In piedi, in piazza, recitando il Rosario in difesa dell'ortodossia nella Chiesa cattolica


Lo scorso 18 gennaio a Monaco di Baviera si è solta una manifestazione singolare: oltre un centinaio di persone schierate in una piazza che per un'ora sono rimaste in piedi recitando in silenzio il rosario in difesa dell'ortodossia nella Chiesa cattolica. Acies ordinata, la chiamano i promotori. Tra di essi c'era il professor Roberto de Mattei, storico, presidente della Fondazione Lepanto

Intervista di Stefano Filippi al professor Roberto de Mattei in "La Verità" 27 gennaio 2020

Come è nata l'iniziativa bavarese?

"È la terza manifestazione di Acies ordinata, la prima fuori d'Italia. Le precedenti si sono svolte l'anno scorso a Roma: il 19 febbraio prima del vertice sugli abusi sessuali organizzato da papa Francesco in Vaticano e il 28 settembre, alla viglia dell'apertura del sinodo sull'Amazzonia".

Perché la trasferta tedesca?

"Monaco è la sede arcivescovile del cardinale Reinhard Marx, presidente della Conferenza episcopale tedesca che lo scorso 4 dicembre ha avviato ufficialmente il Synodalerweg, un "sinodo in divenire", di fatto permanente, che mira a trasformare la Chiesa in Germania e quindi la Chiesa universale".

Non sopravvaluta l'influenza dei vescovi tedeschi?

"In Germania c'è una cultura teologica molto forte. Il principale teologo del Vaticano II e soprattutto del post Concilio fu un tedesco, Karl Rahner. Qualche giorno dopo la sua elezione, il primo teologo citato da papa Francesco, addirittura mostrando un suo libro, fu un altro tedesco, il cardinale Walter Kasper, a sua volta discepolo di Rahner. La Conferenza episcopale tedesca ha finanziato il sinodo panamazzonico e lo ha diretto teologicamente. Un cardinale brasiliano di origini tedesche, Claudio Hummes, è stato il relatore generale dell'ultimo sinodo ed è l'autore di una lettera "segreta" inviata ai vescovi di tutto il mondo per prepararli alla prossima esortazione post-sinodale di papa Francesco, a cui è legatissimo".   

Quanti eravate a Monaco di Baviera'

"Circa 130, in prevalenza italiani e tedeschi ma c'erano anche americani, austriaci, inglesi, francesi, cileni".

È un numero significativo?

"Sì, perché non abbiamo lanciato un appello pubblico. Gli intervenuti sono stati invitati uno per uno in via confidenziale".

Come mai tanta riservatezza?

"Purtroppo, in Europa viviamo in un regime dove non esiste piena libertà di pensiero e di espressione. Una leader pro family tedesca a Monaco ci diceva che da due anni ha dovuto interrompere le manifestazioni pubbliche perché ogni volta c'era una contromanifestazione. Anche in Italia ogni evento pubblico dai caratteri forti contro l'establishment politico o ecclesiastico corre parecchi rischi".

Quali?

"Innanzitutto, di perdere l'autorizzazione della piazza all'ultimo momento per ragioni di ordine pubblico. Poi, di avere provocazioni e infiltrazioni. Infine, le contro-manifestazioni che trasformano la piazza in un caos. Le nostre manifestazioni sono sempre ordinate e pacifiche proprio grazie all'effetto sorpresa: comunichiamo l'evento ai giornalisti il giorno stesso".

Perché avete scelto il nome bellico di Acies ordinata?

"È il nome scelto da una coalizione internazionale di cattolici per espriemre lo spirito combattivo e ordinato con cui essi manifestano nella pubblica piazza. Un nome tratto dal cantico dei cantici, poema biblico di amore a Dio, tradizionalmente riferito alla Madonna, definita terribilis ut castrorum acies ordinata, cioè terribile come un esercito schierato a battaglia. È un aspetto inusuale attribuito alla Madonna, che combatte e vince e, in questo caso, protegge i difensori della fede dalla confusione in cui siamo immersi".

Un esercito simbolico

"Naturalmente. È una professione di fede pubblica che però ha avuto un grande effetto mediatico; ne hanno parlato tutti i principali media internazionali. È la prima volta che in Germania i cattolici manifestano una resistenza pubblica alla Conferenza episcopale".

Lei ha invitato i cattolici tedeschi a smettere di pagare la Kirchenstauer, cioè la tassa sul culto.

"Un'imposta ecclesiastica obbligatoria tra l'8 e il 10% del reddito. Una cosa gravissima. A mio parere è un ricatto spirituale, perché chi non paga viene di fatto scomunicato".

Addirittura

"In Germania lo Stato ti chiede se sei cattolico, e se lo sei avviene automaticamente il prelievo fiscale, trasferito alla Chiesa. Chi non paga non può battezzare i figli o celebrare in chiesa il funerale di un parente. È un atto di simonia: il criterio dell'adesione o dell'abbandono della fede cattolica non può essere il pagamento di una tassa ecclesiastica. Gli eretici, se pagano le tasse, sono dentro la Chiesa. I cattolici ortodossi, se non le pagano, vengono espulsi".

Secondo lei, un cattolico per restare fedele alla tradizione della Chiesa dovrebbe farsi scomunicare? 

"Mi rendo conto che è un problema di coscienza molto delicato. Nella conferenza stampa che è seguita alla manifestazione, ho voluto dare le ragioni teologiche, morali e canoniche per le quali in coscienza si ha il diritto di non versare la tassa e i parroci non hanno il diritto di negare i sacramenti. Dopo di che, nella pratica ognuno si regola secondo la propria coscienza".

La sua è una semplice provocazione

"Se anche una piccola minoranza iniziasse a muoversi in questa direzione, potrebbe mettere in seria difficoltà il perverso sistema che fa della Conferenza episcopale tedesca un'enorme potenza economica, con centinaia di miliardi di dipendenti. La Chiesa tedesca appare agli occhi del cristiano come un apparato aziendale e burocratico sottomesso all'opinione pubblica e alle autorità civili".

I soldi saranno usati anche per opere di carità

"Questa tassa è ingiusta anche se i soldi fossero santamente spesi. In realtà, essi vengono impiegati per decattolicizzare la Germania. Nel percorso sinodale i vescovi tedeschi vogliono imporre il matrimonio dei preti, la morale sessuale libera, il sacerdozio delle donne e così via: può un cattolico finanziare con le tasse questo processo di secolarizzazione?".     

Preferisce l'8 per mille italiano?

"Certamente: è libero e se non firmo non ho conseguenze".

Lei lo versa?

"Negli ultimi anni non più. E sconsiglio ai cattolici di versarlo dopo l'indirizzo preso dalla Conferenza episcopale italiana che applica l'Amoris laetitia nella sua versione più radicale"    

Cioè apre ai divorziati risposati?

"C'è anche chi incoraggia la benedizione delle coppie omosessuali. E c'è apolitica pro immigrazione. I vescovi italiani hanno smesso di ricordarci le verità della fede e della morale cattolica, ci parlano solo ditemi politici e sociologici. Non vedo perché devo finanziare tutto questo".

Crede che tutti i vescovi italiani la pensino così?

"I vertici di sicuro. Nemmeno tutti i vescovi tedeschi la pensano come il cardinale Marx. Però le conferenze episcopali hanno assunto un ruolo ipertrofico, vanificando l'autonomia del vescovo nella propria diocesi. Tutto ciò nonostante che nella struttura gerarchica della Chiesa voluta da Gesù Cristo ci siano il Papa e i vescovi, non le conferenze episcopali o altri organismi burocratici che oggi invece si sono sovrapposti alla divina costituzione della Chiesa".

Lei è stato definito l'uomo di Steve Bannon in Italia

"So chi è, ma non l'ho mai incontrato né ho mai avuto rapporti con lui".

Conferma che a Monaco 'era anche monsignor Carlo Maria Viganò?

"Sì. Non sapevo che avrebbe preso posto nello schieramento. È stata la sua prima apparizione pubblica dopo tanto tempo, un gesto di coraggio che ho apprezzato molto".

Lo sente ogni tanto? Sa dove vive?

"Di preciso no. Del resto, anche il nostro è un esercito invisibile finché non si manifesta. Dobbiamo muoverci con prudenza per essere più liberi".

Come ha saputo Viganò della manifestazione di Monaco?

"Seguo attentamente tutto ciò che accade nella vita della Chiesa. È in contatto con sacerdoti, laici, ma anche vescovi e cardinali, che lo sostengono. Egli non ha ancora detto tutto ciò che sa".

Il quotidiano dei vescovi Avvenire vi ha definito un "manipolo digitale". Non lo ritiene un po' riduttivo?

"Molto riduttivo. La presenza in piazza non è una presenza digitale o virtuale. Ovunque vado a tenere conferenze, in Italia e all'estero, incontro una folla reale di cattolici che esitano a manifestarsi pubblicamente, ma costituiscono un numero molto maggiore di quanto Avvenire possa immaginare. O forse Avvenire lo sa e tenta per questo di sminuirci".

Non sono condotte da minoranze le fughe in avanti tedesche?

"Ne sono convinto. La trasformazione radicale della Chiesa portata avanti da una ristretta minoranza che però ha dietro di sé grandi risorse finanziarie e mediatiche. È importante che questa minoranza che vuole stravolgere la dottrina e i costumi della Chiesa trovi di fronte a sé una minoranza che difenda la fede cattolica con una intensità e una determinazione non minore. In questo momento la Chiesa è un terreno in cui si scontrano due religioni: quella tradizionale e quella germanico amazzonica, mentre la maggioranza del mondo cattolico è composta da moderati che vivono in una notevole confusione".

Lei dunque non considera la Chiesa un ospedale da campo

"No. Oggi è un campo di battaglia".

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