Con il mese di maggio e rogazioni ci sono agricoltori che sfidano il virus e la stagione avversa
"Messa in latino" lunedì 11 maggio 2020
È primavera, siamo ad Offlaga, in provincia di Brescia, ed il nostro giovane amico agricoltore è uno dei titolari dell'Agricola Manerbiese scrl, si chiama Federico.
Certamente ogni metro quadro di questa provincia in questi mesi è stato colpito dalla violenta crisi causata dal Covid19 e nessuno può dirsi estraneo da esso: chi negli affetti, chi nel lavoro, chi nell'economia e chi nella fede.
Proprio da quest'ultima, che sembrerebbe non essere mancata ai nostri amici agricoltori, prendiamo spunto per la nostra riflessione.
Contattato direttamente Federico egli ci dice con molta schiettezza e sincerità: «Invochiamo la Madonna perché aiutarci in questi momenti difficili e, perché no, anche per chiedere a Dio la buona riuscita del raccolto».
In questa dichiarazione, tanto spontanea quanto genuina, non possiamo non cogliere allora due avvenimenti tipicamente collegati al mese corrente: la devozione mariana e le Rogazioni (o Litanie minori).
Entrambe queste liturgie hanno un collegamento strettissimo e correlato: Maria, invocata come Rosa delle rose, sin dal XII secolo riceveva l'omaggio della preghiera e dei fiori primaverili (Cfr. Riccardo Maccioni, Ecco perché maggio è il mese di Maria, in «Avvenire», 30 aprile 2020), le Rogazioni, risalenti invece al V secolo, invocavano la protezione e la benedizione di Dio sulla Chiesa e sulla campagna (cfr. Gaspare Lefevbre, Messale romano quotidiano, Marietti, Torino 1963, p. 595).
Questo incontro della liturgia della Chiesa trionfante e di quella militante con gli avvenimenti caratterizzanti la vita terrena di quest'ultima, dell'uomo di ogni secolo e di ogni ora, spinge la fragile piccolezza di ognuno ad elevare lo sguardo al cielo ed invocare quell'Ave che smuove da secoli la commozione di piccoli e grandi, di santi e di peccatori, ad un affidamento veramente accorato e muovente il cuore ad un giocondità celeste ed armonica. Dobbiamo costatare che entrambe queste pratiche liturgiche vanno spegnendosi nelle nuove generazioni: pochi giovani ancora pregano il rosario e pochissimi parroci, anche per i mutamenti socioeconomici che le nostre parrocchie hanno subito, ancora promuovono la liturgia delle Litanie minori.
È un segno di speranza per la Chiesa e per la cattolicità tutta sentirsi dire dal giovane Federico una affermazione ben lontana da indottrinamenti di parroci nostalgici o medioevali creduloni: è il grido di speranza di una umanità sofferente che sa ancora invocare l'intercessione e l'aiuto divino, è il grido di un popolo laborioso e produttivo come quello della agricoltura lombarda che, superando anche la povertà della materia prima utilizzata, è pronto a supplire anche là dove la devozione comune e la proposta pastorale si è un po' spenta. (Si noti bene che non conoscendo direttamente i pastori di quella zona non vogliamo noi esprimere un giudizio sulla pastorale locale ma una osservazione sulla generale caduta in abbandono di molte pratiche di pietà e penitenza)
Prendendo spunto allora da questo nobile e semplice gesto bucolico, lasciamoci provocare nel nostro piccolo, alziamo gli occhi al cielo ed eleviamo quell'«Ave Maria» che smuova la nostra potente Regina ad intercedere sempre per noi presso il suo diletto Figlio e nostro Signore.
Impariamo da San Luigi M. Grignion de Montfort: consegniamo alla Beata Vergine le nostre umili e a volte fragili rose di devozione e Lei saprà insegnarci sempre più la via per il Cielo.
Maria dal Cielo ci guidi, protegga la Chiesa ed il mondo tutto nell'ora presente ed in quella futura e, vedendo quest'opera di devozione bresciana, interceda presso il Figlio per il placarsi dei flagelli presenti e l'assenza di quelli futuri e concedendo così una annata prospera e produttiva.
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