I sacerdoti nel loro celebrare quotidianamente l'eucarestia in persona di Cristo senza popolo, ma per tutto il popolo innanzitutto presente

Marco Tosatti, Stilum Cuariae 20 marzo 2020, allega a “Corrispondenza Romana” il rapporto della Cei su Governo, Messe e Chiese. 

Il pensiero solidale va soprattutto ai Pastori e alle Diocesi della Lombardia e più in generale del Nord Italia, provati in modo gravissimo nei loro preti e nei loro fedeli, oltre che nelle loro stesse persone. Sono il segno e lo strumento di una Chiesa che condivide fino in fondo la sofferenza della gente, senza smettere di offrire un contributo essenziale di preghiera, di speranza e di carità.
Rispetto a tutto questo, le righe che seguono restano senz’altro secondarie; servono, forse, a esprimere una condivisione che vuol andare oltre le misure, i comunicati e le iniziative assunte.
Il 23 febbraio, mentre la Chiesa italiana rientrava dall’Incontro del Mediterraneo vissuto a Bari e culminato nell’incontro con il Santo Padre Francesco, un Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri – che verrà rafforzato da quello del 25 febbraio – introduceva “misure urgenti in materia di contenimento e gestione epidemiologica da Covid-19.
Per voce dei Pastori subito si susseguono alla Segreteria Generale le richieste di linee comuni anche per le comunità ecclesiali. La Presidenza della CEI, dopo un confronto con le Istituzioni civili, esce il 24 febbraio con un comunicato in cui chiede a tutti “la massima disponibilità nella ricezione delle disposizioni emanate per contenere il rischio epidemico”. Davanti al Paese, “la Chiesa che vive in Italia rinnova quotidianamente la preghiera: preghiera di vicinanza a quanti sono colpiti dal virus e ai loro familiari; preghiera per medici e infermieri delle strutture sanitarie, chiamati ad affrontare in frontiera questa fase emergenziale; preghiera per chi ha la responsabilità di adottare misure precauzionali e restrittive”.
Il confronto fra la Segreteria Generale e le Istituzioni del Paese si fa più intenso: a partire dalla comune preoccupazione per la salute di tutti, la Chiesa offre la sua collaborazione per ridurre smarrimenti e paure; nel contempo, rappresenta ai politici le attese delle comunità cristiane.
Nella serata di domenica 1° marzo il Governo emana un nuovo decreto per contrastare la diffusione del Coronavirus. Alla luce delle indicazioni del Comitato scientifico e tecnico, vi si legge che le misure resteranno valide fino a domenica 8 marzo e sono modulate su tre livelli: a) i paesi più colpiti; b) le loro province (Bergamo, Cremona, Lodi, Piacenza, Savona, Pesaro – Urbino) e regioni (Lombardia, Veneto ed Emilia Romagna); c) l’intero territorio nazionale.
Nelle tre regioni sono stabilite limitazioni anche per i luoghi di culto, la cui apertura è condizionata all’adozione di misure organizzative tali da evitare assembramenti di persone; sono escluse durante la settimana le Messe feriali.
“A questo punto, il pieno rispetto delle disposizioni governative esprime la doverosa disponibilità a condividere fino in fondo le difficoltà che il Paese sta attraversando – commenta in un comunicato del 2 marzo il Card. Gualtiero Bassetti –: è il momento di una corresponsabilità nella quale la Chiesa porta il suo contributo di preghiera, di speranza e di prossimità. Questa prova deve poter costituire un’occasione per ritrovare una solidarietà che affratella”.
Un nuovo decreto esce il 4 marzo: vengono chiuse tutte le scuole e si inizia a parlare di interventi finalizzati ad arginare il sovraccarico del sistema sanitario. Nelle tre regioni e nelle province sopraricordate, il testo stabilisce limitazioni anche per i luoghi di culto, per la cui apertura richiede l’adozione di misure tali da evitare assembramenti di persone.
Alla luce del confronto con le Autorità governative, la CEI si fa tramite della richiesta che, durante la settimana, in queste realtà non vi sia la celebrazione della Santa Messa feriale; richiesta indirettamente rafforzata dall’ “espressa raccomandazione – contenuta nel Decreto –a tutte le persone anziane o affette da patologie croniche o con multimorbilità ovvero con stati di immunodepressione congenita o acquisita, di evitare di uscire dalla propria abitazione o dimora fuori dai casi di stretta necessità e di evitare comunque luoghi affollati nei quali non sia possibile mantenere la distanza di sicurezza interpersonale di almeno un metro”.
Il 5 marzo la situazione del Paese induce la Presidenza della CEI a posticipare la sessione primaverile del Consiglio Episcopale Permanente, prevista per i giorni 16-18 marzo, ad aprile, riducendola al pomeriggio del giorno 16 e alla giornata del 17.
È in questo clima – dove si inizia ad avvertire quanto le misure adottate dal Governo mettano in crisi le abituali dinamiche relazionali e sociali – che si arriva allo scorso fine settimana.
Le giornate di venerdì 6 e sabato 7 marzo vedono un ripetuto contatto con la Presidenza del Consiglio e con alcuni Ministri: le Istituzioni governative stanno preparando un Decreto con “misure urgenti, applicabili sull’intero territorio nazionale”. La Segreteria Generale insiste fortemente soprattutto per evitare che venga proibita la celebrazione della Santa Messa, quasi la Chiesa nei suoi sacerdoti temesse di esporsi davanti al pericolo.
Si alternano promesse, rassicurazioni, rinvii, in un’altalena che nella notte tra sabato 7 e domenica 8 porta alla stesura definitiva del testo. La Segreteria Generale lo riceve, con i “dispiaceri” della politica, alle 3.30 del mattino. Il Decreto, a livello preventivo, sospende da subito – e fino al 3 aprile – sull’intero territorio nazionale “le cerimonie civili e religiose, ivi comprese quelle funebri”. Era il punto su cui, alle 23 della sera precedente, ci era stato richiesto di inviare un comunicato con procedura d’urgenza a tutti i Vescovi, perché proibissero in tutto il Paese le Sante Messe fin da quelle del primo mattino della stessa domenica.
Entro le 8.30 di domenica 8 un Vescovo di ciascuna Conferenza Episcopale Regionale è raggiunto da un messaggio che gli condivide il provvedimento. Le ore della mattinata registrano la chiamata di decine di Vescovi, che si rivolgono alla Segreteria Generale per chiedere delucidazioni, rappresentare stupore, criticità e contrarietà. Alle 12 la Segreteria Generale interloquisce nuovamente con la Presidenza del Consiglio: oltre a far pesare le difficoltà registrate, sottolinea la confusione con cui il Decreto è recepito dalle stesse Prefetture.
Il Governo convoca una riunione chiarificatrice alle ore 13.
Dalle 14 alle 18 il confronto della Segreteria Generale è serrato, finché il Tavolo governativo – a cui partecipa il Comitato scientifico e tecnico – chiude definitivamente la discussione. La Segreteria Generale, informato telefonicamente il Presidente della CEI, la Nunziatura e la Segreteria di Stato, esce in serata con un comunicato in cui scrive: “L’interpretazione fornita dal Governo include rigorosamente le Sante Messe e le esequie tra le ‘cerimonie religiose’. Si tratta di un passaggio fortemente restrittivo, la cui accoglienza incontra sofferenze e difficoltà nei Pastori, nei sacerdoti e nei fedeli. L’accoglienza del Decreto è mediata unicamente dalla volontà di fare, anche in questo frangente, la propria parte per contribuire alla tutela della salute pubblica”.
È un concetto ribadito nel comunicato della Segreteria Generale di martedì 10 marzo, che dà voce al “rammarico e disorientamento” suscitati “ nei Pastori, nei sacerdoti, nelle comunità religiose e nell’intero Popolo di Dio” a seguito dell’ “estensione a tutto il Paese delle misure restrittive”: si ribadisce che sono accettate solo “in forza della tutela della salute pubblica”.
Intanto, lunedì 9 marzo avviene una proficua condivisione in Segreteria di Stato. Raccogliamo suggerimenti, proposte e indicazioni, che nei giorni a seguire troveranno attuazione. Soprattutto, si afferma la reciproca volontà di una collaborazione cordiale ed efficace.
Le notizie della violenta diffusione dell’epidemia – che colpisce pesantemente soprattutto il Nord e si estende ad altre zone del Paese – documentano il lutto che colpisce famiglie e comunità; in particolare, emerge la testimonianza generosa di prossimità e dedizione offerta da Pastori e sacerdoti – anche fra questi ultimi si registrano ormai molte vittime – di volontari, infermieri e medici, in prima linea nel soccorrere i bisognosi e curare gli ammalati.
La risposta della Chiesa – evidenzia il comunicato della Segreteria Generale del 10 marzo – non è “né rassegnata né disarmante”: piuttosto, “è prossimità che si esprime nell’apertura delle chiese, nella disponibilità dei sacerdoti ad accompagnare il cammino spirituale delle persone con l’ascolto, la preghiera e il sacramento della riconciliazione; nel loro celebrare quotidianamente – senza popolo, ma per tutto il popolo – l’Eucaristia; nel loro visitare ammalati e anziani, anche con i sacramenti degli infermi; nel loro recarsi sui cimiteri per la benedizione dei defunti.
Ancora, questa prossimità ha il volto della carità, che passa dall’“assicurare a livello diocesano e parrocchiale i servizi essenziali a favore dei poveri, quali le mense, gli empori, i dormitori, i centri d’ascolto”, come scrive Caritas Italiana, che aggiunge l’attenzione a “non trascurare i nuovi bisognosi e anche chi viveva già situazioni di difficoltà e vede peggiorare la propria condizione”.
Ai media della CEI viene chiesta un’attenzione ancora maggiore, insieme a sussidi e palinsesti che “possano accompagnare la preghiera personale e familiare, come pure di piccoli gruppi di fedeli”.
Va in questa linea l’apertura di https://chiciseparera.chiesacattolica.it, un nuovo ambiente digitale, promosso dalla Segreteria Generale e aggiornato dall’Ufficio per le comunicazioni sociali, dal 12 marzo rilancia le buone prassi messe in atto dalle nostre diocesi, offre contributi di riflessione – a partire da lettere, messaggi e video dei Vescovi –, condivide notizie e materiale pastorale.
Muovendosi sulla scia delle “norme speciali” emanate l’8 marzo dalla Segreteria di Stato e dal Governatorato, “in coordinamento con i provvedimenti varati dalle Autorità italiane”, anche la Segreteria Generale emana disposizioni e orientamenti circa il personale, sospendendo le trasferte di direttori e responsabili, rinviando appuntamenti con persone presso le sedi della CEI, estendendo a tutti i dipendenti le agevolazioni concernenti smart working, permessi e ferie. Un testo su tale disciplina l’11 marzo viene condiviso a tutti i Vescovi, in risposta alle molte richieste pervenute sia da parte di Curie diocesane che di Tribunali ecclesiastici. Si precisa che si tratta di “passi che vengono condivisi a titolo puramente esemplificativo, offrendoli al discernimento di quanti vorranno prenderli in considerazione nell’affrontare la propria situazione, apportandovi tutti gli adattamenti del caso”.
Lo stesso giorno, facendo tesoro di suggerimenti della Segreteria di Stato, vengono inviati anche alcuni orientamenti per i Seminari, quale risposta a quanti chiamano esprimendo preoccupazione per la condizione della vita del Seminario (seminaristi, formatori, personale, docenti…) e chiedono indicazioni sulle modalità con cui affrontare l’emergenza sanitaria e, eventualmente, impostare in maniera responsabile la gestione della vita comunitaria.
Dopo un rapido sondaggio, condotto in sinergia con l’Ufficio Nazionale per la pastorale delle vocazioni tra coordinatori e responsabili dei Seminari Maggiori, si offre ai Vescovi un quadro assai variegato, sia quanto alla percezione del pericolo costituito dalla diffusione del virus, sia nelle misure con cui cercare di arginarlo. Si spiega che, accanto a chi ha scelto la chiusura, chiedendo ai seminaristi di rientrare in famiglia, vi sono realtà in cui ci si sottopone a una quarantena volontaria, che in altre si è trasformata in obbligatoria.
Tra le proposte per continuare ad assicurare la formazione culturale anche da “remoto”, si segnala la conoscenza di una soluzione gratuita, ormai comprovata che permette di costituire una classe virtuale.
In particolare, viene condivisa a tutti la comunicazione data dal Seminario Arcivescovile di Milano, puntuale nel mettere a fuoco una serie di misure.
Il giorno seguente, giovedì 12, la Segreteria Generale dispone la chiusura delle sedi della CEI. In Circonvallazione Aurelia rimane il Segretario Generale con due sacerdoti; in Via Aurelia 796, il direttore di Caritas Italiana con pochi collaboratori.
La catena di morti, l’espandersi dell’epidemia – dichiarata pandemia –, il timore per un possibile tracollo del sistema sanitario, prospettato soprattutto da diversi Vescovi del Sud del Paese, porta a una nota della Presidenza del 12 marzo: in questa situazione gravissima sul piano sanitario e, di conseguenza, su quello economico, si ribadisce la presenza attiva della Chiesa, tanto nelle migliaia di iniziative di preghiera che animano il territorio e vengono condivise in rete, quanto sul versante della carità, con tanti volontari delle Caritas, delle parrocchie, dei gruppi, delle associazioni giovanili, delle Misericordie, delle Confraternite… che si adoperano per sollevare e aiutare i più fragili.
In tale contesto di limitazioni a cui ogni cittadino è sottoposto a tutela della salute pubblica, la Presidenza arriva a prospettare – affidando la scelta all’Ordinario – “anche la decisione di chiudere le chiese. Questo non perché lo Stato ce lo imponga, ma per un senso di appartenenza alla famiglia umana, esposta a un virus di cui ancora non conosciamo la natura né la propagazione”.
Nel contempo, nel testo si ribadisce che “i sacerdoti celebrano quotidianamente per il Popolo, vivono l’adorazione eucaristica con un maggior supplemento di tempo e di preghiera. Nel rispetto delle norme sanitarie, si fanno prossimi ai fratelli e alle sorelle, specialmente i più bisognosi”, mentre “da monasteri e comunità religiose sappiamo di poter contare su un’orazione continua per il Paese”.
Venerdì 13 marzo esce un nuovo comunicato – anche questa volta a partire dalla valorizzazione di suggerimenti raccolti in Segreteria di Stato – che rilancia le conclusioni di un prolungato confronto con la Conferenza Italiana Superiori Maggiori (CISM) e l’Unione Superiore Maggiori d’Italia (USMI), a tutela di religiosi e religiose.
Le telefonate e le mail di tanti Pastori ci consegnano la sofferenza, la preoccupazione e la solitudine che tanti di loro stanno vivendo; ci coinvolgono, condividendo lettere, messaggi, video, iniziative, proposte, contenuti che vengono caricati e rilanciati sul sito e sui social.
È all’interno di questa condivisione che alcuni Vescovi suggeriscono la promozione di un momento di preghiera per tutto il Paese. Il 12 marzo la proposta si concretizza nella preghiera del Santo Rosario, fissata alle 21 di giovedì 19 marzo, festa di San Giuseppe, Custode della Santa Famiglia e Patrono di tutta la Chiesa. Nelle intenzioni dei Pastori, l’appuntamento acquista un significato simbolico di supplica che nella fede unisce l’intero Paese, coinvolgendo fedeli, famiglie, comunità religiose, unite alla proposta di esporre alla finestra delle case un piccolo drappo bianco o una candela. Tv2000 offrirà la possibilità di condividere la preghiera.
Il 13 marzo la Presidenza della CEI, raggiunta telefonicamente dalla Segreteria Generale, approva un intervento straordinario, richiesto da Caritas Italiana, arrivando a stanziare dai fondi 8xmille 10 milioni di euro, destinati alle Caritas diocesane per fronteggiare l’emergenza.
Nella stessa giornata, la Presidenza torna ad esprimersi per venir incontro alle difficoltà rappresentate dalla Fondazione Banco Alimentare Onlus: destina 500 mila euro a favore di 7.500 strutture caritative, che sostengono circa un milione e mezzo di persone.
Sempre venerdì 13 la Segreteria Generale consulta per posta elettronica i Membri della Presidenza per raccogliere orientamenti di metodo e di contenuti con cui celebrare la Settimana Santa.
Sabato 14 la consultazione è estesa ai Presidenti delle Conferenze Episcopali Regionali, per fornire elementi da sottoporre alla valutazione della Segreteria di Stato.
Sul fronte dei rapporti con le Istituzioni del Governo, la settimana trascorsa è caratterizzata dall’impegno a seguire il decreto legge, che prevede la cassa integrazione in deroga e le misure di sostegno, inizialmente previste solo per imprese e aziende. La Segreteria Generale ha fatto quadrato per rappresentare la necessità inderogabile di includere le realtà del Terzo settore e degli Enti religiosi civilmente riconosciuti, sottolineando come ne vada della tutela di migliaia di lavoratori e dei servizi annessi. Nel corso dei giorni, fino alla tarda serata di domenica 15 marzo, si ribadisce che una loro esclusione sarebbe impensabile: spieghiamo che creerebbe dei precedenti veramente irrecuperabili e indifendibili agli occhi della Chiesa e degli Enti collegati, oltre a costituire una grave ingiustizia.

La Segreteria Generale – Roma, 15 marzo 2020

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