Sfida all'Ue Utero in affitto reato universale
Mentre la presidente della Commissione europea von der Leyen usa parole a favore dell'utero in affitto, in Parlamento parte la discussione per introdurlo nel nostro ordinamento italiano come reato universale, anche se commesso all'estero. La Meloni denuncia. "Maternità surrogata schiavitù del terzo millennio".
Andrea Zambrano in "La Nuova Bussola Quotidiana" 29 settembre 2020
Sfida all'Ue: "Utero in affitto reato universale"
Negli stessi giorni in cui la Commissione europea lancia una campagna ideologica a favore dell'utero in affitto, in Italia approda dopo due anni di attesa una proposta di legge per rendere la surrogazione di maternità un reato universale.
«Spingerò anche per il riconoscimento reciproco delle relazioni familiari nell'UE. Se sei genitore in un paese, sei genitore in ogni paese», aveva detto la presidente della Commissione Europea in occasione del suo primo discorso programmatico all'Unione il 16 settembre scorso. Parole che sono apparse fin da subito evidenti come uno sdoganamento incondizionato e senza confini della pratica della gestazione per altri che in molti paesi dell'unione, tra cui l'Italia, è reato. Il ragionamento è semplice: riconoscere genitori una coppia gay che è ricorsa alla pratica della gestazione per altri in un Paese e poi entrare nel proprio per farsi riconoscere il bambino come figlio.
Ma se nell'agenda della von der Leyen c'è l'utero in affitto, in Parlamento giace da tempo una proposta di legge per renderlo proibito in Italia con effetto universale. Vale a dire punibile nel nostro Paese anche se commesso all'estero. A farsi promotori di questa nuova legge – in realtà una semplice aggiunta in un comma della legga 40 – è il gruppo parlamentare di Fratelli d'Italia che aveva depositato il progetto di legge nel 2018 e ora è stato inserito nella discussione dei lavori della Commissione Giustizia della Camera.
«La maternità surrogata è la forma di schiavitù del terzo millennio – ha detto la leader di Fratelli d'Italia Giorgia Meloni nell'annunciare l'inizio della discussione -, che umilia il corpo delle donne e trasforma i bambini in una merce. Mi auguro che tutte le forze politiche, al di là degli schieramenti e delle posizioni, vogliano condividere con noi questa battaglia di civiltà».
La proposta di legge in realtà consta di un solo articolo per modificare il comma sei dell'articolo 12 della legge 40 del 2004 che regola appunto le pene sulla fecondazione assistita. «Al comma 6 dell'articolo 12 della legge 19 febbraio 2004, n. 40, è aggiunto, in fine, il seguente periodo: «Le pene stabilite dal presente comma si applicano anche se il fatto è commesso all'estero». Questa dunque la semplice modifica «in materia di perseguibilità del reato di surrogazione di maternità commesso all'estero da cittadino italiano».
L'articolo che verrebbe modificato è il 12, che al comma 6 stabilisce che «chiunque, in qualsiasi forma, realizza, organizza o pubblicizza la commercializzazione di gameti o di embrioni o la surrogazione di maternità è punito con la reclusione da tre mesi a due anni e con la multa da 600.000 a un milione di euro».
«Questo divieto – spiegano i deputati di Fratelli d'Italia -, tuttavia, opera solo a livello nazionale, mentre in altri Paesi, sia europei e soprattutto extraeuropei come India e Stati Uniti d'America, tali pratiche sono legali. Questo ha dato luogo e sta dando luogo in questi anni alla diffusione del cosiddetto turismo procreativo, cioè di quel fenomeno per cui coppie italiane che non possono avere figli si avvalgono della tecnica della surrogazione di maternità in un Paese estero in cui la stessa è consentita».
«Le pratiche della surrogazione di maternità – ha spiegato alla Bussola la relatrice del provvedimento Carolina Varchi (in foto) - costituiscono un esempio esecrabile di commercializzazione del corpo femminile e degli stessi bambini che nascono attraverso tali pratiche, che sono trattati alla stregua di merci. Ciononostante, il ricorso a queste pratiche è in vertiginoso aumento e la maternità surrogata sta diventando un vero e proprio business che, tanto per fare un esempio, in India vale oltre 2 miliardi di dollari l'anno. In questo Paese le "volontarie", reclutate nelle zone più povere, "producono" più di millecinquecento bambini all'anno per assecondare la domanda che viene dall'estero, attirata dai prezzi bassi, "appena" 25.000/30.000 dollari rispetto ai 50.000 che si spendono negli Stati Uniti d'America».
I numeri portati dal gruppo FdI in Parlamento e messi nel preambolo della proposta di legge sono inquietanti: «In India, le volontarie che entrano nel circuito legale delle cliniche per la maternità surrogata guadagnano tra gli 8.000 e i 9.000 dollari a gestazione, una cifra che corrisponde a dieci anni di lavoro di un operaio non specializzato, mentre quelle che ne rimangono al di fuori sono reclutate da veri e propri scout, attivi nelle zone più povere, sono pagate molto meno – da 3.000 a 5.000 dollari – e sono costrette a firmare dei contratti che non prevedono alcun supporto medico post parto».
Ma perché farlo diventare un reato universale? «Nella surrogazione di maternità – prosegue la Varchi - le donne che "prestano" il proprio corpo non hanno alcun diritto sui bambini che pure portano in grembo e non sono neanche considerati i diritti dei bambini, costretti a separarsi dalla madre biologica subito dopo il parto (un evento assolutamente traumatico) e che si chiederanno per tutta la vita chi sia la loro madre biologica. Tutto questo dimostra come la "favola" della madre che generosamente presta il proprio corpo a una donna che non riesce a sostenere una gestazione sia lontana dalla realtà, mentre la verità è che si tratta di un banale mercimonio di madri e di bambini».
Nel testo si ricorda che in Italia, il 18 marzo 2016, il Comitato nazionale per la bioetica, organo di consulenza al Governo, al Parlamento e alle altre istituzioni, ha approvato una mozione con la quale definisce la maternità surrogata come «un contratto lesivo della dignità della donna e del figlio sottoposto come un oggetto a un atto di cessione», ritenendo che «l'ipotesi di commercializzazione e di sfruttamento del corpo della donna nelle sue capacità riproduttive, sotto qualsiasi forma di pagamento, esplicita o surrettizia, sia in netto contrasto con i princìpi bioetici fondamentali».
Anche in ambito europeo, il 17 dicembre 2015, nel corso dell'Assemblea plenaria del Parlamento europeo, è stata approvata la Relazione annuale sui diritti umani e la democrazia nel mondo nel 2014 che contiene un emendamento che stabilisce che il Parlamento europeo «condanna la pratica della maternità surrogata, che mina la dignità umana della donna, visto che il suo corpo e le sue funzioni riproduttive sono usate come una merce». E questo la dice lunga sulla temerarietà delle parole della Von der Leyen.
Andrea Zambrano
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