Provvidenza non a nostra insaputa e la nostra cooperazione anche piccola
La fede ci garantisce che la paternità divina vede a provvede con una onnipotenza più grande delle nostre necessità, però non a nostra insaputa e senza la nostra cooperazione anche piccola.
Articolo di Silvana De Mari in "LaVerità" 25 novembre 2019
"Il Vangelo di San Giovanni è l'unico che racconta l'episodio delle nozze di Cana. Se anche non siete credenti, se anche siete convinti che – della storia che duemila anni fa ha cambiato il mondo (attraverso Dio storicamente presente che parla e agisce sacramentalmente) – non vi interessi un fico secco, vale la pena conoscerla biblicamente perché contiene due informazioni che interessano ogni essere umano, indipendentemente dal suo credo.
Maria e suo figlio sono invitati a un banchetto di nozze. Sono solo loro due. Giuseppe non c'è, è già morto., come è ovvio che sia. Giuseppe ha avuto l'altissimo compito di essere il custode. È un uomo mite, ma forte e armato: questi aggettivi non sono antitetici. Non è un caso cioè senza ragione se il custode è un falegname, non un sarto o un fornaio. I falegnami all'epoca partivano dalla materia prima, quindi ogni falegname portava sempre con sé un'ascia perché ogni momento poteva essere quello buono per trovare il ramo perfetto o l'albero perfetto. In effetti, i due misteri più belli, oltretutto in una terra che stava subendo una occupazione militare, non era possibile affidarli a un uomo disarmato.
Giuseppe, il custode mite, è uno dei tre santi insieme a San Michele Arcangelo (quello che con lo spadone abbatte il diavolo) e San Giorgio (quello che con la lancia uccide il drago, che è sempre il diavolo). Se Giuseppe fosse stato ancora in vita al momento della Passione, lui avrebbe adempiuto fino alla fine il suo compito di custode e di padre e sarebbe andato, solo contro tutta la guarnigione romana, a morire inutile e magnifico di difendere il figlio con la sua ascia, sarebbe andato a morire con lui.
Faccio un riassunto perché sempre più persone non conoscono il Vangelo o non lo ricordano. Alle nozze il vino manca. Non sappiamo perché ma deve essere stato per un motivo grave: forse lo sposo era troppo povero, forse aveva dato del denaro ai poveri e gli era mancato per preparare il suo banchetto. I due sposi ci resteranno male e, sicuramente, molti sparleranno di loro. Maria sempre femminilmente interviene e chiede al Figlio di fare qualcosa. Lui le risponde che "non è ancora il suo momento" e lei, scavalcando completamente ancora quello che ha detto – in effetti questo è tipico tra madre e figlio -si rivolge direttamente ai servi e chiede loro di fare quello che Gesù ordinerà. Cristo chiede ai servi di riempire le giare, loro le riempieno fino all'orlo. Subito dopo, lui trasforma l'acqua nel vino migliore che si sia mai conosciuto.
Che cosa ne deduciamo?
Che se qualcosa lo chiede Maria, ci viene concessa anche se non ci toccava, anche se non era nelle intenzioni: Gesù non aveva intenzione di fare un miracolo, di dare il primo segno non era ancora giunto il tempo, ma non rifiuta nulla alla madre. Questo ci dice profeticamente del potere di Maria. Se Maria chiede qualcosa, anche qualcosa di non troppo perfetto (per esempio un miracolo prima del momento giusto, una grazia chiesta da un peccatore molto peccatore), a lei non è rifiutata. Dunque, se a noi non toccherebbe di essere salvati perché abbiamo fatto di tutto, se anche all'ultimo istante ci rivolgiamo sinceramente a Maria, abbiamo la salvezza dalla misericordia paterna.
Lo ricorda anche Dante Alighieri nel Purgatorio: un peccatore impenitente, Bonconte da Montefeltro, dopo una vita occuratamente piena di ogni tipo di peccato e di bestemmie, in punto di morte mormora il nome di Maria ed è salvo. Il diavolo si secca moltissimo, quello lì era roba sua, lo aveva curato per anni, decenni. Ma non c'è niente da fare e al diavolo non resta che l'inutile vendetta di causare un'inondazione che trascina via il corpo nell'Arno.
La gioia è importante. Questo è il primo dei due punti che interessa anche i non credenti: esiste una gioia sacra, un piacere sacro. Il vino alle nozze è la metafora della gioia, della festa e del piacere che, nel matrimonio, è ancora più importante. Il vino rappresenta il piacere, il piacere buono all'interno della sessualità sacra, sacralizzata dal sacramento.
La sessualità sacra è magnifica, la sessualità è il più alto dono di Dio, crescete e moltiplicatevi, dove un uomo e una donna si fondono nella vita dei figli, diventano coartefici della creazione. Dove il vino non è sacro diventa alcolismo, dove la sessualità non è sacra diventa strofinio stucchevole e bisogna ricorrere a cinquanta sfumature di sadonismo per non divenire piena di noia.
Maria ordina ai servi di fare quello che dice Gesù e Gesù ordina di riempire le giare di acqua. Non fa tutto lui, riempiendo di vino le giare vuote. Quindi, il miracolo avviene solo se un pezzo lo mettiamo noi. I servi rendono possibile il miracolo eseguendo l'ordine. Non si mettono a discutere sul fatto che c'è un banchetto, centoventi coperti, non siamo nemmeno al secondo e mancano tutti i dolci. Non spiegano che non hanno né tempo né voglia di mettersi a giocare con l'acqua, semmai dopo, a banchetto finito si vedrà che cosa si può fare. Loro rendono possibile il miracolo della provvidenza con la meravigliosa umiltà di eseguire l'ordine e di eseguirlo al meglio: riempiono le giare fino all'orlo.
Seconda informazione anche per non credenti. Fai il meglio che puoi con quello che hai. Se hai solo l'acqua, riempine le giare fino all'orlo. Perché avvenga il miracolo, l'acqua ce la dobbiamo mettere noi. E dobbiamo metterla fino all'orlo. Lo steso schema lo abbiamo nella moltiplicazione dei pani e dei pesci.
Ci sono migliaia di persone, c'è qualche pagnotella e un paio di pesciolini. Gesù chiede che glieli portino e lui moltiplica perché glieli hanno portati. Il concetto è che noi ci mettiamo dieci, poi Dio lo moltiplica e ci restituisce mille, ma il primo dieci ce lo dobbiamo mettere noi. A chi sarà dato, a chi non sarà tolto: in questi versi è spiegato con enorme chiarezza (una provvidenza che vede e provvede con una onnipotenza più grande delle nostre necessità ma non a nostra insaputa e senza la nostra cooperazione).
Che cosa notiamo nei due episodi? Che vengono valorosamente eseguiti senza discutere ordini, (Parola di Dio) che a prima vista possono apparire illogici o, se la parola è troppo forte, almeno controintuitivi. Riempite le giare di acqua. Ma una volta riempite che cosa ci facciamo? Portatemi i pochi pani e i pochissimi pesci. E dopo che li abbiamo portati che concludiamo? Il mio pesciolino e la mia pagnotella tanto vale che me li tenga, anche perché se li tiro fuori non servono a niente.
Il primo ordine, quindi, può anche essere controintuitivo, anzi è verosimile che lo sia. Il mondo (con la bomba nucleare) sta crollando e tu fermati anche a pregare, che in effetti tra le mille cose da fare mentre il mondo crolla, sembra la più platealmente inutile. Per questo è stato scritto "Ti benedico, o Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai tenute nascoste queste cose ai sapienti e agli intelligenti e le hai rivelate ai piccoli" (Mt 11,25).
Quindi noi dobbiamo essere semplici e piccoli. Dio non predilige quelli che discutono. Non è un caso che tutte le volte che Maria appare, lo faccia in lande desolate a pastorelli semianalfabeti e mai al politecnico di Zurigo. I pastorelli non discutono, eseguono gli ordini dall'alto e riportano quello che è stato detto. Riempiono le giare fino all'orlo.
Facciamo anche noi, anche se siamo atei, freddi, anche se siamo disperati di fronte al futuro della storia, al rischio della bomba nucleare. Facciamo il meglio che possiamo con quello che abbiamo, che ci è possibile. Riempiamole giare fino all'orlo. Riempiamo le nostre vite di gioia sacra, di fede e di piacere sacro nell'Alleanza, nella Storia divina di amore paterno: dividere solo il letto coniugale, il sorriso dei nostri figli, il profumo del pane appena sfornato, il vino. Quel simbolo di Cristo (che nell'eucaristia non è solo segno, ma reale presenza nella Chiesa per tutti e per tutto), tentati di far sparire da una mensa di poveri, (di immigrati). "Chi si vergognerà di me, anche io mi vergognerò di lui". Ecco, noi ci stiamo vergognando per quella mensa profanata dall'assenza del vino di Cristo.
Domenica 17 novembre la nuova Chiesa 2.o ha organizzato la mensa dei poveri, come si organizza da duemila anni in silenzio, senza sfarzo, invitando invece i giornalisti. Non è stato servito maiale perché erano presenti anche islamici, e questo è condivisibile perché (non necessario), ma non è stato servito neppure vino. E questo è gravissimo. La nuova Chiesa 2.o ha evitato di mettere il vino, uno dei simboli eucaristici del cristianesimo, sulla tavola della mensa dei poveri, in parte islamici e in parte non islamici. E questi al vino avrebbero avuto diritto, come lo ebbero i commensali di Cana.
Con tale gesto la nuova Chiesa 2.o non solo ha profanato anche questo miracolo, ma ha fatto un gesto ancora più anticristiano.
Non mettendo il vino in tavola ha riconosciuto ufficialmente che il vino offende l'islam: quindi, le persecuzioni contro i cattolici che in terra islamica celebrano la messa col vino, come Cristo ha voluto, sono corrette e il divieto a officiare messa in Arabia Saudita (celebrazione punita in maniera atroce) è giusto. Il vino offende l'islam, non deve essere presente sul desco, lo ha riconosciuto anche la nuova Chiesa 2.o. Le persecuzioni contro i cristiani che bevono vino durante la messa sono islamicamente corrette. La nuova Chiesa 2.o si è di nuovo schiarata a favore dei persecutori. I cristiani sentitamente, ringraziano".
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