Madre Teresa, la luce passando per la notte oscura
È fra le più grandi sante della nostra epoca. La sua fede fu provata nel fuoco di un lungo deserto. Eppure sorrideva sempre. Non per ipocrisia ma perché continuò a credere che Dio la amava concretamente, trascendendo sé stessa fino all'abisso più profondo: "Credi nella presenza eucaristica di Cristo, credi in Lui – diceva – abbi fede in Lui con cieca e assoluta fiducia".
Aurelio Porfiri in "La nuova bussola" 5 settembre 2020
Il 5 settembre la Chiesa cattolica festeggia santa Teresa di Calcutta, una delle sante più popolari del secolo passato. Per tanti santa Teresa, o Madre Teresa come la si continua a chiamare, è l'immagine dell'adesione ai valori evangelici, modello di vita cristiana e di fedeltà al Signore. Ma se certamente è stata tutto questo, non bisogna dimenticare anche quanto le costò la sua fede e quanto ha dovuto lottare per mantenerla.
L'esperienza di aridità non è infrequente fra i mistici. Eppure e malgrado questo, possiamo solo immaginare quanto sia stato doloroso per Madre Teresa essere considerata dal mondo cristiano come un modello di vita, scegliendo di sorridere sempre, mentre doveva fare i conti con il deserto che cresceva dentro di lei. Deve essere stata un'esperienza veramente atroce.
Diceva: "Il mio sorriso è un grande mantello che copre una moltitudine di dolori". Di questo aspetto della vita di santa Teresa di Calcutta si è occupato, tra gli altri, il giornalista Saverio Gaeta nel libro "Il segreto di Madre Teresa". In questo libro troviamo varie tracce della sofferenza di Madre Teresa, come questa che riguarda una lettera del 1953: "Per favore, preghi specialmente per me, affinché io non rovini il lavoro di Gesù e Nostro Signore si riveli, perché c'è una così terribile oscurità dentro di me, come se tutto fosse morto. Mi sono sentita così più o meno da quando ho dato inizio all'opera. Chieda a Nostro Signore di darmi coraggio".
Non dobbiamo fare l'errore di pensare che il comportamento di coloro che provano queste sensazioni ma continuano a manifestare esternamente la propria fede sia ipocrita, tutt'altro. È un aggrapparsi al Signore anche nei momenti in cui la tua stessa anima sembra ti stia quasi tradendo. È un trascendere sé stessi fino all'abisso più profondo. Questo comportamento è ben diverso da coloro che fingono la fede per ottenere vantaggi personali, è tutta un'altra questione. Qui c'è una sofferenza profonda da parte di coloro che hanno una vita fortemente orientata a Gesù ma a cui sembra mancare la terra sotto i piedi per camminare verso di Lui.
Nel già citato libro di Saverio Gaeta viene riportato un altro passaggio da una lettera del 1962 di Madre Teresa alle sue missionarie: "Cristo ti utilizzerà per compiere grandi cose a condizione che tu creda più nel suo amore che nella tua debolezza. Credi in Lui, abbi fede in Lui con cieca e assoluta fiducia perché Lui è Gesù. Credi che Gesù, e soltanto Lui, è la vita; e che la santità non è altro se non lo stesso Gesù che vive intimamente in te". Proprio immergendosi nella propria debolezza, si può trovare una forza ancora più grande. Solo guardando in faccia le nostre paure possiamo trovare il coraggio. Perciò san Paolo diceva: "Quando sono debole è allora che sono forte". Chi vive la notte oscura questa frase non solo la capisce bene, ma può sentirsela conficcare nella carne giorno dopo giorno.
Aurelio Porfiri
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