I Domenica di Avvento

"Vegliate dunque: voi non sapete quando il padrone di casa ritornerà, se alla sera o a mezzanotte o al canto del gallo o al mattino (o diventando positivi); fate in modo che, giungendo all'improvviso, non vi trovi addormentati" (Mc 13,35-36). Il tempo di Avvento viene ogni anno a ricordarci questo nella prima parte, perché la nostra vita ritrovi il giusto orientamento, verso il volto di Dio cioè la vita veramente vita che dura eternamente


Iniziamo oggi, con la prima Domenica di Avvento, un nuovo Anno Liturgico ed è un dono per dire grazie. Questo fatto ci invita a riflettere sulla dimensione del tempo, dimensione che finisce con la morte del corpo e che esercita sempre su di noi un grande fascino. Sull'esempio di quanto, con l'Incarnazione faceva l'esperienza del tempo, amava fare Gesù, desidererei partire da una constatazione molto concreta: tutti spesso diciamo che "ci manca il tempo", perché il ritmo della vita quotidiana è diventato per tutti frenetico. Ma anche a tale riguardo la Chiesa con la Liturgia ha una "buona notizia" da portare: Dio, con il suo rapporto personale con ciascuno di noi, ci dona il suo tempo, Lui che è fuori del tempo. Noi abbiamo sempre poco tempo; specialmente di stare con il Signore, non sappiamo o, talvolta, non vogliamo trovarlo perfino per la Messa domenicale e per la preghiera del mattino e della sera. Ebbene, Dio ha tempo per noi! Questa è la prima cosa che l'inizio di un anno liturgico ci fa riscoprire con meraviglia sempre nuova se ci rendiamo conto. Sì: Dio, nel rapporto tra Lui persona, L'Amante il Padre, l'Amato il Figlio, l'Amore lo Spirito Santo, ci dona il suo tempo perché è entrato ed entra nella storia con la sua Parola e le sue opere sacramentali di salvezza, per aprirla all'eterno, per farla diventare storia di alleanza cioè di amore, anticipo di Paradiso. In questa prospettiva, il tempo è già in sé stesso un segno fondamentale dell'amore di Dio: un dono che l'uomo, come ogni altra cosa, è in grado di valorizzare e, al contrario, nel libero arbitrio di sciupare; di cogliere ringraziando ogni mattina di avermi creato, fatto cristiano, consacrato sacerdote già da sessant'anni, o trascurare con ottusa superficialità senza la riconoscente preghiera del mattino.

Tre sono i grandi "cardini" del tempo, che scandiscono la storia della salvezza, dell'Alleanza cioè della Storia di amore: all'inizio la creazione, al centro l'incarnazione-redenzione e al termine la "parusia" cioè la venuta finale del tempo con la morte del corpo che comprende l'anima, separata dal corpo con il giudizio particolare per il pre - paradiso o purgatorio, paradiso o inferno e comprende anche con la risurrezione del corpo il giudizio  pubblico, universale. Questi tre momenti però non sono da intendersi semplicemente in successione cronologica. Infatti, la creazione è sì all'origine di tutto, ma è anche continua e si attua lungo l'intero arco del divenire cosmico e storico, fino alla fine dei tempi. Così pire l'incarnazione-redenzione, se è avvenuta in un determinato momento storico, il periodo del passaggio e della presenza di Gesù sulla terra che vivremo nel prossimo Natale e Pasqua, tuttavia estende il suo raggio d'azione a tutto il tempo precedente e a tutto quello seguente. E a loro volta l'ultima venuta e il giudizio finale, che proprio nella Croce di Cristo hanno avuto un decisivo anticipo, esercitano il loro influsso sulla condotta degli uomini di ogni epoca.

Il tempo liturgico dell'Avvento celebra la venuta di Dio, nei suoi due momenti: dapprima ci invita a risvegliare l'attesa del ritorno glorioso certo di Cristo in un periodo di secolarizzazione in cui non ci si pensa più; quindi, avvicinandosi il Natale che la pandemia ci fa prevedere parecchio solitario, ci chiama ad accogliere il Verbo fatto uomo nel tempo per la nostra salvezza. Ma il Signore sacramentalmente viene continuamente nella nostra vita soprattutto nella confessione e comunione natalizia da preparare. Che testimonianza in Francia il grido: a Natale vogliamo la Messa! Quanto mai opportuno è quindi l'appello evangelico di Gesù, che in questa prima domenica ci viene riproposto con forza nel rischio di una fede addormentata: "Vegliate" (Mc 13,33.35.37). È rivolto ai discepoli ma anche "a tutti", perché ciascuno, nell'ora che solo Dio conosce, sarà chiamato a rendere conto della propria esistenza. Qui nella Casa del clero di Negrar dieci sacerdoti positivi, quattro portati in cure intensive e due gravi. Vegliate è soprattutto per quello non ancora positivo, per me. Questo favorisce, ed è l'aspetto positivo di questa pandemia, un giusto distacco dai beni terreni, compresa la vita temporale, un sincero pentimento dei propri errori che in questo periodo di clausura in camera emergono di più, una carità operosa verso il prossimo che medici, infermieri, operatori testimoniano e soprattutto un umile e fiducioso affidamento alle mani di Dio, nostro padre tenero e misericordioso. Icona dell'Avvento è la Vergine Maria, la madre dell'Amato dell'Amante che l'Amore, lo Spirito Santo ha reso uomo verginalmente e fatto nascere senza doglie. Invochiamola perché aiuti anche ciascuno di noi a diventare un prolungamento temporale di umanità per il Signore che sacramentalmente viene.


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