Lo psicologo Roberto Marchesini ripercorre le vie della psicologia.
Roberto Marchesini "Le vie della psicologia" SUGARCOEDIZIONI pp.259-265
Nel corso del presente lavoro abbiamo parlato di ideologia liberal, di liberalismo, di marxismo e di neo-liberismo. È opportuno capire cosa lega queste dottrine che possono sembrare, in alcuni casi, in opposizione l'una all'altra.
Come abbiamo visto, i greci consideravano l'universo come un kosmos, un insieme ordinato e armonico. Ciò che rende tale il kosmos è il logos, che possiamo tradurre con ordine, ragione, senso, discorso…
Per i cristiani, il Logos è Cristo.
In principio era il Logos,
il Logos era presso Dio
e il Logos era Dio.
Egli era in principio presso Dio:
tutto è stato fatto per mezzo di Lui,
e senza di Lui niente è stato fatto di tutto ciò che esiste.
Come ha spiegato papa Benedetto XVI nel Discorso di Ratisbona:
Modificando il primo versetto del Libro della Genesi, il primo versetto dell'intera Sacra Scrittura, Giovanni ha iniziato il prologo del suo Vangelo con le parole: "IN principio era il logos". È questa proprio la stessa parola che usa l'imperatore: "Dio agisce "con logos. Logos significa insieme ragione e parola – una ragione che è creatrice e capace di comunicarsi ma, appunto, come ragione. Giovanni con ciò ci ha donato la parola conclusiva sul concetto biblico di Dio, la parola in cui tutte le vie spesso faticose e tortuose della fede biblica raggiungono la loro meta, trovano la loro sintesi. In principio era il logos, e il logos è Dio, ci dice l'evangelista. L'incontro tra il messaggio biblico e il pensiero greco non era un semplice caso. La visione di san paolo, davanti al quale si sentì una supplica: "Passa in macedonia e aiutaci!" (At 16,6-10) – questa visione può essere interpretata come una "condizione" della necessità intrinseca di un avvicinamento tra la fede biblica e l'interrogarsi greco.
Purtroppo, però:
In Lui era la vita
e la vita era la luce degli uomini:
la luce splende nelle tenebre,
ma le tenebre non l'hanno accolta.
Dunque esistono persone che rifiutano il logos; hanno addirittura creato una filosofia per dare ragione di questo loro rifiuto. Questa filosofia viene chiamata Sovversione o, più frequentemente, Rivoluzione.
La prima forma di pensiero rivoluzionario è la Gnosi. Molto probabilmente, la Gnosi nacque in ambienti ebraici mediante la confluenza tra la filosofia platonica e tradizioni caldee, egiziane e babilonesi incontrate dagli ebrei durante i loro storici esili. Secondo l'accademico Roberto Grant, la Gnosi fornì a quel popolo una spiegazione e una nuova speranza dopo la distruzione del tempio e, di conseguenza, la fine della religione ebraica:
I servizi del tempio erano finiti: che dovevano fare i sacerdoti e i leviti? Il tempio distrutto, come potevano i pii farisei continuare ad obbedire alla legge di Mosè? Col fallimento della visione apocalittica, come poteva questa essere conservata dagli esseni o dagli zeloti? La legge e i profeti rimanevano, ma come potevano ormai essere interpretati?
Ecco la soluzione: gli ebrei erano stati ingannati da un dio malvagio, un Demiurgo platonico. La Bibbia non doveva quindi essere considerata in senso letterale; essa CELAVA UN LINGUAGGIO NASCOSTO CHE SOLO pochi "illuminati" potevano conoscere attraverso una scienza esoterica (la Gnosi appunto). La scienza numerologica (la "cabala") poteva, ad esempio, svelare il significato segreto dei numeri scritti nella Bibbia. Gli illuminati potevano, quindi, infrangere le leggi imposte dal Demiurgo senza peccare, anzi: essi dovevano infrangerle per spezzare l'inganno ed essere liberi. Ciò che è bene è male; e ciò che è male, bene.
Nasce così il principio gnostico della coincidentia oppositorum, per il quale gli opposti (come il bene e il male) sono in realtà due facce della stessa medaglia. Si tratta dell'esatto ribaltamento dei due principi fondamentali della logica aristotelica, ossia il principio di identità /A=A) e di non contraddizione (A non può essere non-A).
Sebbene osteggiata dal cristianesimo, questa filosofia si diffuse in modo carsico per emergere in modo improvviso, ad esempio, nei movimenti ereticali medioevali (borgomiti, albigesi e catari) o nella predicazione di Sabbatai Zevi e Jakob Frank. Dovunque emergesse, questa filosofia era accompagnata da crimini e perversioni, necessari ai praticanti per raggiungere la perfezione ed elevarsi spiritualmente; inoltre, la distruzione di questo mondo corrotto e malvagio era necessaria per accelerare la venuta di Dio.
Per secoli, dunque, questo pensiero rimase sottotraccia accanto a quello tradizionale aristotelico e cristiano. Almeno fino al secolo XVI quando, come abbiamo visto, il rifiuto del logos divenne la dottrina ufficiale del regno (poi impero) britannico.
Qui, per giustificare il rifiuto del logos e delle sue conseguenze (le leggi morali e religiose) si affermò essere la ragione incapace di cogliere le verità metafisiche e limitata al dato sensibile. A questa limitazione della ragione venne dato il nome di "empirismo" o "liberalismo"; la conseguenza del rifiuto delle leggi morali e religiose portò all'affermarsi della "legge del più forte" anche democraticamente raggiunto. Nacquero così il liberalismo capitalista, il malthusianesimo, la pirateria corsara, l'eutanasia, il razzismo. Giunse poi l'evoluzionismo a confermare scientificamente la nuova ideologia britannica: anche tra gli animali vige la "lotta per la sopravvivenza".
L'evoluzionismo è rivoluzionario non solo perché giustifica il rifiuto delle leggi morali e religiose. Esso afferma una seconda legge che governa il mondo ¨il continuo e incessante mutamento di ogni cosa (al Concilio sotto la voce aggiornamento). Tuttavia, il logos è, per sua natura, immutabile ed eterno. Quindi l'evoluzionismo è doppiamente rivoluzionario: perché, affermando il continuo mutamento, nega il logos; e perché nega le sue conseguenze, le leggi morali e religiose. Come sappiamo, l'ideologia britannica ebbe delle pesanti influenze sulla psicologia e portò allo sviluppo della psicometria.
Nel nostro percorso, tuttavia, abbiamo anche incontrato ideologie rivoluzionarie opposte al liberalismo, ad esempio il marxismo. Come è possibile che due ideologie antitetiche siano entrambe rivoluzionarie? Riformuliamo la domanda: Siamo sicuri che siano antitetiche?
Ci sono diverse cose che uniscono liberalismo e marxismo. Ad esempio, in un'ottica malthusiana, potremmo dividere la società in una parte produttiva e una parassitaria, sfruttatrice; l'eugenetica nasce con lo scopo di ridurre il peso degli sfruttatori. Marx accetta questa suddivisione della società; tuttavia egli identifica nel proletariato la classe produttrice, e nei capitalisti gli sfruttatori parassitari.
Anche Marx, come gli empiristi inglesi, era materialista; e, come loro, era evoluzionista. Di un evoluzionismo, tuttavia, un pochino diverso rispetto a quello darwiniano. La sua teoria filosofica di riferimento era quella hegeliana per la quale non c'è semplicemente un superamento continuo dell'esistente. Per Hegel ciò che esiste (tesi) pone il proprio contrario (l'antitesi); questo genera un conflitto temporaneo che ha come esito un nuovo esistente (la sintesi). A questo punto la sintesi diventa tesi, pone il proprio opposto e il ciclo si ripete. L'esistente viene dunque superato, ma è l'esistente stesso a porre le condizioni del suo superamento. Oltre, dunque, al continuo superamento di ciò che è, abbiamo anche una nuova versione della teoria della coincidentia oppositorum: la tesi genera il suo contrario.
Marx utilizza questo schema hegeliano lo applica ai rapporti economici tra le classi:
La borghesia ha avuto nella storia una parte essenzialmente rivoluzionaria.
Dovunque è giunta al dominio essa ha distrutto tutte quelle condizioni di vita, che erano feudali, patriarcali, idilliache. Essa ha distrutto senza pietà tutti quei legami multicolori, che nel regime feudale avvincevano gli uomini ai loro naturali superiori, e non ha lasciato fra uomo e uomo altri vincoli da quelli in fuori del nudo interesse, e dello spietato pagamento in contanti.
[…] Quelle stesse armi, per mezzo delle quali la borghesia riuscì ad abbattere il feudalesimo, si rivolgono ora contro di essa.
Ma la borghesia non ha soltanto ammannito le armi, che devono recarle la morte; perché essa ha anche prodotto gli uomini, che quelle armi han da portare, e sono gli operai moderni, i proletari.
Dunque il feudalesimo (tesi) ha creato la borghesia (antitesi); dal conflitto tra queste due forze è sorta una nuova borghesia (sintesi), la così detta "nobiltà di toga". Ora, questa nuova borghesia ha creato la sua antitesi, il proletariato, diventa quindi inevitabile la lotta tra borghesia e proletariato per poi giungere a una nuova sintesi (per Marx, la società socialista). È dunque ingenuo pensare che a Marx importi il proletariato in sé; gli importa del proletariato in quanto forza evoluzionista e rivoluzionaria. L'importante è che la realtà sia cancellata.
E così nel corso dell'evoluzione tutto ciò che prima era reale diventa irreale, perde la propria necessità, il proprio diritto all'esistenza, la propria razionalità; al posto del reale che muore subentra una nuova realtà vitale, in modo pacifico, se ciò che è vecchio è abbastanza intelligente da andarsene senza opporre resistenza alla morte; in modo violento, se esso si oppone a questa necessità. E così la tesi di Hegel si trasforma, secondo la stessa dialettica hegeliana, nel suo contrario: tutto ciò che è reale nell'ambito della storia umana diventa col tempo irrazionale, è dunque già irrazionale per proprio destino, è sin dall'inizio affetto da irrazionalità; e tutto ciò che vi è di razionale nelle teste degli uomini destinato a diventare reale, per quanto possa contraddire alla apparente realtà del giorno. La tesi della razionalità di tutto il reale si risolve quindi secondo tutte le regole del ragionamento hegeliano nell'altra: tutto ciò che esiste è degno di perire.
La distruzione della realtà diventa così il cardine del comunismo marxista:
Chiamiamo comunismo il movimento reale che abolisce lo stato di cose presente. Le condizioni di questo movimento risultano dal presupposto ora esistente.
Questa è la vera natura del comunismo: l'abolizione dello stato presente. Tutto il resto (ad esempio la lotta di classe) è solo uno strumento, un mezzo per distruggere lo stato di cose presenti.
Così Daujat, nel suo aureo libretto intitolato Conoscere il comunismo, spiega il nucleo ideologico del marxismo
[…] la storia è una rivoluzione continua, l'idea è un movimento continuo di azione rivoluzionaria per far la storia negando, contraddicendo e mutando ciò che è. Tutto ciò che si presenta come realtà si deve negare, distruggere, perché si faccia la storia nella contraddizione e nella rivoluzione continua. Non vi è più alcuna verità stabile, che si avvera oggi, ieri, domani: affermare e negare non hanno più senso, l'uno e l'altro sia chiamano e si confondono, resta solo l'azione che la storia.
Siamo ancora al desiderio gnostico di distruggere il mondo malvagio per accedere all'Iperuranio, il mondo delle idee perfette.
Nel 1989 cadde al cortina DI FERRO: L'ESPERIMENTO MARXISTA ERA DUNQUE FINITO. Se i rivoluzionari pensassero secondo la logica aristotelica avrebbero dovuto scusarsi, pagare per il danno inferto all'umanità e ritirarsi a coltivare il proprio orticello. Non è andata così. Gli ex marxisti sono ora i più accaniti sostenitori del liberismo economico. Cos'è accaduto? Hanno tradito i loro ideali e la classe operaia, come si legge talvolta sui media? No nessun tradimento.
Il marxismo è crollato perché era diventato "tesi", e "tutto ciò che esiste merita di perire". Il crollo del comunismo non è stato, quindi, il fallimento delle idee rivoluzionarie, ma il suo trionfo. E, secondo dialettica hegeliana, la fine dello scontro tra marxismo e liberismo ha portato alla nascita di una "sintesi", il neo-liberismo mondialista. Che, infatti, ha come protagonisti gli ex rappresentanti della sinistra marxista, come è stata la psicologia moderna e contemporanea, strumento di rivoluzione.
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