La trasformazione in atto della teologia morale
È in atto un radicale cambiamento della teologia morale e il punto di coagulo, di conferma e di rilancio è l'Esortazione Amoris laetitia. Molti di questi processi erano in atto da tempo e la Veritatis splendor era stata pubblicata contro questi processi.
Stefano Fontana, Osservatorio Internazionale 1 Novembre 2020
Il problema del cominciamento consiste nel chiarire su cosa si fonda una disciplina, quale sia il suo principio, da dove essa abbia inizio. È il problema fondamentale dato che "un piccolo errore all'inizio è grande nella conclusione"[1]. Nell'inizio deve esserci anche il principio, vale a dire la giustificazione ultima dell'inizio. L'inizio, preso in sé, è solo un dato di fatto: un percorso è iniziato. Il problema del cominciamento consiste nel chiedersi cosa sia il principio dell'inizio, ossia cosa fondi, spieghi e legittimi quell'inizio. Ogni disciplina ha a che fare con questo problema.
Il problema del cominciamento si pone diversamente per la filosofia e per le altre discipline, tra cui la teologia. Solo la filosofia – e in particolare la metafisica – è capace di fondare se stessa, tutte le altre, compresa la teologia, partono da degli assunti che non sono in grado, rimanendo all'interno del loro ambito, di dimostrare. Per la teologia questo assunto consiste nella fede nella rivelazione di Dio.
La teologia morale ha quindi due fonti e, quindi, due cominciamenti. Il primo è il dogma nei suoi contenuti ed esigenze morali. Le verità rivelate e fissate dalla Chiesa nel deposito della fede contengono anche prescrizioni morali sia di tipo naturale che soprannaturale, precetti e consigli[2]. Oltre a precetti e consigli specifici, però, il dogma cattolico contiene anche delle esigenze formali ed epistemiche di logica della morale, sicché non gli si confà ogni tipo di morale filosofica, ma solo quella che corrisponde alla retta ragione pratica, alla logica della morale naturale. Il dogma cattolico non consente un pluralismo di visioni etiche.
Il secondo inizio / principio della teologia morale è l'etica naturale, l'uso della ragione pratica nel suo corretto rapporto con la ragione teoretica[3]. Questo inizio è autonomo dall'altro, dato che la ragione naturale ha una propria autonomia al suo specifico livello, e dato che la filosofia è un sapere capace di fondare se stesso dimostrando la verità del proprio inizio. Tuttavia non è scollegato in quanto fa capo allo stesso Dio, Creatore e Salvatore.
I due inizi sono complementari e si chiariscono a vicenda. La morale naturale trova se stessa e le proprie conclusioni naturali quando esamina, diventando teologia morale, le esigenze rivelate del dogma. Queste ultime trovano conferma umana nelle loro indicazioni etiche e, nello stesso tempo, temprano la ragione naturale, consolidandone ed elevandone i risultati. Si tratta quindi di complementarietà, ma secondo una ultima priorità della rivelazione sulla morale naturale. Ciò è reso evidente da due osservazioni. La prima è che la rivelazione ha anche insegnato leggi della morale naturale, ritenendo che la sola ragione naturale possa conoscere delle incertezze nei loro riguardi[4]. La seconda è che la natura umana è indebolita dal peccato e senza l'aiuto purificatore ed elevante della grazia della rivelazione rischia di perdersi.
Non possono costituire alcun inizio per la teologia morale le scienze umane in quanto non normative ma descrittive. Esse possono essere di aiuto (non essenziale) in seguito, ma non costituiscono nessuna fonte di legittimazione o di fondamento nel momento del cominciamento. La morale non può nascere dal comportamento registrato dalle scienze sociali in quanto essa guida il comportamento e non ne dipende. Se lo guida, essa deve già esserci prima e indipendentemente dal comportamento.
Non può essere cominciamento nemmeno un sapere scientifico in generale, perché la scienza è un sapere ipotetico-deduttivo e quindi né assoluto né universale. Non assoluto perché le sue conclusioni dipendono dall'ipotesi di partenza assunta; non universale perché le sue conclusioni valgono solo nell'ambito settoriale delimitato dall'ipotesi assunta. La morale non appartiene alla scienza ma alla filosofia o alla teologia.
Non può essere cominciamento nemmeno la situazione esistenziale o storica in cui si trova il soggetto morale. Né quindi una filosofia né una teologia narrative. Le situazioni esistenziali sono infatti mutevoli, ma l'etica vuole trovare delle norme di comportamento valide semper et ad semper, in ogni tempo, in ogni circostanza e per tutti.
Il cominciamento filosofico può essere dato dalla coscienza pensante (l'io penso) e avremo un morale razionalista, oppure dalla conoscenza dell'ordine finalistico dell'essere e avremo una morale realista. Il primo tipo di morale rimane però infondatoa in quanto viene semplicemente posta dal soggetto tramite un proprio atto di volontà indipendente da ogni presupposto, quindi arbitrario. Ciò che è posto senza ragioni non può essere considerato fondato. La morale risulta quindi fondata solo sulla conoscenza dell'ordine finalistico dell'essere. Si dice ordine "finalistico" e non semplicemente ordine, perché è il fine a dare il senso all'ordine, ci potrebbe essere un ordine senza fine ma in questo caso sarebbe senza senso, come nel caso dell'ordine deterministico che, infatti, non può fondare nessuna morale.
Questo vuol dire che il cominciamento della morale è la conoscenza di un mondo di essenze, la morale è "essenzialista"[5]. Il fondamento dei criteri per il bene e il male è la conoscenza dell'essenza finalistica delle cose su cui si fonda il giusnaturalismo realista. La priorità dell'essenza sull'esistenza è propria della filosofia classica e cristiana, il contrario è frutto della modernità.
La trasformazione in atto della teologia morale cattolica non accetta più questa impostazione né nel suo insieme né nei suoi aspetti particolari. Il rifiuto della metafisica non può che storicizzare la morale. La conoscenza delle essenze è considerata astratta e rigida e incapace di valorizzare, se non in senso applicativo, la situazione di vita in cui il soggetto agente deve operare. Si pensa poi che tale situazione di vita venga conosciuta dalle scienze umane che quindi diventano impropriamente costitutive del cominciamento. Partendo dalla situazione (mutevole) si deve sostenere che la norma morale è sempre anche conosciuta tramite la coscienza soggettiva e, quindi, che in parte è anche sempre "posta" e non solo "trovata". La coscienza è quindi anche fondativa della morale e non solo applicativa. Una sorta di razionalismo diventa quindi sempre presente nella nuova teologia morale. Per tutti questi motivi la norma morale diventa soggetta al cambiamento e all'evoluzione nel tempo.
La nuova teologia morale cattolica si contrappone quindi nettamente al quadro della teologia morale classica e cristiana. Benedetto XVI tra i motivi del "collasso della teologia morale" ha indicato l'abbandono del giusnaturalismo[6] e la riduzione della morale a morale biblica. Abbandono del giusnaturalismo significa abbandono della metafisica e rifiuto di un'etica essenzialista sostituita da una esistenzialista.
[1] Tommaso D'Aquino, L'ente e l'essenza, in Opuscoli filosofici, Città Nuova, Roma 1989, p. 39.
[2] Cfr. M. Konrad, Precetti e consigli. Studi sull'etica di San Tommaso d'Aquino a confronto con Lutero e Kant, Lateran University Press, Città del Vaticano 2005.
[3] Cfr. J. Pieper, La realtà e il bene, Morcelliana, Brescia 2011.
[4] Cfr. S. Cecotti, La teologia della legge antica e della legge nuova, in AA.VV., Il senso della legge e le leggi senza senso, (a cura di S. Fontana), Fede & Cultura, Verona 2019, pp. 39-72.
[5] S. Th., I-II, q. 18, a. 5, ad. 1 – bene è essere secondo natura, male contro natura.
[6] Questo nella Nota del papa Emerito sulla Chiesa e gli abusi sessuali di aprile 2019. Cfr. anche S. M. Lanzetta, Un collasso della teologia morale alla radice
Qualcuno potrebbe sostenere che non sia per nulla in atto una trasformazione radicale della teologia morale cattolica e che Amoris laetitia non sia per niente il suo punto di snodo. Prima quindi di esaminare i vari aspetti del cambio di paradigma in teologia morale, è utile dimostrare che la trasformazione c'è e non è una mia invenzione.
Prima di tutto va notato che negli anni immediatamente seguenti ad Amoris Laetitia (2015) sono state pubblicate varie opere collettanee dai titoli inequivocabili: CIPRESSA, S. (a cura di), La teologia morale dopo l'Amoris laetitia, Cittadella, Assisi 2018; GOERTS, S – WITTING, C. (a cura di), Amoris laetitia. Un punto di svolta per la teologia morale?, San Paolo, Cinisello Balsamo 2917. Il punto di domanda in questo secondo titolo è pleonastico.
Bisogna poi ricordare il forte impegno profuso dalla rivista dei gesuiti "La Civiltà Cattolica" con interventi tutti tesi a cavalcare l'innovazione in teologia morale, come per esempio: FARES, Diego SI, Amoris Laetitia e il rinnovamento del linguaggio ecclesiale, "La Civiltà Cattolica", n. 3981, 14 maggio 2016, pp. 209-222; SPADARO, Antonio SI, La sfida del discernimento in Amoris Laetitia, "La Civiltà Cattolica", n. 3985, 9 luglio 2016, pp. 3-16; Id., Amoris Laetitia. Struttura e significato dell'Esortazione apostolica post-sinodale di Papa Francesco, "La Civiltà Cattolica", n. 3980, 23 aprile 2016, pp. 105-128. Come è noto una delle principali novità dell'Esortazione è considerato il suo linguaggio, mentre la chiave principale della nuova teologia morale è da considerarsi il "discernimento".
A proposito del discernimento, chiave di accesso alla teologia morale ristrutturata, sono state pubblicate molte opere, soprattutto dai teologi della Facoltà di Milano. Questo impegno su un punto così importante è segno di una volontà di rinnovamento radicale. Ecco per esempio: CHIODI, Maurizio, Coscienza e discernimento. Testo e contesto del capitolo VIII di Amoris laetitia, San Paolo, Cinisello Balsamo 2018; Id., ll profilo morale del discernimento cristiano, "Teologia", 44 (2019) 1, pp. 11-34; Id., Coscienza e discernimento: quale rapporto con la norma? Riflessioni sul capitolo VIII di Amoris Laetitia, "Teologia" , XLIII (2018) 1, pp. 18-47. Il tema del discernimento richiama a quello del rapporto tra coscienza e norma che pure viene rivisto: Id., Coscienza e norma. Quale rapporto? A partire dal cap. VIII di Amoris laetitia, "La rivista del clero italiano", 98 (2017), pp. 325-338.
Considerando queste opere del prof. Chiodi diventa difficile sostenere che non si sia di fronte ad un nuovo paradigma morale. Del resto è proprio questo autore ad aver sostenuto che non è Amoris laetitia a dover essere letta alla luce dalla Humanae vitae ma il contrario: basterebbe questa affermazione a dimostrare il radicale cambiamento di prospettiva in corso.
Del resto il teologo salesiano Andrea Bozzolo sostiene che dopo Amoris laetitia bisogna ripensare il matrimonio cristiano: Id., Le linee pastorali di Amoris Laetitia e i compiti della teologia del matrimonio, "Teologia", XLIII (2018) 1, pp. 48-67. E Aristide Fumagalli scrive La legge morale in Amoris Laetitia, "La Rivista del clero Italiano", 99 (2018), pp. 512-523, in cui mostra tutta la novità della concezione di legge morale nell'Esortazione.
La diffusione del nuovo paradigma è molto ampia e raggiunge anche facoltà teologiche e riviste che potrebbero essere considerate immuni. Anche la rivista "Alfa Omega" del "Regina Apostolorum" (Legionari di Cristo) pubblica un articolo decisamente aperto al rinnovamento in atto: RAJĈÁNI, Jakub, La coscienza situata come "polo opposto" alla norma morale, "Alfa Omega", XXII (2019) 1, pp. 103-117. Pure la Facoltà teologica di Lugano, in genere abbastanza equilibrata, pubblica un articolo di sostanziale accettazione delle novità: VOLONTÉ, Ernesto William, Esortazione apostolica dopo il Sinodo dei Vescovi. Papa Francesco alle famiglie: gioia dell'amore e responsabilità, "Rivista teologica di Lugano", XXI (2016) 1, pp. 193-198.
Uno dei testi più dirompenti del radicale cambiamento in corso è MAGRO, Fabio, Discernimento, coscienza, norma. Verso una nuova oggettività morale, Studia Patavina 66 (2019) 3, pp. 407-417, in cui possiamo trovare tutti gli elementi strategici della nuova teologia morale. L'autore, docente di teologia morale a Pordenone e Udine e all'Istituto di Scienze religiose di Gorizia, Trieste e Udine, superando completamente l'impostazione di Veritatis splendor, ragiona in un ambito decisamente storicistico. Egli definisce la norma (morale) come la sedimentazione e condivisione comunitaria di discernimenti verificati nell'esperienza (411).
Mi sono soffermato su alcune produzioni teologiche recenti per mostrare che è veramente in atto un radicale cambiamento della teologia morale e che il punto di coagulo, di conferma e di rilancio è l'Esortazione Amoris laetitia. So bene che molti di questi processi erano in atto da tempo e che la Veritatis splendor proprio contro questi processi era stata pubblicata, però non c'è dubbio che siamo in presenza di una radicalizzazione e – questa è la novità principale – avvalorata dai vertici della Chiesa.
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