Il temerario rinnovo del Trattato tra Cina e Vaticano

È ormai ufficializzata  l'intesa il 22 ottibre tra lo Stato del Vaticano e la Repubblica Popolare  Cinese

Luca Della Torre in "Corrispondenza Romana" 22 ottobre 2020 

 Il prossimo 22 ottobre la Santa Sede ed il criminale governo dittatoriale comunista di Pechino ratificheranno il rinnovo per altri due anni dell'Accordo internazionale provvisorio e segreto sottoscritto nel 2018. La Santa Sede sotto l'imperio del Pontefice Bergoglio nel suo ruolo di Autorità spirituale rappresentate della comunità cristiana cattolica a livello giuridico nelle relazioni internazionali, si è intestardita così a sigillare un patto che, essendo completamente sbilanciato a favore del potere politico di Pechino e asimmetricamente privo del principio di reciprocità dei ruoli sovrani, addensa cupe nuvole nere sulla libertà di fede dei cittadini cinesi cattolici e incrina fortemente l'autorità morale, la moral suasion, si dice in ambiente diplomatico, della Chiesa. Sono due le criticità che analisti, studiosi, diplomatici nella comunità internazionale, in modo unanimemente trasversale, colgono nell'incauta decisione della Santa Sede di procedere nell'avvio di relazioni diplomatiche con lo Stato che detiene da anni il triste primato delle violazioni sistematiche dei diritti della persona umana, secondo i reports del Comitato ONU dei Diritti Umani. In primo luogo l'azione diplomatica dei negoziatori della Santa Sede è stata caratterizzata pubblicamente da una forte connotazione ideologica nel corso delle trattative. La pregiudiziale ideologica antioccidentale del Pontefice Bergoglio a favore di improbabili quanto pericolosi esperimenti ideologici in cerca di una "terza via" è ben nota a tutta la comunità internazionale: in molteplici occasioni il Papa argentino non ha fatto mistero di nutrire profonda antipatia per il modello politico istituzionale e sociale USA ed europeo, giungendo ad affermare con autoreferenziale leggerezza di essere contento quando l'establishment istituzionale USA lo critica, e accusando altrettanto pesantemente la UE di non condividere la sua visione strategica immigrazionista, che tanto caos sociale, culturale politico in verità sta generando nella società civile.


«Col suo intervento a gamba tesa contro la proroga, quasi un messaggio mafioso», è il commento duro che arriva dal Vaticano, «Pompeo ci ha fatto un favore. Ha dimostrato che la nostra linea non è condizionata da nessuno». Così riporta il Corriere della Sera lo stato di estrema tensione tra Vaticano e USA. Le stizzite, umorali, financo rancorose dichiarazioni dei negoziatori della Santa Sede nei confronti delle legittime esternazioni del Segretario di Stato USA Mike Pompeo contro il rinnovo dell'Accordo con la Repubblica Popolare Cinese purtroppo fanno certamente il paio con le doti caratteriali del Papa, ma in verità evidenziano una sconcertante, preoccupante mancanza di conoscenza adeguata del profilo politico diplomatico di estrema cautela che le Cancellerie di quasi tutto il pianeta hanno assunto nei confronti dell'aggressiva violenta strategia geopolitica che il regime del nuovo imperatore cinese XiJinping ha impresso alla Cina nelle relazioni internazionali. Il fatto è che le critiche all'azione politica internazionale "mondialista" del Pontefice Bergoglio, un papa "post-occidentale" promotore di una geopolitica a 360 gradi che pone indistintamente sullo stesso piano istituzionale governi liberali che si ispirano al primato dei diritti della persona umana e della democrazia e criminali regimi totalitari o dittatoriali, comunisti e atei, non provengono solo dalla diplomazia USA, ma de facto sono manifestate dalla quasi totalità delle Organizzazioni politiche internazionali e degli Stati global players del pianeta.


Ecco dunque la seconda criticità palese della tattica politica diplomatica della Santa Sede sotto Papa Bergoglio: la grossolana ingenuità nel leggere i processi politici istituzionali internazionali non secondo il rigoroso realismo della tutela della pace, della sicurezza internazionale e della cooperazione nel campo dei diritti umani come stabilito dall'art.1 dello Statuto ONU, bensì secondo utopiche, irrealistiche quanto ideologizzate populistiche chiavi di lettura che ignorano del tutto la realtà della prassi della geopolitica attuale. Nel recentissimo meeting in streaming di fine settembre tra le autorità della UE, la Commissione europea, la Presidenza del Consiglio UE ed il governo di Pechino sullo stato dei rapporti tra UE e Cina, le valutazioni dei vertici europei sono state estremamente scettiche. La Cancelliera tedesca Merkel ha espressamente affermato che «sulla Cina non c'è da farsi illusioni»; la Commissione UE ha espressamente qualificato il regime cinese in un suo paper ufficiale un nemico potenziale, enemy strutturale in quanto portatore di un modello di governance in aperto contrasto con il sistema dello stato di diritto e democratico europeo. Il regime comunista di Xi Jinping, forte del formidabile collante nazionalista cinese, sta ponendo in atto da tempo palesi, gravissimi attentanti alla pace ed alla sicurezza internazionale violando molteplici accordi di diritto internazionale relativi alla sovranità territoriale e marittima di tanti Stati sovrani: in soldoni sta aggredendo militarmente Paesi sovrani secondo una logica di espansionismo politico che ricorda i regimi totalitari del XX secolo: la Cina intende estendere le proprie acque territoriali all'intero Mar Cinese Meridionale, in violazione degli accordi internazionali del Trattato di Montego Bay, al fine di dividere di fatto l'Oceano Pacifico da quello Indiano e fare del Sud-Est asiatico una propria enclave; la Cina minaccia costantemente la sovranità dello Stato di Taiwan, repubblica democratica cinese, asserendo che l'isola deve entrare a far parte del territorio della Repubblica Popolare Cinese; la Cina viola da anni provocatoriamente lo spazio aereo giapponese, affermando il suo diritto sulle isole Senkaku, in violazione degli accordi di pace della Second Guerra Mondiale e del Trattato di Sicurezza tra USA e Giappone.


I diritti umani fondamentali sono permanentemente violati dal regime di Xi Jinping, in nome di un ribaltamento assiologico del rapporto tra legge e diritto, in ossequio ad ogni credo politico totalitario: nel Libro Bianco del Partito Comunista Cinese del 2019 si contesta testualmente il principio occidentale della Rule of Law, ovvero il sistema dello "stato di diritto" per cui l'azione di ogni governo deve comunque sottostare alla legge eguale per tutti, a favore di un principio tutto cinese della Rule by Law, per cui il potere del Partito Comunista cinese è al di sopra della legge e dunque non risponde ad essa in quanto depositario virtuoso del bene supremo del Paese. Come puntualmente afferma con lucida vis l'ex Nunzio apostolico negli USA Mons. Viganò perché, se «Bergoglio può impunemente affermare che Trump non è cristiano evocando i fantasmi del nazismo e del populismo, per quale motivo il Segretario di Stato americano, con un obiettivo più che lecito di sicurezza internazionale, non avrebbe il diritto di esprimere il suo giudizio sulle connivenze della Santa Sede nei riguardi della più feroce – ma anche più potente ed influente che mai – dittatura comunista?» Questo rinnovo della ratifica dell'Accordo tra Santa Sede e Repubblica Popolare Cinese pare sorgere sotto i peggiori auspici geopolitici e di diritto internazionale: il Papa argentino ancora una volta pare mostrare completa indifferenza nei confronti del sempre più numeroso popolo dei fedeli e di presibiteri che denunziano con accorata preoccupazione i timori per la libertà di fede sul pianeta. Il Cardinale birmano Bo, come presidente della Federazione delle Conferenze episcopali asiatiche, ha scritto che «il regime cinese guidato dall'onnipotente Xi Jinping e dal Pcc – non dal suo popolo – deve a tutti noi delle scuse e il risarcimento per la devastazione che ha causato. Per il bene della nostra umanità comune, non dobbiamo avere paura di chiedere conto a questo regime. I cristiani credono, nelle parole dell'apostolo Paolo, che dobbiamo "rallegrarci con la verità", perché come dice Gesù, "la verità ti renderà libero". Verità e libertà sono i due pilastri su cui tutte le nostre nazioni devono costruire fondamenta più sicure e solide». Verità e libertà sono assolutamente bandite nella Cina comunista.



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Lo stesso Benedict Rogers, giornalista inglese e attivista per i diritti umani, fondatore di Hong Kong Watch, il principale osservatorio sulla violazione dei diritti della persona nella ex colonia britannica e profondo conoscitore della realtà politica cinese insiste sul punto che questo Accordo conferisce al Partito Comunista un ruolo decisionale nella nomina dei vescovi cattolici: questa clausola ha costretto diversi vescovi cattolici della Chiesa "sotterranea", da sempre fedeli a Roma, a farsi da parte a favore di vescovi nominati da Pechino. Di per sé un tradimento totale di membri del clero che hanno mostrato, a caro prezzo personale, devozione assoluta a Roma, come il caso del Vescovo Monsignor Vincenzo Guo Xijin, uno degli alti prelati non sottomesso al regime comunista, privato già del suo incarico proprio da Papa Bergoglio, ed ora dimissionario in occasione della stipula dell'Accordo per non piegare il capo alla prepotenza del criminale regime di Pechino. I retroscena dell'Accordo in verità sono già noti perfettamente nelle Cancellerie e presso i diplomatici che operano in sinergia con le intelligence internazionali: al Vescovo di Roma viene riconosciuta da parte del governo di Pechino la sovranità spirituale internazionale di Capo supremo della Chiesa: ma a quale prezzo? Il Papa, per nominare i vescovi e governare la Chiesa Cattolica fedele a Roma, dovrà sottoporre le sue deliberazioni al filtro della Conferenza episcopale della Chiesa cinese, organismo istituzionale e politico controllato dal Partito Comunista Cinese, a differenza naturalmente degli organismi analoghi presenti nelle altre nazioni. In buona sostanza il Pontefice Bergoglio potrà solo proporre i nomi dei suoi Vescovi e collaboratori che poi la Cina può bocciare o no. Un pessimo accordo, come già abbiamo scritto, che apre il vulnus della "sinizzazione" della Chiesa Cattolica Apostolica Romana, un processo abile, quanto sottile e astuto nel miglior stile della diplomazia cinese, che mira a tramutare la Chiesa di Cristo ed il messaggio evangelico in uno strumento delle esigenze ideologiche del malefico impero comunista cinese. 


cina Papa Francesco Xi Jinping

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