso, deve far uso della propria autorità per difendere strenuamente e senza equivoci la sacralità della Santa Eucaristia, anche a costo di qualche inconveniente personale. Il papa deve dire: "Io devo difendere il Signore. Non posso permettere simili pratiche dubbie e rischiose nel ricevere la Santa Comunione". Purtroppo Roma ha permesso la comunione sulla mano, la comunione dal calice e i cosiddetti ministri straordinari. Pertanto è da Roma che deve venire la correzione di queste usanze liturgiche palesemente dannose. È stata la Santa Sede che ha liberato la valanga di banalizzazioni, oltraggi e sacrilegi di massa verso Nostro Signore eucaristico. Un giorno la storia lo affermerà.
Dobbiamo porre fine alla comunione sulle mani e inginocchiarci di fronte a Nostro Signore insieme agli angeli che si prostrano con la faccia a terra adorando Dio davanti al Suo trono (cfr. Ap 7,11). Come dice San Paolo, "nel nome di Gesù ogni ginocchio si pieghi nei cieli, sulla terra e sotto terra" (Fil 2,10). Nella Santa Comunione non c'è solo il nome di Gesù, ma Gesù stesso è presente: Dominus est! Siamo chiamati a inginocchiarci. L'intera Chiesa deve inginocchiarsi ancora di fronte a Nostro Signore eucaristico, ad amarLo, a venerarLo. Solo allora il suo cuore sarà guarito, solo dopo questa guarigione avrà vera forza spirituale per glorificare Dio, salvare le anime e annunciare il Vangelo con rinnovato vigore.
Deve ritornare al suo Primo Amore.
All'Amore eucaristico. Al vero amore incarnatorio, non solo al sentimento invisibile dicendo: "Amo Gesù nel mio cuore e i gesti non sono così importanti". È sbagliato, non è cristiano; in definitiva, è gnostico e protestante. Dobbiamo aiutare la gente con pazienza, con la catechesi, ma alla fine la correzione deve arrivare da Roma. Il papa deve essere un confessor eucharisticus, un difensore e uno straordinario amante del Cristo eucaristico. Egli è il capo visibile, così che l'amore e la sollecitudine del capo per la difesa del Cristo eucaristico si riversino nei vescovi e quindi nei sacerdoti. È consolante che i laici – i "piccoli" – stiano già gettando le fondamenta di questo rinnovamento eucaristico nella Chiesa. È magnifico e ci dà speranza.
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