Cardinale Gerhard Muller Sul Processo Sinodale in Germania e il Sinodo per l'Amazzonia
Forse stiamo per diventare un “piccolo gregge”. Ma queste parole di Gesù non sono intese in senso sociologico e non hanno nulla a che fare con numeri piccoli o grandi. Dio “desidera che tutti gli uomini siano salvati e giungano alla conoscenza della Verità” (1 Tm 2:4), con l’aiuto dell’unico mediatore Gesù Cristo, all’interno della “famiglia di Dio, che è la Chiesa del Dio vivente, pilastro e baluardo della verità” (1 Tm. 3:15).
1. La secolarizzazione della Chiesa è la causa della crisi e non il suo rimedio
Colui che crede che “Cristo abbia amato la Chiesa e abbia dato Sé stesso per lei, affinché potesse santificarla” (Ef 5, 25), non può non essere scosso dalle ultime notizie provenienti dalla Germania, e cioè che nel 2018 oltre 216.000 Cattolici hanno lasciato la loro casa spirituale abbandonando esplicitamente la Chiesa, voltando bruscamente le spalle alla madre nella Fede. Può darsi che i motivi delle singole persone membra del Corpo ecclesiale di Cristo in virtù del loro Battesimo siano svariati come diversi sono semplicemente gli esseri umani tra di loro. È chiaro, tuttavia, che la maggior parte di loro lascia la Chiesa con lo stesso spirito con cui si annulla l’appartenenza a un’organizzazione secolare; o quando ci si dissocia dal proprio partito politico di sempre, dal quale ci si è allontanati o da cui si è profondamente delusi. Non sono nemmeno consapevoli – o non è mai stato detto loro – che la Chiesa, sebbene composta da uomini imperfetti fino ai suoi massimi rappresentanti, è, nella sua essenza e nel suo mandato, un’istituzione divina. Perché Cristo ha fondato la sua Chiesa come Sacramento per la salvezza del mondo, come “segno e strumento sia di un’unione molto stretta con Dio sia dell’unità dell’intera razza umana” (Lumen Gentium 1)
L’autore della Lettera agli Ebrei è ben consapevole della difficoltà pastorale “di riportare di nuovo al ravvedimento coloro che una volta erano stati illuminati, che avevano gustato il dono celeste e che erano stati fatti partecipi dello Spirito Santo e avevano gustato la bontà della parola di Dio e le potenze del mondo a venire, e poi commettono apostasia, in quanto crocifiggono il Figlio di Dio per loro conto nuovamente e lo espongono a infamia” (Ebr 6: 4-6).
La ragione principale per lasciare la Chiesa senza la sensazione di peccare tanto gravemente contro l’amore di Cristo nostro Redentore e mettere così a rischio la propria salvezza eterna, è l’idea che la Chiesa sia un’associazione secolare. Non sanno nulla del fatto che la Chiesa pellegrina è necessaria per la salvezza e che è indispensabile per ciascuno che è venuto alla Fede Cattolica. “Non è salvato, tuttavia, colui che, sebbene parte del corpo della Chiesa, non persevera nella carità. In verità, rimane nel seno della Chiesa, ma, per così dire, solo in maniera “fisica” e non “nel suo cuore”. (Lumen Gentium 14)
Questa crisi di una massiccia uscita dalla Chiesa e del declino della vita della Chiesa (una scarsa partecipazione alla Messa, pochi battesimi e cresime, seminari sacerdotali vuoti, il declino dei monasteri) non può essere superata attraverso un’ulteriore secolarizzazione e auto-secolarizzazione della Chiesa. Non è perché il vescovo è così gentile e incoraggiante – vicino al popolo e mai timoroso di esprimere ovvietà – che il popolo ritornerà nella comunità salvifica di Cristo o parteciperà devotamente alla celebrazione della Divina Liturgia e dei Sacramenti; ma piuttosto perché ne riconoscono il vero valore come mezzo di Grazia. Se la Chiesa dovesse tentare di legittimarsi davanti a un mondo scristianizzato in modo secolare come lobby natural-religiosa del movimento ecologico, o tentare di presentarsi come un’agenzia di soccorso per i migranti che elargisce denaro, perderebbe ancora di più la sua identità di Sacramento universale di salvezza in Cristo, e non riceverà affatto quel tanto desiderato riconoscimento da parte dell’opinione corrente verde di sinistra.
La Chiesa allora può solo servire gli uomini nella loro ricerca di Dio e di una vita nella Fede proclamando a tutti gli uomini il Vangelo nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo, e rendendoli discepoli di Gesù attraverso il Battesimo. Lei è il Corpo di Cristo, perciò Gesù Cristo è il suo Capo e rimane presente attraverso di Lei e in Lei, fino alla fine del mondo (vedere Matt. 28:19 seq.). Cristo ci parla attraverso le parole dell’omelia; rende presente il proprio sacrificio sulla Croce nella Santa Messa; e si dona a noi come cibo per la vita eterna; perdona i peccati e trasmette lo Spirito Santo – nel nome di Gesù Cristo, Sommo Sacerdote della Nuova Alleanza ai servitori della Chiesa vescovi e sacerdoti ordinati – che agiscono e pertanto Lo rendono visibile nella parrocchia (Sacrosanctum Concilium 41).
Il cosiddetto percorso sinodale della classe dirigente della Chiesa in Germania, tuttavia, mira a un’ulteriore secolarizzazione della Chiesa. Anziché su un rinnovamento dello spirito del Vangelo, attraverso catechesi, missione, cura pastorale, mistagogia [una spiegazione mistica] dei Sacramenti, ora si fa conto piuttosto – e questo è già andato avanti per mezzo secolo – su altri temi, attraverso i quali si spera di ricevere l’approvazione dell’opinione pubblica del mondo occidentale e si auspica di compiacere quel modo di pensare che riduce l’uomo a un’immagine materialistica.
Nella sua essenza, il percorso sinodale verte: 1. sul cambiamento del Sacramento degli Ordini Sacri in un sistema professionale di funzionari ben retribuiti; 2. sul passaggio del “potere” percepito come politico, da vescovi e sacerdoti ai laici, con una clausola aggiuntiva che prevede che, a parità di qualifiche, le donne dovranno essere preferite. Ciò che per loro è irritante è (3.) che la morale cristiana poiché scaturisce dalla nuova vita in Cristo, ora viene squalificata in quanto si pone “contro il corpo”, e, presumibilmente, non è compatibile con gli standard della moderna scienza sessuale. La pietra d’inciampo dopo la Riforma protestante e il naturalismo dell’Illuminismo è (4.), ovviamente, il celibato sacerdotale; così come le raccomandazioni evangeliche (povertà, castità, obbedienza) per la vita consacrata con voti solenni. In una Chiesa che – come mera istituzione umana con scopi puramente secolari – ha abbandonato la sua identità di mediatrice della salvezza in Cristo, e che ha perso ogni riferimento trascendentale ed escatologico alla Venuta del Signore, il celibato liberamente scelto “per amore del regno (Mt 19,12) o, finalizzato ad “occuparsi dell’opera del Signore” (1 Cor. 7:37) è ora percepito come un imbarazzo – come un elemento alieno o un rifiuto residuo dal quale ci si debba liberare il più rapidamente e scrupolosamente possibile. Al massimo, questo celibato potrebbe essere concesso ad alcune persone stravaganti come forma masochistica di un’autodeterminazione estremamente autonoma.
2. I Tedeschi e il popolo Amazzonico su un’unica Barca
Come già accaduto con i Sinodi sulla Famiglia, la “Chiesa Tedesca” rivendica l’egemonia sulla Chiesa Universale e si vanta orgogliosamente e arrogantemente di essere colei che decide la direzione che un Cristianesimo in pace con la modernità debba prendere – nonostante la Lettera al Popolo di Dio Pellegrino in Germania, di Papa Francesco del 29 giugno 2019. Tuttavia, non è stato spiegato – ed è anche difficile capire per un osservatore interessato – perché, di fronte a uno stato di desolazione della Chiesa nel proprio paese, essa la si consideri ora chiamata ad essere un modello per le altre. Si usa l’espressione neutrale e che ben suona della “sana decentralizzazione” (Instrumentum Laboris 126) e della de-Romanizzazione della Chiesa Cattolica (in precedenza, questa era chiamata avversione anti-Romana); ma si valorizza effettivamente e unicamente, invece, la mitologia dell’Amazzonia e la teologia ecologica occidentale, al posto dell’Apocalisse; così come l’egemonia dei loro ideologi, anziché l’autorità spirituale dei successori degli Apostoli nell’ufficio episcopale.
Nell’ecclesiologia cattolica, tuttavia, non si tratta di un equilibrio di potere tra centro e periferia, ma piuttosto della responsabilità comune del Papa – che viene assistito dalla Chiesa Romana sotto forma di Collegio dei Cardinali e della Curia Romana – nonché dai vescovi per la Chiesa Universale, che consiste in e di chiese specifiche sotto la guida di un vescovo (Lumen Gentium 23).
La mia proposta è la seguente: se si desidera veramente fare del bene alla Chiesa riguardo entrambi gli elementi, allora ci si dovrebbe astenere, ad esempio, dal licenziare dei vescovi senza una regolare procedura canonica (che include il diritto a un’auto-difesa) e astenersi dal chiudere i monasteri senza nemmeno fornire motivazioni – con il pretesto che non si è sussidiari di Roma – e dal minare il giusto primato magisteriale e giurisdizionale del Papa. Si tratterebbe anche di affrontare in modo cristiano fratelli e impiegati che non hanno commesso alcuna colpa, tranne quella di aver difeso una posizione lecita, nel quadro di una legittima pluralità di opinioni e di linee, che si discosta, tuttavia, dall’opinione privata dei loro superiori.
Il processo sinodale nell’ambito della Conferenza Episcopale Tedesca viene ora collegato al Sinodo per l’Amazzonia, e questo viene fatto per motivi politico-ecclesiali e come leva per la ristrutturazione della Chiesa universale. Inoltre, in entrambi gli eventi i protagonisti sono quasi identici e sono persino collegati finanziariamente e organizzativamente tramite le agenzie umanitarie della Conferenza Episcopale Tedesca. Non sarà facile controllare questa valanga devastatrice. Dopo, nulla dovrà essere più come prima, ed è stato detto che dopo la Chiesa non sarà nemmeno più riconoscibile. Così ha parlato uno dei protagonisti rivelando quindi i veri scopi.
Forse si fa un errore di calcolo, proprio come fece il re Creso di Lidia (590-541 a.C.). Una volta egli chiese all’Oracolo di Delfi quali fossero le sue possibilità di vittoria se avesse attaccato l’Impero persiano e poi fraintese la risposta profetica: “quando passi Halys, distruggerai un grande impero”. I nostri Halys sono la costituzione divina della dottrina, vita e culto della Chiesa Cattolica, (Lumen gentium).
Sfortunatamente, anche nell’America meridionale un tempo quasi completamente cattolica, i Cattolici, proprio come in Germania, hanno lasciato la Chiesa Cattolica a milioni, senza che ciò abbia portato a nessuna valutazione delle radici di questa catastrofe, né a una seria determinazione volta a favorire il suo rinnovamento in Cristo. Anche qui la soluzione non è una pentecostalizzazione della Chiesa, vale a dire la sua protestantizzazione liberale in modo latinoamericano, ma la riscoperta della sua Cattolicità. I vescovi ora possono, come nel “Santo Sinodo” del Concilio Vaticano II, rivolgere la loro “attenzione in primo luogo ai fedeli Cattolici. Basandosi sulla Sacra Scrittura e sulla Tradizione, si insegna che la Chiesa, attualmente in esilio sulla terra, è necessaria per la salvezza. Cristo, presente con noi nel Suo Corpo, che è la Chiesa, è l’unico Mediatore e l’unica via di salvezza. …. Sono pienamente inseriti nella società della Chiesa coloro che, possedendo lo Spirito di Cristo, accettano il suo intero sistema e tutti i mezzi di salvezza che le sono stati dati, e sono uniti a lei come parte della sua struttura corporea visibile e attraverso lei con Cristo, che la governa attraverso il Sommo Pontefice e i vescovi. I legami che uniscono gli uomini alla Chiesa in modo visibile sono la professione di fede, i sacramenti, il governo ecclesiale e la comunione”. (Lumen Gentium 14).
La pittoresca diversità di opinioni contraddittorie e l’arbitrarietà della decisione in coscienza non sono cattoliche davanti alla Santa Volontà di Dio, ma è cattolica piuttosto l’unità nella Fede di molti popoli che ci introduce all’unione con il Padre e il Figlio nello Spirito Santo. “perché tutti siano una sola cosa. Come tu, Padre, sei in me e io in Te, siano anch’essi in noi una cosa sola, perché il mondo creda che Tu mi hai mandato”. (Giovanni 17:21). Ed è per questo che ci viene detto di prendere a cuore la seguente esortazione: “sforzatevi di conservare l’unità dello Spirito con il vincolo della pace. Vi è un corpo solo e un solo Spirito, come pure siete stati chiamati a una sola speranza, quella della vostra vocazione, vi è un solo Signore, una sola fede, un solo battesimo, un solo Dio e Padre di tutti, che è al di sopra di tutti, fra tutti e in tutti (Efesini 4: 3-6).
Come via d’uscita dalla crisi della Chiesa, l’Instrumentum Laboris e il processo sinodale in Germania contano entrambi su un’ulteriore secolarizzazione della Chiesa. Quando, nell’intera ermeneutica del Cristianesimo, non si inizia con l’auto-rivelazione storica di Dio in Cristo, ma piuttosto con l’inclusione della Chiesa e della sua liturgia in una visione mitologica del mondo intero; o quando si trasforma la Chiesa nella parte di un programma ecologico per il salvataggio del nostro pianeta, allora la sacramentalità – e in particolare l’ufficio ordinato di vescovi e sacerdoti nella successione apostolica – è vago, indefinito. Chi vorrebbe davvero costruire un’intera vita che richiede totale dedizione su una base così instabile?
3. Il Sacramento degli Ordini Sacri come Fulcro Centrale della Crisi
Attraverso la concessione da parte di Cristo della Sua Ordinazione e Missione (Lumen gentium 28), gli apostoli e i loro successori nell’ufficio episcopale – che rappresenta anche l’unità della Chiesa locale con i sacerdoti, i diaconi e tutti i fedeli battezzati – esercitano la loro autorità in Nome e autorità di Cristo (Lumen Gentium 20). Questo non è un potere politico-sociologico, ma l’autorità data dallo Spirito Santo per santificare, insegnare e governare il Popolo di Dio. “I vescovi, quindi, con i loro aiutanti, sacerdoti e diaconi, sono assunti al servizio della comunità, presiedendo sul gregge come pastori al posto di Dio, come insegnanti di dottrina, come sacerdoti per l’adorazione sacra e come ministri per il governo.” (Lumen Gentium 20) Qui, non si tratta di tre diversi uffici che sono stati raggruppati insieme per casualità storica, per cui ora sarebbe possibile anche smontarli o riassemblarli in un modo diverso.
Non è neppure appropriato fare un paragone con il potere del mondo dei monarchi assoluti contro cui giustamente – e riferendosi al barone di Montesquieu – si reclama il modello della separazione dei poteri (di governo, legislativo, giurisdizionale). Perché qui si tratta del servizio unico di Cristo Maestro, Pastore e Sacerdote, che viene esercitato dagli Apostoli e dai loro successori nel Nome di Cristo e nella potenza dello Spirito Santo. E non è una forma di potere sugli altri, ma piuttosto un servizio per loro e la loro salvezza (Mt. 23:11). Ecco perché la prontezza dichiarata pubblicamente da alcuni vescovi con la quale rinuncerebbero liberamente al “potere” non è espressione della loro modestia, ma, piuttosto, un segno della loro mancanza di comprensione di ciò che realmente è un vescovo cattolico. La forma di “potere” a cui ora desiderano rinunciare è qualcosa che sarebbe stato meglio non avessero avuto fin dall’inizio; e l’autorità spirituale che hanno ricevuto da Cristo alla loro ordinazione, non possono darla via, dal momento che non è una loro proprietà a cui ora possano proporre di rinunciare. Al massimo, potrebbero chiedere di essere sollevati dalla giurisdizione della loro diocesi, perché non sono più in grado di far fronte alle proprie responsabilità.
È sorprendente che, sia l’Instrumentum Laboris per il Sinodo sull’Amazzonia, sia il percorso sinodale tedesco non prendano l’avvio da basi bibliche per poi orientarsi secondo l’insegnamento emergente della Chiesa nella Tradizione e le decisioni dottrinali definitive dei Concili e del Papa. Invece traggano norme e regole dalle presunte necessità sociologiche del mondo globale o dalle forme tradizionali di organizzazione delle tribù amazzoniche.
Se in Amazzonia si ordinano al sacerdozio uomini stimabili che vivono unioni dichiaratamente stabili (che si tratti di matrimoni canonicamente validi o no?), al fine di fornire (!) i Sacramenti alla comunità – anche senza una formazione teologica (IL 129, 2) – perché questo non dovrebbe infine rappresentare anche la leva per introdurre i viri probati in Germania, dove il celibato non è più accettato nella società e dove molti teologi sposati sarebbero disponibili ad occupare, come sacerdoti, i posti vacanti all’interno del clero celibe?
Non si può dedurre dalla chiamata “dei sette uomini di buona reputazione che erano pieni di Spirito e Verità” (Atti 6: 3) al servizio delle mense (Atti 6: 1-7) – a cui venne in seguito collegato il grado dei diaconi ordinati sacramentalmente – la conclusione clericale-teologica che la Chiesa possa ora creare in qualsiasi momento nuovi uffici sacramentali per necessità sociologiche (IL 129), o che non si possa fare affatto. Il triplice ufficio ordinato è scaturito, da un lato, dalla necessaria successione degli Apostoli e dal loro mandato di proclamare il Vangelo, per mediare sacramentalmente la Grazia e per guidare, come buoni pastori, l’ovile di Cristo. Dall’altro lato, nasce dalla creazione di chiese specifiche quali rappresentanti locali della Chiesa Universale. Qui, pertanto, Uno dei sacerdoti è il Primo nel Collegio dei Presbiteri, insieme ai diaconi; e, a partire dal II secolo, viene sempre più frequentemente chiamato solamente vescovo (Ignazio di Antiochia, Mag. 6,1). Nel vescovo, l’unità della chiesa locale è rappresentata in modo sacramentale e l’unità con le origini apostoliche, nella misura in cui l’insieme dei vescovi, con il Papa alla testa, segue il Collegio degli Apostoli con San Pietro a capo (Prima Lettera di Clemente, 42:44; Lumen Gentium 20 seq.)
4. Un Ufficio Sacramentale per le Donne?
Il triplice ufficio – nel modo in cui ha avuto storicamente origine dall’apostolato nella Chiesa Primitiva come istituito da Cristo – esiste in virtù di una “istituzione divina” (Lumen Gentium 20), ed è esercitato da coloro che, secondo la terminologia attuale, sono “chiamati vescovi, presbiteri/sacerdoti, diaconi” (Lumen gentium 28). In tempi migliori, i vescovi tedeschi all’unanimità si opposero al Kulturkampf di Bismarck e dichiararono: “La costituzione della Chiesa si basa, in tutti i punti essenziali, sull’ordine divino ed è esente da qualsiasi arbitrarietà umana” (DH 3114). Parte di ciò è anche la visione che vescovo, sacerdote e diacono siano solo gradi dell’unico Sacramento dell’Ordine Sacro. “Nessuno può dubitare che la santa ordinazione sia veramente ed essenzialmente uno dei sette Sacramenti della Santa Chiesa – unum ex septem sacramentis“. (Trento, Decreto sul Sacramento degli ordini sacri: DH 1766; 1773). Questo è il motivo per cui non ha senso dare all’ “Ordinatio sacerdotalis” (1994) l’interpretazione speciosa secondo cui non è stata presa alcuna decisione sull’indivisibile Sacramento dell’Ordine Sacro nel suo insieme, ma piuttosto meramente sui gradi dell’episcopato e dell’ufficio sacerdotale che solo gli uomini possono ricevere.
Quando si fa un’analisi teologica dei fatti dottrinali ed ecclesiastico-storici, nel contesto delle dichiarazioni vincolanti riguardanti il Sacramento degli Ordini Sacri, si vede chiaramente che l’ordinazione sacramentale, nel grado e con il titolo ufficiale di “diacono” nella Chiesa Cattolica non è e non è mai stata conferita alle donne.
Deriva dalla “costituzione divina della Chiesa”, come ha responsabilmente deciso Papa Giovanni Paolo II, che la Chiesa non ha l’autorità di conferire alle donne l’ordinazione sacerdotale. Questa non è una conclusione che discende dalla storia, ma piuttosto deriva dalla costituzione divina della Chiesa. Questo ovviamente si applica a tutti e tre i gradi sacramentali. È diventata consuetudine nel grande pubblico ed è in uso nella Chiesa utilizzare la parola aperta “servo” nella versione greca “diakonos” come termine tecnico per il primo dei tre gradi di ordinazione. Pertanto, non è utile ora parlare di diaconi femminili non-sacramentali, creando in tal modo l’illusione che si tratti di far rinascere un’antica -ma solo temporaneamente e regionalmente limitata- istituzione delle diaconesse della Chiesa Primitiva.
Ciò contraddice anche l’essenza dell’ufficio episcopale e dell’ufficio sacerdotale quando viene ridotta alla santificazione per consentire ai laici – vale a dire a uomini e donne in un servizio non sacramentale – di tenere l’omelia durante la Messa celebrata da un sacerdote o da un vescovo. In tal modo i sacerdoti diventerebbero “altaristi” [“Altaristen“: una parola umiliante per i sacerdoti che celebrano la Messa senza omelia e cura pastorale; questo fu un abuso che Lutero individuò e usò per le sue polemiche; G.M.], qualcosa che all’epoca causò la protesta della Riforma. La Messa è – in quanto Liturgia della Parola e del Corpo e il Corpo di Nostro Signore – “un solo atto di adorazione” (Sacrosanctum Concilium 56). Ecco perché spetta ai vescovi e ai sacerdoti predicare e, al massimo, a volte lasciare che il diacono ordinato tenga un’omelia. Il servizio nella Parola e nel Sacramento ha un’unità interiore. L’ufficio più importante dei vescovi è l’annuncio, da cui derivano per logica interna anche i doveri sacramentali (Lumen Gentium 25). Proprio come gli Apostoli sono “servitori della Parola” (Lc. 1: 2; Atti 6: 2), anche il compito dei sacerdoti (vescovi, presbiteri) viene definito come servizio nella “Parola e nella Dottrina” (1 Tim. 5:17).
All’ordinazione, non vengono trasferite competenze particolari individuali senza alcun ordine interno e interconnessione. È un unico servizio nella Parola, attraverso il quale la Chiesa viene riunita come comunità di Fede, in cui vengono celebrati i Sacramenti della Fede e attraverso i quali il gregge di Dio è governato dai suoi pastori nominati, nel Nome e Autorità di Cristo. Ecco perché gli uffici sacerdotali nella dottrina, adorazione e governo sono uniti alla radice e sono semplicemente diversi nei loro aspetti teologici, in base ai quali li osserviamo (Presbyterorum Ordinis 4-6). Nella prima descrizione del rito della Messa a Roma intorno al 160 d.C., il martire e filosofo Giustino afferma che durante la liturgia domenicale – dopo le letture dei libri biblici – il presidiante (vescovo, presbitero) tiene l’omelia, e in seguito celebra la Santa Eucaristia con Offertorio, Consacrazione e Comunione (vedi Giustino, II. Apologia 65-67).
I Sacramenti sono segni e strumenti della Grazia Divina, con l’aiuto dei quali Dio costruisce il singolo Cristiano e la Chiesa nel suo insieme. Ecco perché non ci si può rivolgere alle autorità secolari e rivendicare, in nome dei diritti umani, il diritto ad essere ordinati (né come uomo né come donna), perché i diritti umani sono infusi nella natura dell’uomo. Sull’ordine della Grazia e l’ordine della Chiesa, tuttavia, l’autorità civile non ha alcuna competenza. Solo un Cattolico di sesso maschile può essere ordinato – se riceve la chiamata e se la Chiesa, rappresentata dal vescovo, riconosce l’autenticità di questa vocazione e quindi ordina come vescovo, sacerdote o diacono un candidato idoneo secondo le condizioni canoniche.
Solo coloro che considerano la Chiesa al massimo come un’istituzione secolare e che successivamente non riconoscono l’ufficio ordinato come un’istituzione divina, hanno difficoltà ad accettare questa visione. Queste persone, piuttosto, riducono il titolare dell’ufficio cristiano a un semplice funzionario di un’organizzazione religioso-sociale. Con quanta facilità si potrebbe, in questo caso, esortare i fedeli con le parole: “Obbedite ai vostri capi e sottomettetevi a loro; poiché vegliano sulle vostre anime, come uomini che dovranno renderne conto. Lasciate che facciano questo con gioia, e non tristemente, perché non sarebbe di alcun vantaggio per voi” (Ebr 13:17)
Il Magistero del Papa e dei vescovi non ha alcuna autorità sulla sostanza dei Sacramenti (Trento, Decreto sulla Comunione sotto entrambe le specie, DH 1728; Sacrosanctum Concilium 21). Pertanto, nessun sinodo – con o senza il Papa – e neppure nessun concilio ecumenico, o neanche il Papa, anche se parlasse ex cathedra, potrebbero rendere possibile l’ordinazione delle donne come vescovi, sacerdoti e diaconi. Verrebbero in contraddizione con la chiara dottrina della Chiesa. Non sarebbe valida. Indipendentemente da ciò, c’è l’uguaglianza di tutti i battezzati nella vita della Grazia, e nella vocazione a tutti gli uffici e funzioni ecclesiali per i quali non è necessario esercitare il Sacramento degli Ordini Sacri.
5. Su cosa è importante riguardo all’Ufficio sacerdotale
Nel corso di 2000 anni di storia della Chiesa, anche le costellazioni culturali e le condizioni politico-sociologiche per la vita della Chiesa sono cambiate in maniera sensibile. Tuttavia, l’ufficio sacerdotale è sempre stato lo stesso nei suoi elementi essenziali, sia in una società feudale, o nel sistema di chiesa ad etichetta tedesca, durante l’istituzione della corte e dei principi vescovi, o al tempo dell’Ufficio di Pietro fino al 1870 con i vantaggi e gli oneri dello Stato Pontificio. Come oggi questo ufficio riguarda servire la Parola e i Sacramenti per la salvezza del mondo ed è cura del pastore che, come Gesù, “il pastore e vescovo delle vostre anime” (1 Piet. 2:25), il “Pastore Supremo”, dia la vita per le pecore che gli sono state affidate (1 Pietro 5 1: 4). La sostanza dei Sacramenti non è soggetta all’autorità della Chiesa. E non si può costruire un nuovo modello di sacerdozio, con il supporto di elementi remoti della Scrittura e della Tradizione omettendo di distinguere le decisioni dogmaticamente vincolanti dalle valorizzazioni di aspetti minori. Né sono importanti le immagini sacerdotali sviluppate dagli strateghi pastorali, ma solo l’unica Immagine di Cristo, il Sommo Sacerdote della Nuova Alleanza, che è eternamente impressa nelle anime dei consacrati e nel Cui nome e forza santificano, istruiscono e governano i fedeli (Presbyterorum Ordinis 2; 12).
Tuttavia, gli acuti pensatori tedeschi coinvolti nel processo sinodale hanno diffamato l’affermazione centrale secondo cui i sacerdoti agiscono – in virtù della natura che hanno ricevuto alla loro ordinazione – proprio come gli Apostoli, “in persona Christi” (2 Cor. 2:10; 2 Cor. 5:20), capo della Chiesa (Presbyterorum ordinis 2), definendola la causa del clericalismo e persino la causa dell’abuso sessuale dei giovani. Questo non è solo un insulto incredibile a molti pastori diligenti. Questa affermazione significa invece credere a Gesù che ha detto prima ai 12 Apostoli e poi agli altri 72 discepoli: “Chi ascolta voi, ascolta Me, e chi rifiuta voi, rifiuta Me e chi rifiuta Me rifiuta Chi mi ha mandato” (Lc. 10,16). Un professore di liturgia tedesco si è involontariamente messo in cattiva luce e apertamente in contraddizione con il Concilio Vaticano II, quando ha affermato che la celebrazione quotidiana dell’Eucaristia – in cui il sacrificio di Gesù sulla Croce, per amore dell’umanità, diventa presente al mondo – è la ragione dell’abuso pedofilo e omofilo della sessualità. Perché il Concilio dice: “Nel mistero del Sacrificio Eucaristico, in cui i sacerdoti svolgono il loro più grande compito, è quando l’opera della nostra redenzione viene costantemente portata avanti; e quindi la celebrazione quotidiana della Messa è fortemente incoraggiata” (Presbyterorum ordinis 13).
Quando durante il processo sinodale in Germania, non si discuteranno anche argomenti essenziali sulla trasmissione della Fede, il declino sarà sempre più accelerato.
Forse stiamo per diventare un “piccolo gregge”. Ma queste parole di Gesù non sono intese in senso sociologico e non hanno nulla a che fare con numeri piccoli o grandi. Dio “desidera che tutti gli uomini siano salvati e giungano alla conoscenza della Verità” (1 Tim. 2: 4), con l’aiuto dell’unico mediatore Gesù Cristo, all’interno della “famiglia di Dio, che è la Chiesa del Dio vivente, pilastro e baluardo della verità” (1 Tim. 3:15).
La Chiesa è il Popolo di Dio in mezzo ai popoli. E, se in una nazione la maggioranza delle persone è cattolica, e quindi la comunità e lo Stato sono permeati dalla cultura cristiana, è certamente Volontà di Dio. Siamo un “piccolo” gregge in mezzo alla maggioranza o in una diaspora, perché essere Cristiani imitando il Signore Crocifisso non è una questione di adattamento alla cultura dominante, o un modo di contraddire quella cultura, ma, bensì, una decisione personale.
È certamente tanto bello essere sul Reno e sognare l’Amazzonia. Ma gli scenari di fiumi maestosi non possono calmare il desiderio del cuore umano, né le loro acque possono placare la sete di vita eterna. Solo l’acqua, che Gesù, Verbo di Dio Incarnato, ci dà, diventa in noi “una sorgente d’acqua che fluisce fino alla vita eterna” (Giovanni 4:14).
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