Dall'ideologia di un sistema di totale egualitaria soggezione di potere politico, riconosciuta in ogni campo della vita umana il totalitarismo e la sua idolatria dello Stato

Dall'illuminismo la negazione della trascendenza e, quindi, della metafisica. Ne consegue il totale rifiuto della natura umana, tanto a livello globale, quanto a livello sociale e politico: sul piano personale, non si ammette che l'uomo sia sinolo do anima e corpo, non riconoscendo l'esistenza nella sua dimensione spirituale; di qui l'eliminazione della società naturale e cristiana, che, nei suoi intendimenti, deve essere sostituita da un sistema di totale egualitaria soggezione al potere politico

Carlo Manetti in "Corrispondenza Romana" 23 settembre 2020

Carlo Manetti) Il regime totalitario è quella forma di governo nella quale il detentore del potere politico pretende di controllare e, soprattutto, di determinare ogni aspetto della vita dei cittadini a lui soggetti; esso nasce dalla negazione della metafisica e dalla conseguente riduzione della morale a diritto, con l'ulteriore esito di rendere l'etica parte della politica e, quindi, da questa determinata. La visione realistica, che da Aristotele (384-322 a.C.), nel suo approfondimento cristiano, che culmina in San Tommaso d'Aquino (1225-1274), pervade, almeno fino alla cosiddetta Riforma protestante e, soprattutto, alla Rivoluzione francese, tutta quella parte del mondo civilizzata dalla sequela di Gesù, comprende come la morale, per non essere una irrazionale imposizione bigotta, deve discendere dalla realtà più profonda di ciò che è, vale a dire dalla metafisica. L'etica, dunque, non è altro che l'insieme dei principi e delle regole che, stante la realtà così com'è, permettono all'uomo di vivere meglio, adempiendo al proprio ruolo nell'universo o, per meglio dire, nel Creato, che è più vasto, in quanto comprende anche tutto il mondo angelico; l'adempiere ai propri doveri morali permette alla persona umana di seguire, con l'aiuto della Grazia divina, che, ovviamente, non viene mai negata a nessuno, di raggiungere aristotelicamente la perfezione della propria natura.

L'Illuminismo nega la trascendenza e, quindi, la metafisica. Ne consegue il totale rifiuto della natura umana, tanto a livello globale, quanto a livello sociale e politico: sul piano personale, non si ammette che l'uomo sia sinolo di anima e corpo, non riconoscendo l'esistenza della sua dimensione spirituale; di quell'eliminazione della società naturale e cristiana, che, nei suoi intendimenti, deve essere sostituita da un sistema di totale egualitaria soggezione al potere politico, unica guida riconosciuta in ogni campo della vita umana. Da ciò scaturisce il totalitarismo e la sua idolatria dello Stato.

Questa concezione nega, ovviamente, la natura sociale dell'uomo e, quindi, costringe il potere politico ad imporre continuamente la sua innaturale visione dell'uomo ai cittadini. La spiegazione di questo perenne stato di guerra dello Stato contro i suoi "sudditi" è uno dei molti pregi del saggio del professor Roberto de Mattei, La sovranità necessaria. Riflessioni sulla crisi dello Stato moderno, per «i libri del Borghese» (pp. 205, €18,00). Il totalitarismo vi viene giustamente descritto come «"istituzionalizzazione del disordine" che si esprime mediante la sovversione e la distruzione di ogni istituzione stabile e permanente, compreso lo Stato.

In questo senso, si deve concordare con la diagnosi di Claude Polin, che considera «il totalitarismo come una sorta di stato di natura, ossia di guerra perpetua di ognuno contro ognuno, stabilita sotto la copertura della società cosiddetta civile», e di Domenico Fisichella, secondo il quale «il totalitarismo si configura come un regime disorganico per eccellenza, percorso da continui fremiti di sovversione e di negazione» (pp. 140-141).

Il fine del comunismo e di ogni altro regime totalitario è «l'instaurazione di una società "senza classi", fondata sul principio dell'egualitarismo autogestionario teorizzato da sempre da comunisti ed anarchici» (p. 156). «L'essenza totalitaria del nazional-socialismo risiede nel suo anarchismo e nella sua negazione del principio di sovranità. Questo lo avvicina al bolscevismo […]. "Io non sono solo il vincitore del marxismo, ne sono anche il realizzatore", confidò Hitler a Rauschning […]: "Il nazional-socialismo è ciò che il marxismo avrebbe potuto diventare, se si fosse liberato degli stupidi e artificiali impacci di un preteso ordine democratico"» (pp. 137-138).

Il confronto tra il nazional-socialismo ed il comunismo, trattati separatamente, permette all'Autore di far emergere, con induttivo metodo storiografico, la loro comune ontologia totalitaria, che si ripresenta pressoché immutata nei totalitarismi occidentali, nei quali l'anima destruens è assolutamente preponderante sulla pars construens, ammesso e non concesso che quest'ultima esista realmente. 



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