Cosa ha fatto o sta facendo Papa Francesco in rapporto alla riforma
È una delle domande del momento. Un quesito che pure gli effetti dello stato parademico anno contribuito a sollevare. E questo è accaduto anche negli ambienti ecclesiastici, come tutti gli ambienti del resto, sono chiamati ad affrontare un sconvolgimento generale, che può influire sulle dimensioni umane della continuità apostolica della dimensione millenaria della Chiesa
Francesco Boezi, Il Giornale in "Corrispondenza Romana" 20 ottobre 2020
Gli addetti ai lavori si stanno soffermando su come il Covid-19 abbia ridimensionato o comunque rivisitato il ruolo stesso di un pontefice al cospetto del mondo. Sono tempi di bilanci, per quanto il regno di Francesco sia ancora in corso.
Dallo Ior alla dottrina, passando per l'organizzazione curiale e le priorità pastorali: l'impronta di Jorge Mario Bergoglio non può non essere notata. Un altro discorso riguarda l'entità di questa impronta, che può essere mal digerita o no. É una costante della storia della Chiesa cattolica: ogni vescovo di Roma ha avuto che fare con un fronte critico. Nel caso dell'ex arcivescovo di Buenos Aires, gli oppositori appartengono per lo più all'emisfero conservatore o tradizionalista. Dalla elezione di Jorge Mario Bergoglio sul soglio di Pietro sono trascorsi più di sette anni. A che punto è la riforma? Com'è intervenuto il pontefice argentino sulle logiche curiali? La Chiesa oggi può dirsi più trasparente? La dottrina è stata modificata? Esiste un "tappo" che impedisce alla "spinta propulsiva" di Bergoglio di concretizzare le sue istanze? Sono tutti quesiti utili per compendere il momentum. Rispondere in maniera esaustiva, però, non è un esercizio semplice.
Conosciamo, poi, alcune velleità dei progressisti: per esempio l'abolizione del celibato sacerdotale, che Bergoglio non ha avallato. Dipendesse dalla "sinistra ecclesiastica", la Chiesa cattolica odierna avrebbe approvato i viri probati, la benedizione per le coppie omosessuali, la Messa ecumenica, ossia un rito valido tanto per i protestanti quanto per i conservatori, delle modifiche relative al rapporto tra il Catechismo e l'omosessualità, il diaconato femminile e forse anche le "donne sacerdotesse". Si tratta di paradigmi sperimentali che alcune correnti teologico-dottrinale promuovono da tempi non sospetti. E questo, stando alle intenzioni di quelle correnti, sarebbe dovuto essere il pontefice della svolta definitiva. In altre parole, il Papa della piena realizzazione del Concilio Vaticano II, e anzi del passaggio capace di andare oltre quelle novità.
Certo, pure per via della contrarietà al Concilio, una critica pronunciata muove dalla "destra" della scacchiera. Quella è la zona del campo dove le rimostranze sono più tangibili. Jorge Mario Bergoglio, per i conservatori, avrebbe dovuto continuare sulla scia di Joseph Ratzinger, restaurando dunque più che rivoluzionando il cattolicesimo. Come premesso – però – la natura rivoluzionaria di questo regno è tutto fuorché pacifica.
Le questioni economico-finanziarie
Uno dei tanti accenti può essere posto sulle materie economico-finanziarie: il vescovo di Roma ha iniziato chiedendosi se la Chiesa avesse davvero necessità di una "banca". Non solo lo Ior è ancora lì, ma questi anni sono stati contornati da una serie di scandali – quelli narrativamente culminati con il "caso Becciu" – che hanno riguardato proprio i luoghi della "finanza vaticana". Che fine ha fatto la scatola che Ratzinger ha consegnato a Bergoglio dopo la sua "rinuncia"? In quel contenitore dovrebbero dimorare tutte le questioni aperte sugli "scandali". Eppure non se n'è più parlato. Il "fronte conservatore" sembrerebbe voler vedere ripristinate – ancora un caso esemplificativo – le norme antiriciclaggio proposte dal cardinal Attilio Nicora, che è deceduto. Quelle norme vennero modificate con un decreto, estendendo – dicono sempre i tradizionalisti – il ruolo della segreteria di Stato e limitando la libertà d'azione dell'Aif, l'organo che Benedetto XVI aveva voluto indipendente. Insomma, il tavolo è pieno di argomenti di discussione tra gli "schieramenti". E giudicare lo stato della riforma di Bergoglio richiede anche di comprendere da che "parte" della "politica vaticana" provengano le rimostranze.
Lo stato della riforma
José Antonio Ureta ha scritto qualche anno fa un libro intitolato "Il "cambio di paradigma" di Papa Francesco: continuità o rottura nella missione della Chiesa?: Bilancio quinquennale del suo pontificato". Ora di anni ne sono passati sette. E la riforma complessiva di papa Francesco ha di sicuro fatto passi in avanti. O indietro: varia a seconda di chi fotografa la situazione. Vale anche per Ureta, che abbiamo intervistato per approfondire questi aspetti. E per lo studioso, che sembra un critico del pontefice, la questione non solo non è sintetizzabile, ma va anche circoscritta a seconda dell'interpretazione: "Dipende da cosa si intende per "riforma". In senso lato, cioè mettendo la Chiesa al passo della modernità – come desiderava il cardinale Martini, che diceva che la Chiesa è indietro di 200 anni – la riforma è a buon punto: con Amoris laetitia, Francesco ha relativizzato la morale cattolica e ha adottato l' ipotesi di moralità situazionale, che hanno portato l'episcopato tedesco a trarre le conseguenze di tali premesse e a chiedere il riconoscimento delle unioni prematrimoniali, unioni omosessuali…". L'episcopato tedesco sta portando avanti un "Sinodo biennale", per il quale si è addirittura arrivati a parlare di "scisma", in relazione al fatto che i teutonici parrebbero disposti a decidere in maniera autocefala su materie dottrinale di competenza universale, e dunque del Papa.
Pochi giorni fa, è uscita la nuova enciclica del Santo Padre. Un testo con cui papa Bergoglio sembra ribadire alcuni concetti fissi della sua pastorale: accoglienza nei confronti dei migranti, "no" al populismo-sovranista, necessità di una governance globale, critica al capitalismo e così via. Anche l'ultima enciclica fa parte del progetto riformistico? Chiediamo ad Ureta: "Con "Fratelli Tutti", Francesco ha costruito un ponte tra illuminismo e cattolicesimo, come affermato da Massimo Cacciari per La Repubblica. Nel senso stretto di una riforma interna della Chiesa, il programma di Francesco è fermo…". In che senso? "…perché Querida Amazonia non ha recepito la richiesta del Sinodo di aprire un'eccezione regionale al celibato ecclesiastico e di creare ministeri simili al diaconato per le donne. Un teologo italiano che insegna in Germania, don Marcello Neri – prosegue Ureta – , ha lamentato che per molti Francesco non passerà alla storia come il Papa delle riforme della Chiesa, ma come colui che non ha mantenuto le promesse. Attribuisce questo fallimento al fatto di non aver trovato "sponda adeguata nel personale episcopale cattolico…". E dal punto di vista curiale? "Rispetto alla riforma della Curia, dobbiamo sperare che il motu proprio sia centrato sulla riorganizzazione dei dicasteri. C'è un settore, tuttavia, in cui nulla sembra essere cambiato: la gestione dei fondi finanziari …".
Il primo Papa gesuita della storia dovrebbe promulgare a breve, dopo il lavoro del consiglio ristretto dei cardinali, il cosiddetto C9, una nuova Costituzione apostolica, che dovrebbe a sua volta riequilibrare la Curia. A questo, con buone probabilità, si riferisce Ureta, quando cita la riorganizzazione dei dicasteri. Il fatto che lo studioso abbia citato le finanze della Santa Sede non può passare inosservato. Nel corso dell'ultima riunione del consiglio ristretto dei cardinali – come ripercorso dalla Lapresse – il Papa ha esposto un dato: Bergoglio ritiene che la "riforma" sia "già in atto". Ossia che, prescindendo dalla promulgazione della nuova Costituziona apostolica, la sua azione sia già tangibile. Forse un modo di rispondere alle rimostranze che arrivano quotidianamente.
Cosa sta accadendo nei sacri palazzi
Il "caso Becciu" sfiora pure la gestione dell'Obolo di San Pietro, le offerte che i fedeli destinano al pontefice per le opere di carità. Il cardinale sardo continua a respingere ogni accusa. Prescindendo dalla cronaca in sé, vale la pena segnalare come lo "scandalo" abbia riaperto il dibattito attorno alla "trasparenza". Ureta si è detto stupito del fatto che il Papa "reagisca all'ultimo minuto con decisioni drastiche (Becciu, ad esempio, ha perso le facoltà derivanti dalla porpora) e senza dare diritto alla difesa agli accusati, perché, invece di aprire un procedimento penale, prende decisioni amministrative definitive. Questo non consente una difesa e, soprattutto, impedisce che vengano alla luce i possibili complici". Poi Ureta fa riferimento ad un altro "caso", che è molto diverso da quello di Becciu e che nulla ha a che fare con le materie finanziarie: quello di Theodore McCarrick, influente alto porporato americano, che Bergoglio ha scardinalato in seguito all'emersione di accuse per abusi ai danni di seminaristi. L'ex cardinale a stelle e strisce è lo stesso che è stato al centro del dossier di mons.Carlo Maria Viganò.
L'atteggiamento di Bergoglio per il "caso Becciu" sarebbe dunque la ricezione "in campo finanziario del procedimento seguito nel caso dello scandalo degli abusi sessuali dell'ex cardinale McCarrick, ridotto allo stato laicale senza processo e il cui dossier non è stato ancora divulgato nonostante la sua promessa formale, che è di due anni fa…". Proprio in questi giorni, il Vaticano sarebbe sul punto di pubblicare il memorandum su McCarrick. Quello che potrebbe svelare l'esistenza di eventuali coperture.
La Curia che non cambia
Stando a quello che è circolato in questi mesi, la nuova Costituzione apostolica dovrebbe prevedere un ridimensionamento per la Congregazione per la Dottrina della Fede ed un ulteriore salto in avanti per la Segreteria di Stato – quella guidata attualmente dal cardinale Pietro Parolin -, che diventerebbe così sempre più centrale tra i vari dicasteri ed organi che gestiscono i processi di potere tra le mura leonine.
La sensazione è che buona parte del pontificato di Francesco vada analizzato, semmai, il giorno dopo l'approvazione di questo documento, che dovrebbe davvero ridisegnare l'Ecclesia e le sue istituzioni per come le abbiamo conosciute. Ureta, dal canto suo, non ha troppi dubbi su quale sia lo stato dell'arte curiale: "Ci sono già stati cambiamenti importanti, ma dobbiamo aspettare la riforma finale. Se ciò che è accaduto finora fosse confermato, sarebbe un colpo mortale per la Curia romana in termini di servizio al Sommo Pontefice avvicinarla a una sorta di rappresentanza permanente degli episcopati del mondo accanto al Papa, per governare insieme a lui, come parlamento democratico".
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