Don Leonesi sull'aborto

Don Andrea Leonesi fa un paragone tra aborto e pedofilia e subisce gli strali di femministe, esponenti della Sinistra, grandi media e sindacati. Eppure, le critiche mostrano che il problema non è il paragone, ma ricordare che l'aborto è un peccato, per giunta dei più gravi. La nota lieta è che il vescovo, Nazareno Marconi, ha difeso con lucidità il suo sacerdote.

Ermes Dovico in "La Nuova Bussola" 13 novembre 2020

Don Andrea Leonesi fa un paragone tra aborto e pedofilia e subisce gli strali di femministe, esponenti della Sinistra, grandi media e sindacati. Eppure, le critiche mostrano che il problema non è il paragone, ma ricordare che l'aborto è un peccato, per giunta dei più gravi. La nota lieta è che il vescovo, Nazzareno Marconi, ha difeso (con lucidità) il suo sacerdote.



Prima i fatti. Martedì 27 ottobre, chiesa dell'Immacolata, Macerata. Davanti ad alcuni universitari della Fuci, don Andrea Leonesi, vicario del vescovo locale, tiene un'omelia di poco più di un quarto d'ora, durante la quale accenna alla scelta controcorrente fatta in Polonia, dove la Corte costituzionale ha dichiarato che l'aborto eugenetico è contrario alla Costituzione. Seguono le parole che gli sono costate la gogna mediatica (e non solo): «L'aborto è il più grande degli scempi, eh. Mi verrebbe da dire una cosa, ma dopo scandalizzo mezzo mondo (…). È più grave l'aborto o l'atto di pedofilia? Il problema di fondo è che secondo me siamo così impastati in una determinata mentalità (…). Con questo non voglio dire che l'atto di pedofilia non sia niente, cioè, è una cosa gravissima (…), ma che cos'è più grave?».


Gruppi di femministe radicali come Non una di meno, esponenti della Sinistra, diversi dei maggiori quotidiani nazionali, programmi televisivi come Le Iene, i tre sindacati confederali Cgil, Cisl e Uil, perfino alcuni parrocchiani hanno in vario modo attaccato verbalmente o biasimato don Andrea. Esemplificative le parole della Iena Nina Palmieri, che al telefono (dopo averlo cercato in chiesa) ha incalzato, e deriso, don Andrea, chiedendogli come si fa a paragonare «un crimine orribile» come la pedofilia a «un diritto come l'aborto, che è una libera scelta delle donne».


Ora, sul fatto che la pedofilia sia un «crimine orribile» siamo tutti d'accordo e, non per nulla, don Andrea l'ha chiamata «gravissima». Il problema è che il pensiero oggi dominante non solo non vuol sentir fare quel paragone ma rifiuta che l'aborto sia un peccato, perché nell'ultimo mezzo secolo è stato spacciato come diritto e come civiltà. Ma sul piano della legge morale naturale, essendo emanazione di Dio, nulla è cambiato né può cambiare. Rimane sbagliato anche se la legge statale lo permette. «L'aborto come pure l'infanticidio sono abominevoli delitti», ricorda il Catechismo della Chiesa Cattolica al numero 2271, citando le parole della costituzione conciliare Gaudium et spes.


Un delitto talmente grave che sempre il Catechismo, sulla scorta del Codice di diritto canonico, spiega:


«La cooperazione formale a un aborto costituisce una colpa grave. La Chiesa sanziona con una pena canonica di scomunica questo delitto contro la vita umana. "Chi procura l'aborto, se ne consegue l'effetto, incorre nella scomunica latae sententiae" (CIC 1398), "per il fatto stesso d'aver commesso il delitto" (CIC 1314) […]. La Chiesa non intende in tal modo restringere il campo della misericordia. Essa mette in evidenza la gravità del crimine commesso, il danno irreparabile causato all'innocente ucciso, ai suoi genitori e a tutta la società» (CCC 2272).


Con il buonsenso si capisce che don Andrea, il quale pur parlava a braccio, sottintendesse chiaramente il «danno irreparabile» che viene arrecato al bambino ucciso con l'aborto volontario. «Il più grande distruttore di pace è l'aborto», disse Madre Teresa di Calcutta nel memorabile discorso del 1979 alla cerimonia di consegna del Nobel per la pace, «perché è una guerra diretta, un'uccisione diretta…». Sia aborto che atti pedofili sono materia di peccato mortale. E si può certamente dire che la possibilità di disporre legalmente del corpo e della vita del bambino, uccidendolo per mezzo dell'aborto, ha aggravato i peccati dell'umanità e si è accompagnata alla crescita degli orribili abusi sessuali contro l'infanzia e all'idea - sempre più diffusa, basti sfogliare certe riviste patinate o anche "scientifiche", con le loro immagini e i loro sottili (perversi) ragionamenti - che un adulto può disporre sessualmente del corpo di un bambino. Su chi scandalizza «anche uno solo di questi piccoli», sappiamo la gravità dell'ammonimento pronunciato da Gesù.


Possiamo aggiungere una domanda: quanti di coloro che oggi si scagliano contro don Andrea fanno realmente qualcosa per proteggere i bambini dalla pedofilia? Don Fortunato Di Noto, che la pedofilia la combatte concretamente da oltre trent'anni, ha lamentato più volte l'indifferenza dei grandi media davanti all'attività e ai dettagliatissimi rapporti (preziosi per le forze dell'ordine) dell'associazione Meter, da lui fondata. Un'indifferenza che conferma che la pedofilia desta scandalo (quasi) esclusivamente se coinvolge un uomo di Chiesa.


Grazie a Dio non c'è stato solo l'indecente linciaggio verbale. La buona notizia, rara in questi tempi travagliati per la Chiesa, è che il vescovo di Macerata, Nazzareno Marconi, classe 1958, ha difeso il suo sacerdote e vicario, con una nota pubblicata sul sito della sua diocesi: «Io sono contro l'aborto, che non ritengo né un diritto né una conquista di civiltà, ma un fallimento sociale quando porta a considerare una vita umana come "un problema". Ogni vita umana è invece una ricchezza per tutti (…)», ha detto monsignor Marconi, dicendosi fiero di vedere «alcune persone che oggi sono vive anche per l'impegno mio e di tanti altri, mobilitati nell'affrontare problemi economici, psicologici o di relazione che stavano spingendo le loro madri verso l'aborto».


Il vescovo ha poi sottolineato che «con il linguaggio provocatorio del pensiero e della riflessione, tipico di una omelia, don Andrea ha messo in guardia da una mentalità oggi imperante che ci fa guardare giustamente al dramma della pedofilia come ad una battaglia che tutti ci deve vedere coinvolti, ma non ci mobilita allo stesso modo per garantire a ogni donna il diritto a non abortire».


«Se l'aborto è l'unica scelta concretamente lasciata anche a una sola donna, perché tutta la società non ha fatto di tutto e di più per aiutarla, questa non è civiltà, ma barbarie. Questo soprattutto vale per chi si dichiara cristiano, anzi laico impegnato, come i giovani della FUCI a cui si rivolgeva don Andrea», ha aggiunto mons. Marconi, che poi ha spiegato ai denigratori il senso - su matrimonio e famiglia - della lettera di san Paolo agli Efesini (citata da don Andrea) e li ha invitati «a studiare meglio il Medioevo».


I fedeli di Macerata devono essere grati di avere un sacerdote come don Leonesi e un vescovo come Marconi che si espongono per difendere i più piccoli tra i piccoli. Non manchino a loro le nostre preghiere, né alle persone che, oggi, sono sul fronte opposto della battaglia-


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