6° Domenica del tempo ordinario
Nella Liturgia di questa domenica prosegue la lettura del così detto "Discorso della montagna" di Gesù, che occupa i capitoli 5, 6 e 7 del Vangelo di Matteo, che invito almeno una volta a pregare in modo continuativo. Dopo le "Beatitudini", che sono l'orizzonte e il suo programma di vita a compimento di quello di Mosè, Gesù proclama la nuova Legge, la sua Torah, come la chiamano i nostri fratelli ebrei. In effetti il Messia, alla sua venuta, avrebbe dovuto portare anche la rivelazione definitiva della Legge, ed è proprio ciò che Gesù, la Verità, la Legge in persona, dichiara: "Non crediate che io sia venuto ad abolire la Legge o la natura, la ragione, i Profeti: non sono venuto ad abolire, ma a dare il pieno compimento". E, rivolto ai suoi discepoli, aggiunge; "Se la vostra giustizia non supererà quella degli scribi e dei farisei, non entrerete nel regno dei cieli" (Mt 5,17.20). Ma in che cosa consiste questa "pienezza" nella Legge di Cristo?
Gesù lo spiega mediante una serie di antitesi tra i comandamenti antichi sempre validi e il suo modo di completarli, di riproporli: "Avete inteso che fu detto agli antichi…", e poi afferma: "Ma io vi dico…" Ad esempio: "Avete inteso che fu detto, anche razionalmente, agli antichi: Non ucciderai; chi avrà ucciso dovrà essere sottoposto al giudizio. Ma io vi dico: chiunque si adira con il proprio fratello dovrà essere sottoposto al giudizio" (Mt 5,21-22). Egli ci mostra la via della vera libertà personale per amare: è la via dell'adesione alla volontà buona del Dio nel volto umano di Gesù, la Legge, la Verità in persona che richiede una tensione, una decisione ferma, continua, positiva contro ogni movimento, anche del cuore, che vada nel senso dell'ostilità. Gesù, presentando sé stesso, ci chiede di più della legge, ci chiede una tensione, una padronanza di noi stessi. Per non cedere interiormente alla collera e non metterci sulla via della violenza, dobbiamo, con il suo aiuto, rinunciare non soltanto alla violenza esterna, ma anche a quella interiore, non accettando che nel nostro cuore, nel nostro io pensieri, sentimenti di violenza. Gesù è molto deciso su questo punto dell'accordo con i fratelli mai definibili nemmeno dal male che fanno perché non possiamo vedere la piena avvertenza e il deliberato consenso, soprattutto perché fino al termine della vita ci può essere il pentimento e il perdono di qualunque male: non escludere nessuno vuol dire la certezza di non essere esclusi dal paradiso, passando attraverso il pre - paradiso del purgatorio. Gesù non accetta che viviamo in situazioni d'incomprensioni, di liti, di disaccordi, e addirittura antepone la lotta contro tutte le forze di divisione alle offerte che presentiamo nel culto a Dio. Qui vediamo quanta importanza egli attribuisca alla carità fraterna: "Se presenti la tua offerta sull'altare e lì ti ricordi che tuo fratello ha qualche cosa contro di te, lascia il tuo dono davanti all'altare e va' prima a riconciliarti con il tuo fratello e poi torna ad offrire il tuo dono". Così ci fa capire che la nostra preghiera non può essere esaudita se avviene con sentimenti di odio, di esclusione del fratello, in una situazione di divisione fino a questa richiesta, a questa condizione: "Tenta e ritenta di metterti d'accordo con il tuo avversario, condizione perché Dio possa ascoltare la tua preghiera" Vuole che il nostro cuore sia completamente guarito, sia veramente un cuore buono, aperto, liberato da ogni sentimento di odio e di egoismo perché non ci si salva da soli.
Anche nel detto successivo dei sei vediamo come Gesù sia interessato al cuore. Non vuole soltanto una legge esterna pur necessaria, ma una tensione continua interiore che sia conforme all'amore che viene dalla Verità cioè da Gesù: Avete inteso che fu detto: Non commettere adulterio cioè sessualità con un'altra donna, con un altro uomo senza apertura matrimoniale alla fecondità; ma io vi dico che chiunque guarda in modo non casto una donna per desiderarla, un uomo per unirsi sessualmente, ha già commesso adulterio nel suo cuore". Gesù, offrendo sé stesso come norma, non si accontenta di vietare comportamenti esterni, ma vuole che il nostro cuore nel rapporto anche di amicizia uomo-donna sia veramente puro, libero da ogni desiderio di sessualità fuori del matrimonio e dall'apertura alla fecondità nell'amore coniugale.
In questa circostanza Gesù è molto deciso, perché parla contro lo scandalo, cioè contro l'occasione di peccato che esclude dal paradiso: "Se il tuo occhio destro ti è occasione di scandalo, cavalo e gettalo via da te". Non è possibile essere più risoluti, più esigenti di così. Gesù ripete la stessa cosa per la mano destra e richiede la sincerità perfetta: Avete inteso che fu detto agli antichi: Non spergiurare, ma adempi con il Signore i tuoi giuramenti; ma io vi dico: non giurate affatto: né per il cielo, perché è il trono di Dio, né per la terra, perché è lo sgabello per i suoi piedi; né per Gerusalemme, perché è la città del gran re. Non giurare neppure per la tua testa, perché non hai il potere di rendere bianco o nero un solo capello". Il giuramento può perdere ogni utilità, se siamo sinceri e lo manifestiamo. Gesù ci chiede di puntare, di tentare e ritentare, e questa è la morale cristiana, ad un atteggiamento interiore molto deciso, nel senso della perfetta sincerità.
Questo modo di parlare suscitava e suscita grande impressione nella gente, che rimaneva spaventata, perché quell'"io vi dico" equivaleva a rivendicare per sé la stessa autorità di Dio in un volto umano, fonte della Legge. La novità di Gesù consiste, essenzialmente, nel fatto che Lui stesso "riempie" i comandamenti, sempre validi, con l'amore di Dio, con la forza dello Spirito santo. E noi attraverso la fede nella Verità cioè nella persona di Cristo, possiamo aprirci all'azione dello Spirito Santo, che ci rende capaci di vivere l'amore divino. Perciò ogni precetto diventa vero come esigenza d'amore, e tutti si congiungono in un unico comandamento: Rispondi all'amore di Dio con tutto il cuore amando il prossimo come ami te stesso. "Pienezza della Legge è la carità", scrive san Paolo (Rm 13,10).
Forse non è un caso che la prima grande predicazione di Gesù si chiami "Discorso della montagna"! Mosè salì sul monte Sinai per ricevere la legge di Dio perennemente valida e portarla al Popolo eletto. Gesù è il Figlio stesso di Dio in un volto umano, Verità, Legge vivente per portarci al cielo, all'altezza di Dio, sulla via dell'amore. Anzi, Lui stesso è questa via: non dobbiamo far altro che seguire, assimilarci a Lui. Una sola creatura è già arrivata alla cima della montagna e trascina noi: la Vergine Maria. Grazie all'unione con Gesù, la sua giustizia è stata perfetta: per questo la invochiamo Speculum, specchio di giustizia. Affidiamoci a Lui, perché guidi i nostri passi, la nostra tensione cioè il tentare e ritentare anche senza spesso riuscire nella fedeltà alla Legge di Cristo.
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