COVID 19

COVID 19, PUNIZIONE O AVVERTIMENTO? 
E PER QUALE COLPA?

18 Maggio 2020 Pubblicato da Marco Tosatti

Carissimi Stilumcuriali, ecco la seconda parte della riflessione dedicata al Coronavirus, e alla liceità o meno di poter interpretare questo genere di fenomeni in una luce metafisica e religiosa, come avvertimenti che vengono dati agli esseri umani nel loro rapporto con la divinità. Buona lettura.

 Nello scorso nostro contributo avevamo ricordato un articolo de La Civiltà cattolica dello scorso 2 maggio. Al contrario ricordavamo come, dalla stessa Scrittura, emerga chiaramente, invece, la convinzione che Dio possa castigare il suo popolo infedele per purificarlo e correggerlo.

La rivista dei gesuiti, dinanzi ai passi biblici chiari nei quali spiccava quest'idea, era costretta a giustificare che ciò sarebbe da ascrivere ad un problema di «comprensione di Dio nella Scrittura», che sarebbe «sempre in divenire», da ascrivere ad «una mentalità religiosa che tende a riferire tutto a Dio come causa prima e a collegare ogni avversità con un precedente peccato commesso, dal singolo o da altri».

Evidentemente, questo problema – stando alla chiave di lettura de La Civiltà cattolica – lo devono aver avuto anche i Santi, e segnatamente anche la Vergine Maria … .  Ella, apparendo a La Salette, il 19 settembre 1846, così si esprimeva: «Se il Mio popolo non vuole sottomettersi, sono costretta a lasciar libero il braccio di Mio Figlio. Esso è così forte e così pesante che non posso più sostenerlo. Da quanto tempo soffro per voi! […] Vi ho dato sei giorni per lavorare, mi sono riservato il settimo, e non me lo volete concedere. […] Anche i carrettieri non sanno che bestemmiare il nome di Mio Figlio. Queste sono le due cose che appesantiscono tanto il braccio di Mio Figlio. Se il raccolto si guasta la colpa è vostra. […] [V]e lo dirò in altro modo: se avete del grano, non seminatelo. Quello seminato sarà mangiato dagli insetti e quello che maturerà cadrà in polvere al momento della battitura. Sopraggiungerà una grande carestia. Prima di essa i bambini al di sotto dei sette anni saranno colpiti dai tremiti e moriranno tra le braccia di coloro che li terranno. Gli altri faranno penitenza con la carestia. Le noci si guasteranno e l'uva marcirà. Se si convertono, le pietre e le rocce si muteranno in mucchi di grano e le patate nasceranno da sole nei campi».

La Santa Vergine, in quell'occasione, esplicitamente ammetteva che il braccio del Figlio fosse divenuto pesante da sostenere … ed annunciava i prossimi castighi per i suoi figli, se questi non si fossero convertiti … . Piccolo appunto: effettivamente la malattia della peronospera della vite si diffuse in Europa tra il 1847 ed il 1848, secondo le parole della Vergine, facendo marcire l'uva … . Ma non si preoccupi La Civiltà cattolica: questa è ovviamente una coincidenza … .

Se non fosse già chiaro, come non dimenticare Fatima? Nel II segreto, il 13 luglio 1917, la Vergine ricollegò esplicitamente lo scoppio della II Guerra Mondiale ad un castigo di Dio: «[…] La guerra sta per finire; ma se non smetteranno di offendere Dio, durante il Pontificato di Pio XI ne comincerà un'altra ancora peggiore. Quando vedrete una notte illuminata da una luce sconosciuta, sappiate che è il grande segno che Dio vi dà che sta per castigare il mondo per i suoi crimini, per mezzo della guerra, della fame e delle persecuzioni alla Chiesa e al Santo Padre. […] Se accetteranno le Mie richieste, la Russia si convertirà e avranno pace; se no, spargerà i suoi errori per il mondo, promuovendo guerre e persecuzioni alla Chiesa. I buoni saranno martirizzati, il Santo Padre avrà molto da soffrire, varie nazioni saranno distrutte».

Evidentemente, la Santa Vergine – se seguendo la chiave di lettura de La Civiltà cattolica – era rimasta a quegli schemi di comprensione di Dio, che la nuova Chiesa ha superato. In fondo è una donna ebrea del I sec. d.C. …. Cosa pretendiamo???

Anche molti eventi storici sono da leggere in quest'ottica di purificazione, come ci ricorda anche il prof. De Mattei.

Egli indica come tutto quanto accada abbia sempre un significato (v. blog Roberto de Mattei, 20.4.2011): evocando il celebre sacco di Roma, quale castigo misericordioso, rammentava: «un fulmine che cadde in Vaticano e la comparsa di un eremita, Brandano da Petroio, venerato dalle folle come "il pazzo di Cristo", che nel giorno di giovedì santo del 1527, mentre Clemente VII benediceva in San Pietro la folla, gridò: "bastardo sodomita, per i tuoi peccati Roma sarà distrutta. Confessati e convertiti, perché tra 14 giorni l'ira di Dio si abbatterà su di te e sulla città"» (Corrispondenza romana, 2.12.2015). Inutile dire che tutto puntualmente si verificò. Anche qui una coincidenza.

In una sua lunga analisi, sotto vari profili – quello di studioso delle scienze sociali, di storico e di filosofo della storia – sempre il prof. De Mattei osservava che «le sciagure naturali hanno sempre accompagnato le infedeltà e l'apostasia delle nazioni. […] Santi come Bernardino da Siena non attribuirono questi eventi all'opera di agenti malvagi, ma ai peccati degli uomini, tanto più gravi se sono peccati collettivi e più gravi ancora se tollerati o promossi dai reggitori dei popoli e da chi governa la Chiesa» (Corrispondenza romana, 16.3.2020). Ciò coerentemente con quanto insegna la Scrittura, secondo cui Dio spesso punisce un popolo per le colpe di chi lo governa (v. ad es. le piaghe d'Egitto) e talora i reggitori di un popolo per le colpe del popolo stesso. Per questo, l'illustre accademico non mancava di sottolineare come la Pasqua 2020, appena trascorsa, sarebbe passata alla storia per vari aspetti (cfr. blog Scuola Ecclesia Mater, 13.4.2020). Non mancava di richiamare l'esempio di S. Gregorio Magno, al tempo della peste del 590 d.C., evento che era, per giunta, all'origine dell'antifona del Regina Coeli (cfr. blog Scuola Ecclesia Mater, 13.4.2020).

Tornando a La Civiltà cattolica, c'è da immaginare che pure i Sommi Pontefici avessero mal compreso Dio …. Eppure il loro magistero è in aperta discontinuità con l'insegnamento di Francesco. Almeno su questo punto.

Ricorderò soltanto quanto insegnavano alcuni grandi Pontefici, senza pretesa di completezza.

Giovanni Paolo II: «La stessa storia di Gerusalemme è una parabola che insegna a tutti la scelta da compiere. Dio ha castigato la città perché non poteva rimanere indifferente di fronte al male perpetrato dai suoi figli. Ma ora, vedendo che molti si sono convertiti e trasformati in figli giusti e fedeli, egli manifesterà ancora il suo amore misericordioso (cfr v. 10).

Lungo tutto il Cantico del capitolo 13 di Tobia si ripete spesso questa convinzione: il Signore "castiga e usa misericordia… castiga per le vostre ingiustizie ma usa misericordia a tutti… ti ha castigata per le opere dei tuoi figli, e avrà ancora pietà per i figli dei giusti" (vv. 2.5.10). Dio ricorre al castigo come mezzo per richiamare sulla retta via i peccatori sordi ad altri richiami» (Udienza generale, 13.8.2003).

Paolo VI: «Come siamo meschini, come siamo davvero colpevoli al punto da meritare i castighi del Signore! Potrebbe egli infatti ripetere quanto già disse durante la sua vita terrena: "Verrà gente dall'oriente e dall'occidente, dal settentrione e dal mezzodì, e si porrà a mensa nel regno di Dio". Se non si avrà saputo accogliere la ricchezza delle grazie del Signore, si potrebbe incorrere in grave responsabilità, sino ad essere colpiti da ripulsa eterna, da temibile maledizione» (Omelia della III Domenica di Quaresima, 13.3.1966).

Giovanni XXIII: «Egli vi dice di fuggire il peccato, causa principale dei grandi castighi, di amare Dio al di sopra di tutte le cose, di riporre in Lui solo la vostra speranza e la vostra difesa contro le calamità» (Radiomessaggio alla popolazione di Messina in occasione del 50° anniversario del terremoto del 28.12.1908, 28.12.1958).

Pio XII: «Dio manifesta un tale amore verso il Popolo Eletto, cioè giusto e santamente sollecito, qual è appunto l'amore di un padre misericordioso e amorevole, o di uno sposo adirato per il suo onore offeso. È un amore, che, lungi dal venir meno alla vista di mostruose infedeltà e di ignobili tradimenti, prende sì da essi motivo per infliggere ai colpevoli i meritati castighi — non già per ripudiarli e abbandonarli a se stessi — ma soltanto allo scopo di vedere la sposa resasi estranea e infedele, ed i figli ingrati, pentirsi, purificarsi e tornare a riunirsi con Lui con rinnovati e più solidi vincoli di amore» (enc. Haurietis aquas, 15.5.1956, § 26).

Ed ancora: «Qual è il senso di questo castigo divino? L'Apostolo Paolo lo lascia intendere, quando esclama: "Ciò che uno avrà seminato, quello mieterà" (Gal. 6, 8). L'uomo, che semina la colpa, raccoglie il castigo. Il castigo di Dio è la risposta di Lui ai peccati degli uomini. […] Quali sono dunque il senso ed il fine della pena data da Dio? In primo luogo ed essenzialmente, essa è la riparazione della colpa e la restituzione dell'ordine violato. Commettendo il peccato, l'uomo si sottrae ai precetti divini e oppone la sua volontà a quella di Dio. In questo confronto personale l'uomo preferisce sè stesso e respinge Dio. Nel castigo persiste il confronto fra le stesse due persone, Iddio e l'uomo, fra le stesse volontà; ma ora, imponendo alla volontà del ribelle la sofferenza, Iddio lo costringe a sottomettersi al suo volere, alla legge e al diritto del Creatore, e a restaurare così l'ordine infranto. Il castigo divino però non esaurisce in tal guisa tutto il suo senso, almeno in questo mondo e per il tempo della vita terrena. Esso ha anche altri scopi, che sono anzi, in parte, preponderanti. Spesso infatti le pene volute da Dio sono piuttosto un rimedio che un mezzo di espiazione, piuttosto "poenae medicinales" che "poenae vindicativae". Esse ammoniscono il reo a riflettere sulla sua colpa e sul disordine delle sue azioni, e lo inducono a distaccarsene ed a convertirsi» (Discorso ai giuristi cattolici circa l'aiuto ai carcerati, 26.5.1957).

Benedetto XV: «Tutto ciò che accade nel mondo dev'essere spiegato alla luce della fede. Questo ammirabile lume, per non accennare che ad una parte dei suoi insegnamenti, ci fa comprendere che le private sventure sono meritati castighi, o almeno esercizio di virtù per gli individui, e che i pubblici flagelli sono espiazione delle colpe onde le pubbliche autorità e le nazioni si sono allontanate da Dio. I sacri oratori che, ad imitazione di San Paolo, vogliano rinnovata nel mondo la manifestazione dello spirito cristiano "in ostensione spiritus", devono dunque esortare i fedeli a ricevere dalle mani di Dio così le private sventure come i pubblici flagelli, senza punto mormorare contro la Divina Provvidenza, ma procurando di placare la Giustizia Divina per le colpe degli individui e delle nazioni» (Allocuzione ai sacri Predicatori quaresimalisti di Roma, 19.2.1917).

Leone XIII: «È veramente necessario che tutti si impegnino con maggior ardore, poiché l'insana malvagità degli empi insiste, con le sue temerarie macchinazioni, nel provocare l'ira di Dio e nel far ricadere sull'umanità il peso di un giusto castigo. Tra gli altri motivi, infatti, e questo affligge con Noi tutte le persone rette, vi è il fatto che, nel seno stesso delle genti cattoliche, esiste una troppo folta schiera di persone che si compiace delle ingiurie inferte, in qualsivoglia modo, alla religione e, per di più, intenta, con una propaganda di un'audacia al limite della credibilità, ad ingenerare nelle moltitudini il disprezzo e il ludibrio dei suoi sacrosanti princìpi e della comprovata fiducia nel patrocinio della Vergine» (enc. Iucunda semper expectatione, 8.9.1894).

Pio IX: «Vi sono noti i passi della Sacra Scrittura, che chiaramente e palesemente insegnano che tali castighi di Dio sono provocati dalle colpe degli uomini» (enc. Cum nuper, 20.1.1858).

Pio VII: «[c]hi ha inventato la malizia contro la Chiesa, in che modo eviterà la mano di Dio? Dio infatti non lascerà impunito alcuno, né si lascerà intimidire da alcuna grandezza mondana, poiché Egli stesso creò il piccolo ed il grande, e più forte è il castigo per i più forti (Sap. 6, 7)» (breve Quum memoranda, 10.6.1809).

Pio VI: «Ci incalzano infatti minacce ostili, e ogni giorno maggiori pericoli ci sovrastano. Tuttavia nemmeno per questo abbiamo perduto la speranza; anzi tanto più si deve pregare con umiltà e con la contrizione del cuore come il pubblicano che non osava alzare gli occhi al cielo; si deve insistere e perseverare nel pianto, nei sospiri, nelle lacrime e nella penitenza; si deve bussare senza intermissione alle porte della misericordia, fintanto che l'ira di Dio, eccitata dai nostri peccati, si converta alla compassione, alla pietà e alla nostra consolazione. Dio infatti non vorrebbe castigarci; desidera gli sia fatta violenza dagli amici; cerca qualcuno dal quale possa essere impedito, e quando non trova nessuno è preso dal dolore. Dice Ezechiele: "Ho cercato fra loro un uomo che interponesse uno sbarramento e stesse sulla breccia di fronte a me, a terra, perché non la distruggessi, ma non l'ho trovato. Pertanto tocca con i tormenti delle avversità coloro che non vogliono correggersi spontaneamente" (Ez 22,30)» (breve Quae causa, 24.11.1792).

Per ulteriori e puntuali richiami, rinvio a questo sito e sempre al prof. De Mattei.

Quant'è grande la discontinuità magisteriale tra i Papi e Francesco su questo punto dottrinale! Forse anche quei grandi Pontefici non avevano avuto una corretta comprensione di Dio, che, evidentemente, il Vescovo di Roma Bergoglio, invece, si ritiene abbia … . O hanno sbagliato quei Pontefici o erra Francesco.

Non esprimo un giudizio. Lascio giudicare il lettore i fatti, alla luce degli insegnamenti bimillenari della Chiesa, cosicché ognuno potrà leggere gli odierni fatti sub specie aeternitatis, con gli occhi di Dio, giacché Egli – come predicava Giovanni Battista – «ha in mano il ventilabro per ripulire la sua aia» (Lc 3, 17).

Augustinus Hipponensis

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